Estate, periodo di sagre e di fiere. Nella stupenda cornice del Belpaese, le iniziative prosperano, regalando a vacanzieri e residenti momenti di svago e di piacere. Si apprezzano tipicità enogastronomiche, spettacoli, arte e folklore, espressione della cultura e del saper fare dei nostri territori. Tra le tante manifestazioni che richiamano centinaia di visitatori ogni anno, ci sono poi le fiere degli uccelli. Da Gussago (BS) a Sarnico (BG), da Vittorio Veneto (TV) a Sacile (PN), da Lucca e Crespina (PI), le manifestazioni di carattere ornitologico sono ben distribuite in buona parte del centro-nord. Alcune di esse vantano una tradizione pluricentenaria, come quella di Sacile, testimonianza di un interesse locale che sembra essere destinato a perdurare nel tempo.
Negli ultimi anni, però, tali iniziative sono diventate il bersaglio preferito degli animalisti. Immancabilmente, alla vigilia degli eventi, appaiono sulla stampa locale note polemiche, come quella letta dal sottoscritto, intitolata “Basta con le fiere, gli uccelli vanno guardati in cielo”. Incuriosito, in qualità di tecnico e docente in materia faunistica, cerco di rilevare, scorrendo la lettura dell’articolo, almeno una piccola traccia tecnico-scientifica alla quale la firmataria dello scritto faccia eventuale riferimento.
Purtroppo resto immancabilmente deluso e decido quindi di scrivere la presente, iniziando con una premessa: i tempi, si sa, cambiano e con essi cambiano i rapporti e le percezioni con ciò che ci circonda. Nel caso in argomento, è proprio il rapporto uomo – natura –animale quello che ha subito, almeno negli ultimi trent’anni, un radicale mutamento. Se il benessere, il progresso, la tecnologia e l’istruzione, hanno avuto il merito in pochi decenni, di dare informazione e mezzi, hanno anche allontanato l’uomo moderno dal legame vincolante e primario con la natura.
La stessa fauna, sia essa selvatica o domestica, è stata infatti vissuta nella quotidianità dalle generazioni precedenti, che hanno ad essa dedicato tempo, osservazione e affezione. E’ proprio questo bagaglio culturale, per nulla avulso dalla realtà, che l’uomo moderno ha perduto. Un allevatore o un agricoltore oggi viene spesso additato come un buzzurro dall’uomo e dalla donna moderni: essi infatti percepiscono soltanto la natura e animali, magari se ne ricordano qualora intervengano calamità o vedendo un animale investito, ma i processi ecologici e biologici che si intersecano nell’ambiente naturale sono del tutto sconosciuti.
Quello che manca oggi è infatti la consapevolezza di ciò che ci circonda. Non si riesce a distinguere il tipo di albero che cresce di fronte a casa o la specie di uccello che si posa in terrazzo. Ne consegue che spesso l’uomo moderno viva un rapporto adulterato anche con i propri animali domestici (trattando cani e gatti come esseri umani, magari non sapendo nemmeno come governare una gallina, figuriamoci utilizzarla per l’autoconsumo) permettendosi però di demonizzare a prescindere tutto ciò non conosce. Così anche la firmataria della precitata lettera, ha inserito un’accozzaglia di argomenti “eticamente scorretti”, con i quali far presa sui lettori, tirando in ballo cacciatori, bracconieri o le associazioni venatorie. Il tutto è stato poi condito da opinioni perlopiù ridondanti e scorrette, sia dal punto di vista etologico che da quello zootecnico, come l’affermazione: "un animale allevato è una vittima", denunciando così la propria non conoscenza.
Ben più grave, a mio avviso, il commento espresso in materia didattica, secondo la quale il mostrare animali reclusi ai bambini è fuorviante e diseducativo e che gli animali devono vivere liberi! Peccato per la signora che la realtà sia ben diversa, in quanto è noto che la maggior parte degli animali domestici esiste perchè forgiata dall’allevamento: il canarino, il pollo o qualsivoglia altro animale (incluso il cane) se rimesso in libertà, non solo entrerebbe in competizione con le specie selvatiche - a discapito degli equilibri ecologici - ma in breve tempo morirebbe per inedia, predazione o malattie, in quanto inadatto a vivere al di fuori dell’ambiente captivo. Trovo invece sia educativo insegnare ai ragazzi la realtà delle cose, trasmettendo loro informazioni corrette e possibilmente scevre da giudizi di parte, in maniera che possano costruirsi autonomamente le proprie opinioni.
Per onor del vero, si sappia che le odierne fiere ornitologiche sono diametralmente opposte al mercato degli uccelli da richiamo di cinquant’anni fa. Oggi l’attrazione principale è costituita dagli animali da cortile e d’affezione, canarini ed esotici, restando nella sola gara canora, la mera testimonianza di quel mondo rurale che fu, ricordo struggente dei nostri nonni, nonché espressione culturale delle nostre tradizioni. E’ opportuno altresì specificare che alle fiere vengono esposti e ceduti solo uccelli allevati in cattività, anche se appartenenti alle specie indigene, nei confronti delle quali la cattura e l’illecita detenzione sono reati perseguiti penalmente dal 1992. Le posizioni anti sistema oggi, si sa, vanno per la maggiore, anche se prive di fondamento e/o spinte da personalismi. Credo invece che di questi tempi, la nostra schizofrenica società abbia bisogno e sia alla ricerca di stabilità, congruità, correttezza e concretezza, modalità con le quali anche l’informazione dovrebbe imparare a trattare ogni singolo argomento.
Dario Buscema* *Dario Buscema è tecnico faunista e docente di corsi in materia venatoria. Ornitologo, allevatore e giudice e commissario nelle manifestazioni ornitologiche. Vai alla notizia BigHunter Giovani, Dario Buscema “migratoria: preserviamo la tradizione” |