Quarant'anni fa, in questi giorni, iniziava la trebbiatura del frumento. Le messi dorate erano una volta giunte a maturazione, passate dalle trebbiatrici mieti-batti ed i preziosi chicchi insaccati e portati nei silos di stoccatura, in attesa del mulino. Ma il mio alter ego di giovane cacciatore inesperto, di questi giorni aveva altri pensieri per la mente, portate via le balle della paglia ed apparse pulite e dorate le prime stoppie di grano, era irresistibile il pensiero di creare una pastura per le tortore selvatiche, di radunarne qualche decina e di seguirne il crescendo numerico fino alla data fatidica del 18 agosto... mancavano ancora due mesi, 60 giorni ci separavano dall'apertura di Agosto, ma la passione non aveva tempo, pazienza, nè voglia di attendere con le mani in mano.
Per la poca esperienza, si dovevano cercare notizie dai vecchi cacciatori, le loro parole, i loro racconti a volte sgrammaticati e non troppo precisi, erano raccolti con cura e memorizzati, gli insegnamenti messi in atto con precisione, ogni segreto colto e custodito. Era la sera d'estate, il tardo dopocena, il momento migliore.
Fatta una rapida doccia e indossati abiti freschi si faceva un giro in bicicletta per il paese, l'obbiettivo erano i bar paesani frequentati dai cacciatori oppure ... i gradini del monumento a Marcello Malpighi in piazza Matteotti, luogo in cui ogni sera si discuteva di caccia, fucili, cani e segreti venatori, tramandati e a volte in parte svelati.
Il monumento in piazza era luogo di ritrovo serale abituale.
Luciano "Punton", Nerio Minelli, Pino Capponcelli, Agostino Ghelfi, Benito Parenti, Fredo Lodi, a volte anche l'ex presidente Sandrino Malaguti, Bruno Bigiani, Ninì Panzetti, Marcello il Fornaio e lo Zio Aronne, poi Mario Piterla e Rino Bergamini, Vincenzo Manganiello, Gino Bongiovanni, Loredano Ghermandi, Bruno Grana, il prof. Hartmann, un esperto nelle pasture alle tortore, Daniele Zioni, Daniele Zecchi, Stefano Malaguti figlio di Sandrino, ... Franco Consoni, Carlo Cirri, Orioli e Claudio Capelli, Michele ... tutti cacciatori, che non di rado arrivavano nel corso della serata.
A 18 anni, si è ricettivi, svegli e entusiasti della vita, non manca nulla ... per avere il mondo in mano!
Raccoglievo racconti, insegnamenti e piccoli segreti sussurrati, come fossero pepite d'oro, ognuna di queste informazioni la memorizzavo per sempre.
Così, Puntone, mi insegnò, che si dovevano individuare zone frequentate dalle tortore, la spia la facevano i fili elettrici e del telefono, oppure una alta pianta su cui avevamo visto posarsi alcune tortore in successione. Trovato il posto buono, nelle stoppie circostanti, aiutandosi con un vanghetto, andavano fatte le "piazzette", aree quadrate di poco più di un metro di lato, da cui le stoppie erano accuratamente rimosse col taglio della vanga, lasciando su quel metro quadro, la terra battuta e pulita, ne occorrevano una decina, distanziate un 15/20 metri una dall'altra, almeno 3-4 per ogni "morello" che è un campo padano classico, di circa 150 metri di lunghezza per 30/35 di larghezza, per creare una pastura efficace ed adeguata.
Sulle piazzette, alla mattina prima dell'alba si depositavano 4-5 mucchietti di granaglie, ... granturco maranino, grano, grana verde, canapa, sfranzato di mais medio, qualche chicco di risone e veccia.
Dopo alcuni giorni, di primo mattino, si andava a controllare la situazione, le piazzette con le sementi intatte, non davano notizie positive, mentre rivelavano, se ripulite, che le granaglie erano state mangiate, quindi si iniziava a sperare e col cuore gonfio, si rinnovava il mangime, mentre la mente era piena di belle attese ed il cuore fremeva. Posate le granaglie ci si appostava magari sotto una pianta a 200 metri dalla nostra "pastura" per una verifica diretta.
Le tortore, si alzano dagli appolli notturni col sole, i primi raggi di Febo nascente, che da Oriente illuminano la terra, portano le prime tortore, queste col volo saettante e virtuoso che ne è tipico, giungono alla pastura, buttandosi prima su un albero o su fili nella zona circostante poi scendono alle piazzette, per pasturarsi.
Vedere una dozzina di tortore giungere e buttarsi, quindi scendere sulle pasture, credo sia una delle prime fortissime emozioni di ogni giovane cacciatore, il cuore batte e l'occhio nel binocolo portato per meglio cogliere il volo e le acrobazie di questi splendidi estatini ne percepisce forme e colori, ... già questo fa parte della caccia e delle sue emozioni più belle.
Da fine luglio, ogni mattino le tortore sono più numerose, è facile arrivare a contarne oltre cento, le granaglie scompaiono a ritmo circadiano... e nelle due ultime settimane queste si aromatizzano con liquore di anice. Ora si passava in un settimana dalle 15/20 tortore selvatiche ad oltre 100/150.
I vecchi cacciatori sostenevano che l'anice messo nelle granaglie le profumasse al punto, che la notte, mentre le tortore raggruppate nei boschetti e nelle macchie riposavano, i loro ruttini e rigurgiti digestivi, profumati di anice, venissero avvertiti dalle altre tortore che dormivano nello stesso luogo, e queste il giorno dopo seguivano in pastura le compagne.
Col passare dei giorni e verso Ferragosto, la tradizionale "conta" al mattino diventava sempre più emozionante.
Poi finalmente arrivava l'apertura e la sera della vigilia, partite le ultime tortore dalla pastura, si costruivano i capanni e si prendevano gli accordi sui posti da assegnare, perchè la caccia doveva essere un successo del gruppo di caccia e nessuno doveva disturbare il tiro agli altri.
La sera non di rado si vegliavano i capanni, i racconti di cacciate passate facevano trascorrere la notte in serena e piacevole compagnia, qualcuno dormicchiava, altri stavano desti col fuoco di Diana acceso nel cuore.
I fucili e le cartucce erano già pronti da giorni, piombo n. 8, cariche leggere e medie, automatici ma anche doppiette e sovrapposti.
Le tortore abbattute erano pulite in giornata e arrostite costituivano una cena memorabile, un ritrovo goliardico per tutti i partecipanti, più amici e famigliari. Una preda bellissima, difficile nel tiro e squisita, ... era un gran bel vivere! La cena tradizionale chiudeva questa meravigliosa celebrazione dell'Apertura della caccia estiva e tutto questo era un segno di grandissima civiltà, di cultura e di celebrata tradizione, che sono parti integranti, basi imprescindibili nella storia dell'uomo.
Gianluca Garolini
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