"Questa passione [la caccia], sulla quale in pro e in contra è stato detto quanto mai dir si poteva, è quella che più tenacemente di qualunque altra si radica nel cuore degli uomini, ed alla quale difficilmente si rinunzia, anche al declinare delle forze del corpo.
Essa non mette in rischio le fortune, non aliena la salute, ma la rinfranca, non lascia il luogo a passioni dannose, e non è condannabile, se non che nel caso di eccesso, nel quale anche molte cose virtuose diventano vizj.
La passione della caccia obbligando l'uomo a percorrere in ogni parte, e in ogni epoca la campagna, ponendolo nelle circostanze più opportune ad osservare e godere delle magnifiche e variate scene della natura, non può fare a meno, a parer mio, di risvegliare in lui l'ammirazione per le immense opere dell'Onnipotente, e di ispirargli il gusto dell'osservazioni.
Chi è colui in fatti, che non abbia provata una commozione dolce, e inesplicabile, penetrando in uno di que' foltissimi, ed antichi boschi delle nostre Maremme? che non abbia sentito sollevarsi la mente, contemplando le sottoposte regioni dalla cima di elevate montagne? che non sia stato commosso dal maestoso cospetto dell'immensità del mare? Piaceri purissimi, e celestiali, che fanno obbliare le miserie dell'umanità; innalzano l'anima a contemplare la provvidenza del Creatore, e ci pongono in un dolce stato di quiete. Chi sortì un' anima capace di sentire, è impossibile che rimanga indifferente a tali spettacoli; è impossibile che una volta gustati li dimentichi, e che potendo non cerchi gustarne de' nuovi con un esame più minuto, e più accurato della natura.
Di più è necessario all'uccellatore, per far prede abbondanti, il conoscere le specie di cui vuole impadronirsi, il sapere quali sono le stazionarie, quali le migratorie, quale il tempo della loro partenza, quale è quello del loro ritorno, ove costruiscono il nido, ed ove vanno a trovare di che cibarsi. Ma per l'amore grande che egli porta alla caccia, non si limita a ricercare di sapere ciò che gli è indispensabile, ma grata è a lui ogni notizia riguardante quell' esercizio. In tal modo egli acquista senza accorgersene delle cognizioni di Storia Naturale, e studia l'Ornitologia del proprio distretto.
Per questa ragione, non vi è a parer mio persona, che esser potrebbe di maggiore utilità all' Ornitologia di un dato pa
ese, di quei vecchi, che per molti e molti anni, altro non fecero che percorrere la campagna cacciando, in qualunque ora, in qualunque stagione. Ma per motivo della differenza grandissima fra la nomenclatura ornitologica volgare e la scientifica, fra quella di un paese e quella di un' altro, questa loro dottrina non è che pochissimo utile, giacchè non possono comunicare le cognizioni acquistate che ad altri pochi del proprio distretto, cui quelle specie sono note sotto il medesimo nome. Di più essendo impossibile senza il soccorso della scienza, il distinguere le specie affini, e senza la nomenclatura Ornitologica intendere i varj libri, è anche perciò a loro impossibile, leggendo questi, il rettificare le osservazioni già fatte: e leggendo e non intendendo, applicano ad una specie quello, che appartiene ad un'altra, confondono tutto, e intessono racconti cosi imbrogliati, ed erronei, da' quali nulla o quasi nulla di utilità si può ricavare".
Paolo Savi
Post Scriptum
Queste note potrebbero essere state scritte oggi, o al massimo una ventina d'anni fa. Sono state invece tratte dalla monumentale opera “Ornitologia Toscana”, data alle stampe dalla Tipografia Nistri di Pisa nel 1827, (e conservata alla Aston Library di New York), uno dei primi trattati di ornitologia dell'era contemporanea, sulla quale si sono documentati centinaia di migliaia di ornitologi e appassionati di ornitologia e di caccia. Perchè sì, come dice il Savi, l'ornitologo più preparato è il cacciatore (o, meglio ancora, l'Uccellatore, cioè il cacciatore di uccelli). E il Savi, come direbbero dalle sue parti, non era di certo un bischero.
Eh no! Era un fior di scienziato, che tenendo conto dei mezzi di cui disponeva, darebbe dei punti anche a molti ornitologi odierni, che per indagare sulla fauna alata adoperano radar, apparecchiature satellitari, infrarossi, macchine fotografiche e telecamere digitali. Fu infatti professore di Zoologia e di Botanica all'Università di Pisa, dove nel Museo dell'Università curò una delle migliori esposizioni di storia naturale.
Si dedicò anche allo studio della geologia, spiegando l'origine geologica del marmo di Carrara. Accademico delle scienze, Senatore del Regno, in Inghilterra gli dedicarono il nome (Savi's Warbler) della Locustella Luscinioides, ovvero la Salciaiola, un uccello della famiglia delle Silvie, che lui classificò scientificamente nel 1824, cioè nel periodo in cui si dedicò alle ricerche e alla stesura della sua summa, alla quale seguì anche una altrettantro dettagliata “Ornitologia Italiana”.
Perchè abbiamo voluto riproporre queste note? L'abbiamo fatto, per ricordare ai tanti soloni che sproloquiano sulla caccia, e contro la caccia, che certe polemiche sono vecchie come il cucco, ma che anche quasi duecento anni fa, a chi contestava la nostra passione, si opponevano argomentazioni che rimettevano in chiaro le cose. E cioè che, se vogliamo trovare un vero ornitologo, e un vero naturalista, primo conoscitore e tutore delle meravigliose creauture alate, è al cacciatore che ci si deve rivolgere.
Vi pare poco?