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Editoriale

La caccia come la vedo io


lunedì 5 marzo 2018
    

 
 
Se ai cacciatori si chiede il motivo per cui vanno a caccia, la risposta unanime è "perchè ci divertiamo".

Il divertimento è lo stimolo che induce l'uomo alle attività ludiche e sportive, ed è una speciale sensazione di benessere psico-fisico assai vicina a ciò che si prova allorchè si soddisfa una pulsione istintiva (fame, sete, sesso, riposo dopo la fatica, ecc.).

Le scienze comportamentali insegnano che per comprendere un fenomeno occorre risalire alla sua causa, e l'istinto (che stimola il cacciatore) è un complesso di reazioni automatiche, frutto di adattamento evolutivo (selezione dei più adatti) finalizzato all'autoconservazione.

Paleontologia, anatomia comparata, neurofisiologia ed etologia ritengono che la struttura base cerebrale dei vertebrati mammiferi (che sono al vertice della catena alimentare) sia fisiologicamente uguale in tutte le specie (incluso l'uomo) determinando moduli di comportamento simili.

E' opinione diffusa che dopo la grande glaciazione l'ominide sia riuscito a sopravvivere per milioni di anni e fino all'avvento dell'agricoltura (circa 16.000 anni fa) alimentandosi prevalentemente con gli animali cacciati.

Nella notte dei tempi la sopravvivenza dell'ominide era difficilissima e precaria perchè non c'erano armi capaci di compensare la deficiente dotazione anatomica (l'uomo è fisicamente il più debole dei predatori) e la caccia ai grandi erbivori era assai pericolosa; la lotta contro le fiere, contro la natura ostile, contro le malattie, contro la fame, contro i nemici per la difesa o la conquista di territori di caccia, contro i rivali per la supremazia nel comando, per la divisione del cibo e per la scelta delle donne era perenne e mortale.

In tali condizioni estreme solo gli individui più forti, più scaltri, più dotati per la caccia e per la guerra avevano qualche possibilità di trasmettere i propri geni ai discendenti.

Una dura selezione naturale attraverso migliaia di anni ha plasmato l'istinto dell'uomo in funzione delle necessità della sopravvivenza (la caccia e la guerra contro gli avversari) e tale istinto è presente ancor oggi nella profondità della psiche dell'uomo evoluto (con il suo corredo di aggressività, territorialità, ostilità verso i diversi, difesa della proprietà e del clan di appartenenza, volontà di dominio).

A seguito della selezione naturale il cacciatore-guerriero è la figura dominante della società primitiva perchè è in grado di procurare cibo, assicura la difesa e la conquista dei territori di caccia; è in grado di costruire utensili e strumenti di offesa; conosce l'ambiente naturale, le abitudini delle prede e le tecniche di caccia; sovrintende a pratiche e riti propiziatori; trasmette i suoi geni ai discendenti.

Sono state le necessità della caccia a favorire la socialità (le forze unite aumentano le probabilità di successo), la gerarchia delle strutture sociali e la comunicazione (il linguaggio).

Le cognizioni sull'ambiente, sulle tecniche di caccia, sulle abitudini delle prede, sono diventate nel tempo un patrimonio così complesso che solo i vecchi erano in grado di trasmettere ai giovani e ciò ha favorito l'avvento della società patriarcale nella quale i vecchi vengono nutriti anche quando non sono più in grado di cacciare attivamente.

Insomma per milioni di anni ogni sforzo, ogni pensiero, ogni risorsa creativa dell'uomo si è concentrata nell'invenzione di armi e tecniche più efficaci per la caccia.

E dunque il legame strettissimo tra caccia e sopravvivenza spiega perchè l'istinto primordiale del predatore carnivoro sia ormai connaturato alla psiche profonda umana e permanga ancora oggi, perchè le modificazioni genetiche nell'uomo sono lentissime.

Da ciò deriva che la conoscenza dell'istinto è la precondizione di ogni indagine sul comportamento dell'uomo e sulla sua inclinazione alla caccia.

