Ad alcuni potrebbe sembrare un controsenso. Ma non è così. O almeno non dovrebbe essere così. Ce lo insegnano proprio quegli ambientalisti non ancora degenerati che tracciarono le linee fondanti del movimento ambientalista mondiale. Chi, cacciatore responsabile, colto, preparato, non ha letto Walden? Più di un secolo e mezzo fa, Henry David Thoreau si accampò per due anni sulle rive di un lago del Massachusetts, conducendo vita spartana, francescana, appuntando su un quaderno di appunti tutte le sue esperienze. Per dimostrare a se stesso che si può vivere "naturalmente".
Nel wilderness, quella natura selvaggia che in America stava inesorabilmente scomparendo sotto i colpi del "progresso". Una denuncia, che fu ripresa circa un secolo dopo, da un'altro padre dell'ambientalismo mondiale, Aldo Leopold, anch'egli americano, botanico e forestale, ambientalista scientifico, ispiratore della "biologia della conservazione", che fece un'esperienza analoga nel Wisconsin, lasciandoci una nutrita serie di appunti, pubblicati postumi (A sand county Almanac, riproposto di recente in italiano col titolo: "Pensare come una montagna". Piano B Edizioni). Per tutta la vita, Leopold - pur critico con certi cacciatori - coniugò questa sua filosofia con la passione per la caccia. Una caccia etica, di sani principi, come quella a cui tutti noi, europei, ci ispiriamo. Non ce ne vorrà, l'editore, se ne riproporrò qualche stralcio, anche per promuoverne la lettura, che non fa mai male.
Dunque, Leopold cacciatore. Eccone un esempio, riproposto in una sua cronaca venatoria, "Lanterne rosse" (termine gergale per definire i ciuffi di more selvatiche rosse sotto il sole d'ottobre), pag 76, insieme ad altre notarelle, inframmezzate anche con racconti di pesca: segnalo "Idillio della pesca", pag. 54.
Eccola, dunque: "Un modo di andare a caccia di pernici è studiare prima il terreno, basandosi su logica e probabilità.... Quando si avvicina ai rovi, il cane si gira per assicurarsi che io sia alla giusta distanza per sparare. Rassicurato, avanza con cautela, fattivo, con il naso umido impegnato a vagliare fra cento odori quello la cui potenziale presenza infonde vita e dà significato a tutto il paesaggio....L'odore della pernice è il sistema aureo che collega il suo mondo al mio. Il mio cane pensa che io abbia molto da imparare sulle pernici, ed essendo io un naturalista di professione non posso che concordare. ...Mi piace vederlo trarre una conclusione, sotto forma di una punta, in base ai dati che per lui sono ovvi, ma che per il mio sguardo sono del tutto speculativi. Forse spera che un giorno il suo allievo imparerà ad annusare. Come altri allievi non proprio brillanti, so bene quando il professore ha ragione, anche se non so il perchè. Controllo il fucile e mi faccio avanti. Come qualunque buon insegnate il cane no ride mai quando sbaglio, il che accade spesso. Mi dà solo un'occhiata e prosegue lungo il torrente, in cerca della prossima preda....".
Ecco, ditemi voi se questo ambientalista, padre dell'ecologia moderna, non è un cacciatore appassionato. E competente. Per dissipare ogni dubbio, leggiamo quest'altra sua schietta testimonianza ("Zampe rosse", pag 132). "Come alla gran parte degli aspiranti cacciatori, in tenera età mi fu donato un fucile a canna singola e il permesso di sparare ai conigli. Un sabato d'inverno, mentre mi recavo verso la mia tana di conigli preferita, notai che sul lago, allora ricoperto di ghiaccio e neve, si era formata una piccola apertura... Misi a tacere la mia passione per i conigli e mi sedetti sul fango gelato, in attesa... Aspettai tutto il pomeriggio, sempre più intirizzito... Finalmente, al tramonto, una solitaria anatra nera spuntò da ovest, e senza fare nemmeno un giro preliminare intorno al buco, spiegò le ali e si preparò ad atterrare. Non riesco a ricordare lo sparo; ricordo il mio ineffabile piacere quando la mia prima anatra colpì la neve ghiacciata con un tonfo e giacque lì, a pancia in su, con le zampe rosse che scalciavano l'aria."
E infine, per chiudere il cerchio, dalle piccole cacce a quelle un po' più impegnative, al cervo, per esempio, non più col fucile ma con l'arco ("Canzone del Gavilan", pag. 157): "...Un giorno, con l'aiuto di un vento ruggente - scrive Leopold immaginando chi (un indiano?) un tempo aveva eretto certe pietre sulle rive del fiume Gavilan - riuscii lentamente ad avvicinarne uno accucciato su una terrazza. Giaceva all'ombra di una grande quercia... Le corna e le orecchie si stagliavano su un fondo dorato di graminacee, nel quale cresceva la rosetta verde di un mescal... Sbagliai la mira, e la mia freccia si scheggiò sulle rocce posate un tempo da un vecchio indiano. Mentre il cervo correva giù dalla montagna, salutandomi con la sua coda candida, mi resi conto che entrambi non eravamo che gli attori di una allegoria. Polvere alla polvere, età della pietra a età della pietra, ma sempre in eterno inseguimento! Il mio errore fu opportuno, poichè quando una grande quercia crescerà in quello che ora è il mio giardino, spero che ci saranno cervi a dormire sulle sue foglie cadute, e cacciatori a inseguirli e a mancarli, e a domandarsi chi, un tempo lontano, costruì quel muro che cinge il giardino".
Insomma, io credo che questo "ecologista" che pensava come una montagna, maestro riconosciuto da tutti coloro che ne seguirono i giudiziosi insegnamenti, fino a quelli che oggi - scriteriati animalisti anche a loro insaputa - invadono social, TV e carta stampata, fosse un cacciatore dalla grande passione, consapevole, responsabile, come molti di noi, che la wilderness non l'abbiamo mai conosciuta, figli di quella millenaria amalgama di natura e cultura di cui sono intrisi i nostri territori. A mio parere, merita più di un pensiero, più di una riflessione.
Ma credo che ne riparleremo.
Roberto Parini