Anche il mondo venatorio ha il suo patto del Nazareno? Per alcuni mesi, dall'inizio dello scorso anno, si è vociferato di un non meglio identificato accordo con il “nemico” (Legambiente) da parte dei vertici delle associazioni nazionali Arci Caccia, Federcaccia e Anuu Migratoristi, che a oggi rappresentano, in termini di tesserati, la maggioranza del mondo venatorio italiano. Come per il fumoso accordo Pd–Forza Italia, ormai definitivamente relegato in soffitta, si sono susseguite mille congetture. Infiorettate sul web da non pochi improperi, misti a consensi. L'accusa più grave è stata quella di cedimento su calendari e richiami vivi.
Alla fine, il documento, con tanto di firme, è stato ufficialmete ri-proposto e tutti ne abbiamo potuto verificare i contenuti, che peraltro nei mesi scorsi sembra fossero noti ma disattesi. Gli impegni che vi si leggono, come al solito conditi in politichese, possono essere diversamente interpretati, a seconda di chi vi vuole costruire sopra sviluppi anche di fantasia. Tutto parte da un appena abbozzato protocollo triennale di lavoro, ovvero un primo impegno formale sottoscritto dalle consorelle con Legambiente a marzo 2014. A ciò è seguito un programma più articolato su alcuni punti condivisi; infine, come tutti hanno potuto verificare anche sui grandi mezzi di comunicazione, abbiamo assistito alla presentazione di una piattaforma allargata a più soggetti, in occasione del convegno di Roma di gennaio 2015. In tutti questi lavori si parla di gestione territoriale, banca dati sui selvatici (Ispra) e di emergenze ambientali, che in qualche modo coinvolgono i cacciatori in chiave collaborativa.
Comprensibili le aspre critiche delle scorse settimane, amplificate su Facebook, viste le posizioni che l'associazione del cigno verde ha espresso in passato sulla caccia, o meglio su certa caccia, spesso allineate a quell'andazzo animalista che di scientifico, tecnico e ambientalista ha ben poco (la vicenda di Green Hill è sicuramente un sintomo grave), altre volte più aperte e ragionevoli. La "Piattaforma" non si limita alla collaborazione con una delle più attrezzate associazioni ambientaliste italiane, Legambiente appunto, ma vede accordi di collaborazione dei cacciatori - e, guardate bene, del mondo della produzione (CNCN) - con il mondo agricolo, accademico, ambientalista, gastronomico di qualità (Slowfood) e con le istituzioni governative.
E' indubbio che le parole del Ministro Galletti presente a quell'incontro siano state recepite come un pugno in faccia, visto che aveva appena decretato la fine anticipata della caccia ad alcuni migratori, di fatto umiliando il lavoro di ricerca e programmazione delle Regioni e del mondo venatorio medesimo. Ma la presenza del Ministro, come il supporto degli altri dicasteri (Agricoltura, Salute, Giustizia), e di molti parlamentari, con responsabilità di rilievo, possono essere intesi come un importante segnale di cambiamento. Così lo intendono coloro che anche successivamente (vedi iniziativa CNCN a Vicenza, ad esempio) ne hanno inteso approfondire la discussione, affinchè la caccia apra la porta a diversi punti di vista, ponendosi tra i soggetti cardine della protezione ambientale. Tutto questo, comprensibilmente, ha risvolti ancora non ben percepibili, ma è forse anche un passo nuovo in linea con i principi di una caccia più europea. Sulla carta (poi bisognerà vedere se i fatti lo confermeranno) uniforma la posizione dei cacciatori italiani a ciò che già, a livello comunitario, la FACE fa da anni, cercando sintesi comuni con le grandi organizzazioni non governative ambientaliste (es. BIRDLIFE, corrispettivo della ritrosissima italiana Lipu, IUCN, ma anche WWF), con cui porta avanti tavoli di confronto, ottenendo, di fatto, una indiscussa autorevolezza sui tavoli decisionali.
Nulla vieta, al di fuori di questi obbiettivi, (mantenimento degli ungulati entro densità accettabili, valorizzazione della carne di selvaggina, opposizione al bracconaggio, tutela delle specie in via d'estinzione), di continuare le mille e sacrosante battaglie per ottenere calendari venatori meno restrittivi e più "europei". Le associazioni, infatti, propongono “un cambiamento culturale senza rinunciare alla propria autonomia, mettendo in sinergia idee e progetti in cui i valori tradizionali delle comunità, il presidio del territorio e le nuove attività green diventano un agire moderno per il benessere dell'uomo in equilibrio con l'evoluzione della natura”. Tant'è vero, che più o meno in contemporanea sollecitano e ottengono sull'argomento un'incontro con i ministri dell'ambiente e dell'agricoltura. In parallelo con quello - a loro dire positivo - che gli assessori all'agricoltura di diverse regioni hanno già messo a frutto.
Anche il mondo della politica, ben rappresentato durante l'incontro di Roma, potrebbe dare una spinta in più alla passione venatoria, spingendo per esempio, anche attraverso il progetto gastronomico sulla selvaggina - che si inserisce egregiamente nel tema di Expo 2015 – verso un maggiore e più regolamentato consumo di carne derivata dagli abbattimenti dei cacciatori, che divengono così, sempre di più, parte di una società più informata su cosa sia realmente la caccia e quali siano le sue funzioni per la salute degli ecosistemi.
L'auspicio è che questa nuova strada, appena intrapresa, non sia l'ennesimo cedimento al dilagante vergognoso animalismo nostrano, cosa data per scontata già da molti, ma semmai apra davvero un capitolo nuovo per la caccia italiana. Ammesso quindi che nessuno abbassi la guardia nei confronti di certi integralismi anche istituzionali, ciò sarà possibile solo se un vero cambiamento avverrà dall'altra parte, nell'atteggiamento di chi finora ha detto peste e corna sui cacciatori, portando ogni provvedimento davanti al Tar. Insomma è arrivato il momento che gli ambientalisti facciano il loro mestiere, rifuggendo da posizioni smaccatamente populiste e ideologiche, che con la tutela della fauna e dell'ambiente ha ben poco a che fare. Un risultato difficile da raggiungere, ma che potrà essere alla nostra portata se riusciremo a presentarci sempre più uniti e di conseguenza più forti.
Cinzia Funcis