Tuttavia, in aggiunta alla sua natura "animale" l'uomo (unico in natura) è dotato dello sviluppo intellettivo, una linea evolutiva alla quale si deve il successo biologico della specie umana che, come contrappeso alla primigenia violenza endogena, gli ha consentito di canalizzare in forme pacifiche e costruttive l'originaria aggressività naturale.

Le leggi, le istituzioni pubbliche, i sindacati, le regole che presiedono alla meritocrazia, gli esami, i concorsi, l'ordinamento giudiziario, gli apparati che garantiscono l'ordine, sono "invenzioni" della civiltà, finalizzate a regolare le competizioni che insorgono sempre allorchè le risorse ambite sono limitate.

Ma la prova che l'istinto primordiale cova sotto la struttura regolatrice ordinata dalla società civile, si riscontra allorchè un fatto contingente (stress, paura, gelosia, ira, etnia, religione) infrange la barriera dei freni inibitori, perchè allora l'istinto primordiale torna ad esprimersi con la insensata violenza originaria del predatore carnivoro.

Solo se si tiene presente la collocazione storica tradizionale della caccia, quale atavica consuetudine socialmente metabolizzata (coincidente con la storia dell'umanità), si può capire che essa rappresenta l'evocazione metaforica e liturgica di un universo occulto, ma non estinto, antropologicamente connaturato alla natura umana.

Lontano dal frastuono della città, nel silenzio suggestivo della campagna, il cacciatore torna ad ascoltare il respiro profondo della terra; ritrova una sintonia con l'antica sapienza della natura; riscopre che le ore di luce danno la misura del tempo e che sulla forza delle gambe si misura la distanza.

Le istanze della fame, della sete, della stanchezza, del caldo sul freddo tornano ad avere l'urgenza di autentiche necessità fisiologiche e non più semplici abitudini.

La caccia, nell'animo del cacciatore, è un archetipo dell'essenza della vita, metafora dei cicli naturali (vita-morte, predatore-preda) che non sono invenzioni umane. E' espressione del più profondo degli istinti e il cacciatore è il più autentico figlio della natura e della tradizione.

I non iniziati non possono capire che la caccia per il cacciatore è passione, sentimento, emozione indotta dalla indecifrabile ma suggestiva allusione di una remota vita, lontana dalle parossistiche pressioni di una quotidianità ormai così povera di realtà.

La totale ignoranza intorno al mondo venatorio traspare dagli argomenti che gli anticaccia usano per chiedere l'abolizione della caccia perchè, a loro dire, la maggioranza è contraria, perchè altera l'equilibrio biologico e perchè è una crudeltà inaccettabile trarre diletto dall'uccisione di animali.

In genere le strumentalizzazioni polemiche come quelle citate contro la realtà delle cose, denotano la carenza delle argomentazioni di fondo. (segue).


Enrico Fenoaltea




 
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10 commenti finora...

Re:La caccia come la vedo io

Ci divertiamo un zzcazzo io a caccia vado per mangiare !!!

da Lello 11/03/2018 16.17

Re:La caccia come la vedo io

Ci divertiamo???? Io durante la stagione venatoria e anche oltre non aquisto nemmeno un etto di schifosa carne dei supermarket e macellerie varie. Tra colombacci lepre beccacce cinghialotti quaglie tortore e qualche fagiano mangio altro che divertimento ,vicino al caminetto la sera e' una festa ogni giorno .

