Prendo spunto da un commento che ho letto in questi giorni proprio su Bighunter. Dice un certo l.b.: "Questo è il momento! Ora dovremmo dire che da questo momento in poi non siamo più disposti a cacciare gli ungulati (tutti e in tutte le forme) e tanto meno fare il servizio di controllo su tutte le specie previste. Ci volete? Allora si rivedono i calendari venatori (caccia fino a marzo), le specie cacciabili (subito fringuello, peppola, frosone, pispola, etc ), uscita immediata dalle attività di polizia amministrativa delle associazioni LIPU, WWF, Enpa, e soprattutto fare immediatamente una legge sul disturbo venatorio con risarcimento al cacciatore pari a 50.000 euro. e tre anni di reclusione a chi commette il reato. Sveglia associazioni venatorie, è l'ultima spiaggia"...
Non c'è dubbio che sono considerazioni suggestive. E per certi versi più che giuste. Sono ormai decenni che subiamo una vergognosa serie di contumelie mediatiche che si scontrano con una realtà dalla duplice faccia. Da una parte la cultura metropolitana, che è visibilmente in crescita grazie soprattutto ai mezzi di comunicazione di massa, dall'altra parte una società residua, quella della provincia sempre meno rurale (anche questa a causa almeno in parte degli stessi strumenti di comunicazione: televisione, internet, social...), che però ha una più diretta percezione di come stanno le cose in natura. Ero piccolo, quando si cominciava a paventare il pericolo di una strisciante mutazione del modo di interpretare i fenomeni naturali. Un vecchio amico, con forti esperienze cosmopolite, era solito ricordarmi che quello che succedeva in America (USA) una decina di anni dopo era realtà anche in Italia. "E' il progresso, bellezza!", mi diceva. E poichè anche a noi, come a tutto l'occidente uscito da un'immane devastazione, faceva comodo, anzi piaceva assai crogiolarsi nel crescente benessere che ha portato in mezzo secolo alla globalizzazione, come cacciatori abbiamo preso tutto quello che di buono ci portava "l'America" e ci siamo rifugiati nella nostalgia. Mentre i colossi della chimica, cioè soprattutto del petrolio, sostenevano a piene mani organizzazioni ambientaliste per usarle coma paravento a questa rapida e mastodontica trasformazione ideologica.
Tutto questo ha portato a fare del nostro piccolo ma meraviglioso pianeta poco più che un villaggio, dove il benessere e le innumerevoli scoperte scientifiche ci hanno consentito di combattere molte malattie, di aumentare la nostra speranza di vita, e di sollecitare i nostri vicini (quelli del cosiddetto terzomondo) a voler fare altrettanto. Con la conseguenza che questo meraviglioso villaggio globale oggi straripa di bocche da sfamare e da approvigionare con i simboli del benessere: il televisore, l'automobile, il tempo libero.
Tutto sbagliato? Non direi. Chi non aspira a una buona vita? E' nella nostra natura, nella natura di tutti gli esseri viventi. Solo che se non ci mettiamo una pezza, a questo modello di sviluppo seguirà presto o tardi ben altro. Arriveremo alla saturazione, alle paure millenaristiche, al ritorno di un tristo passato. A meno che non si riesca, le nostre comunità non riescano a recuperare una più sana dimensione del vivere. In ogni caso, ci vorranno comunque generazioni. Anche se la scienza, il progresso, le conquiste tecnologiche ci sono e ci saranno di grande aiuto. Guai a demonizzare tutto ciò.
La caccia. Le peppole, i fringuelli. Col sottoscritto, lo dico subito, "s'invita il matto alle pesca". Mai disperare, ma personalmente credo che per recuperare il nostro passato si dovrà immaginare un altro percorso. Fatto di giudizio e di pazienza. Fatto di cultura e di sottile sagacia. Nella, odierna, società della comunicazione, conterà molto essere in grado di indirizzare messaggi, semplici ma efficaci, a chi - e sono tanti - dovrebbe cambiare opinione su di noi. Fino a che saremo divisi, fino a che non avremo una centrale che produce univoci mesaggi, sarà difficile ottenere buoni risultati. Insomma: i nostri punti di vista, molteplici, ce li dovremo sciorinare in casa, fra di noi, senza far uscire posizioni contrapposte, che minano alla base qualsiasi azione di recupero. I comportamenti, poi, nel giorno dopo giorno, sarà bene che siano consoni alla situazione. Questa enorme solidiarietà che il nostro mondo ha palesato in questi giorni è un patrimonio inestimabile. Abbiamo dimostrato di disporre anche di una forte capacità di organizzazione. Mettiamo tutto a frutto. Prendiamo noi il posto di Greta, inventata anche a mio parere - non perchè il problema non ci sia, il problema c'è! - affinchè gattopardescamente si faccia finta di cambiare tutto per non cambiare niente. E raccontiamo le cose come stanno. Le piccole cose di tutti i giorni, quelle che non vanno. Anche in campagna, per esempio, non tutto fila liscio. L'Appennino è abbandonato, produce ungulati e lupi in abbondanza, che si spostano a valle, dove le cose non vanno meglio, fra polveri sottili, falde inquinate, agricoltura industriale. Dimostriamo che il nostro ruolo è positivo, con i fatti, con i comportamenti, non solo con le proteste, pure giuste; con generosità. Ricordando che, da che mondo è mondo, la politica tiene conto delle opinioni. Ma anche dei numeri. E l'andazzo, a occhio e croce, fotografa una realtà che non ci consente di mostrare troppo i muscoli. Meglio usare la ragione.
Ai nostri dirigenti l'invito, sollecito, a fare squadra, ma squadra davvero.
Matteo Pasquini