Volevo scrivere ancora ‘due’ cose, qualcuno penserà: “ma sei di nuovo qua?” E' vero, si potrebbe pensare che sono una persona vanitosa, forse la sono, anzi la sono, ma scrivere e raccontare quelle che per me sono anche emozioni, me le fa vivere e rivivere.
Credo che sia anche colpa di un mondo, che mi pare, abbia smesso di girare, o che forse ha invertito il suo moto, traumaticamente, e che per sopravivergli ci porta a rinchiuderci interiormente, alla ricerca di qualcosa che puoi trovare nei meandri della tua esistenza, presente o passata, qualsiasi essa sia, cercando una delle tante cose belle che ognuno di noi ha dentro, che ti trasfigurano a pensarle e magari a raccontarle o a scriverle. Penso che a scuola ero un somaro e ad una poesia che ero riuscito ad imparare, solo perché mi faceva pensare alla caccia.
La caccia fa miracoli. Pensi ad una cosa e la vuoi ricomporre, cercando di ricostruirla, rintracciando, nella memoria, ogni pezzo che il tempo ha rimescolato e man mano che ricomponi il mosaico questa cosa la vedi, si rianima, la rivivi e piano piano ci torni dentro. Ho sempre vissuto di entusiasmi, spesso ne sono stato vittima, ma penso che scoraggiarsi sia come buttar via qualcosa di se stessi e questo non deve succedere, non si butta via niente e si accettano le sfide, con l’entusiasmo di sempre, anche a costo di rompersi le ossa.
Ecco perché, complice la bellezza di questo portale, e la tragedia che la caccia oggi vive, improvvisamente, vi sono capitato tra i piedi e a furia di parlare di questo vecchio amore, mi ci sono ricongiunto. La caccia è un patrimonio enorme, enorme, che più cresce di valore quanto peggio si guasta il ‘mondo’ intorno a noi. Un patrimonio che deve essere difeso, strenuamente, che deve essere riconquistato, perché molto ce ne è già stato tolto.
Di come io sia nato cacciatore non ne sono tanto sicuro, unico tra 5 fratelli; lo era mio nonno, mio zio, ma non me li ricordo nemmeno, mia madre e tutte le donne di casa amavano la caccia, bravamente, in cucina e mio padre era di mare, ma io questa passione me la sono elaborata da solo, fin da piccolo, senza modelli, cacciando nelle immense praterie dell’immaginazione infantile. Da quei tempi ad oggi nella mia mente sono cambiate parecchie cose ma l’immaginazione è rimasta, per me una garanzia dalle delusioni. Mia moglie, due figli, tutti contrari, uno obbiettore di coscienza l’altra simpatizzante animalista, per ora, anche se sarà dura. Vedete, il passato a favore, il futuro contrario. Eppure, qui sta il nocciolo vero della questione, chi è cacciatore nel passato, lo rimane per tutta la vita, è uno stato mentale che perdura nel presente, allora merita di essere esternato, ancor meglio rivissuto, per il futuro, più siamo meglio è.
Se osservi la natura intorno a te l’associ e ti viene spontaneamente, all’animale selvatico che ci potresti trovare, pensare d’abbatterlo? E' l’ultima cosa che ti viene in mente. Pensi solo d’andarlo a cercare, di vestirti, al mattino presto, di mettere i pantaloni preferiti, gli stivali, la cacciatora rammendata, sempre la stessa, sentirti addosso gli abiti ruvidi, e una vaga sensazione di ansia, di disporre le cartucce, ben scelte, in ordine nella cartucciera, il fucile in spalla, pulito, oliato e andare a respirare la bruma, ascoltare i rumori e riempirti dei profumi della terra. Poi cercherai di tendere un agguato o percorrere sentieri e tracce e avvicinarti fino al covo di quella che tu vorresti far diventare la tua preda, fino a quando il colpo di fucile romperà il silenzio, attraversando l’aria, rintronando nella valle, tra gli alberi, intorno a te.
L’esito della caccia è che alla fine gli animali ci rimettono la vita e questo schiaccia le coscienze, se accade sparando. Quando stai seduto a tavola e degli animali ti riempi la pancia e li fai diventare la tua forza, nutri con essi il tuo cervello e i tuoi muscoli, ci tiri su i figli, o ne fai la ragione di un convivio, allora anche la coscienza trova scampo, perché degli animali, si pensa, che sono troppo buoni e per lo meno, di non averli uccisi. Bene, se qualcuno me lo chiede, anch’io amo gli animali, per questo me li mangio, come fanno in parecchi e come si deve fare, per far questo alcuni li uccido di persona, se ci riesco, andando a caccia, tornando oggi, alla caccia, dopo tanti anni.
Mi va di considerare che io ed il selvatico abbiamo una grande fortuna, se sparo male so che a pancia vuota non ci rimango, una fortuna che la modernità ha reso reciproca. Si può però anche dire che entrambi, alla stessa maniera, condividiamo anche il rischio di essere e spesso le siamo, vittime impotenti di questa modernità, che certo può essere una subdola assassina, molto meno rispettosa di un colpo di fucile. Ieri mi hanno dato il porto d’armi rinnovato, oggi mi sono ordinato un sovrapposto: un fucile che non ho mai avuto, un’arma italiana, low cost.
L’ho comprato a vista, senza provarlo, poco m’importa della piega del calcio, della bilanciatura, del peso, del rinculo e di tutta la tecnologia: voglio un ferro che spari tutto, da ricaricare anche le cartucce, sempre che la ricarica non la proibiscano da domani e che si scolorisca in fretta. Ecco qua, tanti credono che la passione per la caccia sia chissà che cosa, in realtà, dietro ad essa, molti di noi celano solo l’amore per una casa, una regione, il rispetto per la scienza ed i gesti dei loro vecchi, per la campagna, gli alberi e i campi, e tutti i frutti che dalla natura provengono, così come lei ce li mette a disposizione, senza troppe interferenze. Vado di nuovo a caccia e se sbaglierò un colpo sarà sempre una fortuna poter almeno tirare fuori la cartuccia dal fucile e sentire l’odore del fumo.
Fromboliere