da Lello 11/03/2018 9.48

Re:La caccia come la vedo io

Pensando alla caccia, mi viene sempre in mente che l'uomo altri non è che un essere vivente, uguale a tutti gli altri esseri viventi e che pertanto risponde agli stimoli dell'ambiente (universo vivo e inanimato) sulla base delle leggi della fisica e della chimica (legge di gravità, entropia ecc.) e a quelle della natura per quanto attiene al comportamento. La natura è crudele, checchè ne dicano i neodisneyani. In un bosco si assiste alla competizione per conquistare la luce, o l'acqua, o l'ossigeno, o i nutrimenti sia nella specie (un pino contro un pino, una quercia contro una quercia), sia fra le diverse specie presenti (sottobosco compreso). Fra gli animali è la stessa cosa. Il cibo, la femmina per il maschio e il maschio per la femmina, fanno a gara per quella che si dice massimizzazione della fitness. Ogni individuo si dà da fare per migliorare la propria condizione e per garantire la progenie. Perchè nell'uomo dovrebbe succedere qualcosa di diverso? Perchè abbiamo acquisito quelle competenze che passano anche attraverso quello che si chiama libero arbitrio? La consapevolezza fra bene e male? La naturale tendenza al bene che ci contraddistingue? Aria fritta. Oggi che conosciamo in tempo reale quello che succede nel mondo, assistiamo indifferenti a genocidi orribili. Si punta al disarmo totale, mentre le vere guerre, quelle che uccidono intere nazioni, interi popoli, si combattono crudelmente a Wall Street, con un clik su una tastiera. Si professa il veganvegetarianesimo, inconsapevoli che non cambierà nulla se non la smetteremo con questo modello di sviluppo che - se non interrotto - ci porterà alla sovrappopolazione che secondo le leggi di natura significa autodistruzione. D'altro canto si spinge per la moratoria generalizzata sulla caccia, quando ormai questa nostra attività (più che naturale, visto che la praticano tutti gli esseri viventi, compreso le piante "carnivore") è superegolamentata. Segue...

da Alberto Pietra 09/03/2018 18.03

Re:La caccia come la vedo io

Bravo Amante, diffatti noi Cacciatori siam vivi......chi ci vuole male sono.....a loro insaputa....... zombie!!! Complimenti veramente!!!

da Annibale 07/03/2018 22.45

Re:La caccia come la vedo io

in Irlanda e Scozia abbattono i colombacci e li buttano nella patumiera ! ma è una cosa normale non si scandalizza nessuno perché prima viene la terra , il raccolto, l'agricoltore che sulla sua proprietà privata

da Paolo 06/03/2018 14.53

Re:La caccia come la vedo io

AMANTE CONCETTI PIù GIUSTI NON SE NE POTEVANO TROVARE

da GIGI 06/03/2018 14.42

Re:La caccia come la vedo io

condivido pienamente

da MarioP 06/03/2018 13.50

Re:La caccia come la vedo io

La caccia è una passione che va contestualizzata nella natura e nell'economia dell'esistenza soggettiva, in base ad un istinto predatorio che è innato in tutti, esprimendosi in modo multiforme fino a raggiungere le altezze dell'arte e della scienza. Quando cominciai a praticare l'arte venatoria un vecchio cacciatore del bel tempo che fu mi disse in modo lapidario: " Se vai a caccia devi mangiarti la selvaggina, altrimenti no! " Nella mia vita di caccia ho sempre pensato a quanto quell'uomo mi disse, realizzando in me, ideologicamente, la verità di quelle parole. La caccia non può essere puro divertimento come lo è il tiro al piattello, o altri sport. Nella pratica venatoria la selvaggina abbattuta va finalizzata e utilizzata, soprattutto per perfezionare e giustificare l'atto di uccidere. Chi spara e raccoglie la preda, sciupandola e non finalizzandola, compie un atto inutile, senza senso. Quando invece ci si trova di fronte ad un piatto di pasta condito col sugo delle allodole, ci si accorge che non c'è pietanza più saporita al mondo e questo grazie all'atto venatorio. L'arte della caccia è passione attiva in vista di un fine che è la cattura della preda. Non dimentichiamo gli antichi romani che sostenevano: Inter volatilia turdus, inter pisces triglia, inter legumina fava. Tanto per magnificare il tordo a tavola, la triglia, e la fava fra i legumi. Io avrei detto: " Inter volatilia alauda". Comunque stiamo lì. E se oggi non si caccia più per sopravvivere, lo si fa per vivere. E di fronte ad un piatto di tordi allo spiedo, si vive come non mai! E tutto qui!!!

da Amante della natura e della caccia, sic et simpliciter! 06/03/2018 9.45

Re:La caccia come la vedo io

Pensa ai milioni che guadagnano gli amici animalisti sfruttando la pietà per le bestie...

da Constatatore 05/03/2018 16.22

Re:La caccia come la vedo io

c'è un giro d'affari dietro la caccia che gli amici verdi rosicheranno tutta la vita ! tranquilli

da Iper 05/03/2018 10.45