Lo spauracchio delle “pesanti sanzioni in arrivo” dovute alla erronea applicazione della Direttiva Uccelli, è uno dei tanti pretesti utilizzati di consueto dagli ambientalisti e dai vari esponenti politici (di sinistra, di centro e di destra, a seconda delle convenienze del momento) nei periodici assalti alla caccia e ai cacciatori, soprattutto quando si deve affrontare il tema del calendario e delle deroghe. Pochi però sanno, al di fuori di chi questo mondo lo frequenta e lo conosce, che spesso l'efficacia di questi strumenti comunitari è scarsa o nulla o dilà da venire.
E in ogni caso, se di giudizio universale si dovesse parlare, ben altri e ben tanti, tantissimi, e ben diversi sarebbero gli argomenti a cui porre attenzione. Soprattutto in materia ambientale. Dei diversi procedimenti aperti dall'Europa nei confronti dell’Italia, ben 32 su 130 sono in materia ambientale. Fatte salve le possibili distrazioni, fra questi 32, l'argomento caccia negli ultimi anni è presente solo in tre procedure - la 2006_2131 (Caccia in deroga), la 2004_4926 (Veneto, caccia in deroga), la 2004_4242 (Sardegna, caccia in deroga) - aperte come ben sappiamo sulle carenze della normativa italiana in materia di caccia in deroga e la conseguente violazione della direttiva 79/409/CEE, che rende l'ausilio delle Deroghe un vero percorso ad ostacoli nel nostro paese, almeno finchè non sarà finalmente fatta chiarezza con le tanto auspicate linee guida veicolate da un apposito decreto del Presidente della Repubblica.
Al di là di ogni recriminazione - vogliamo parlare di quanto può influire seriamente il prelievo in deroga sullo storno quando sappiamo che la nostra penisola è interessata ogni anno da centinaia di migliaia di soggetti migranti e che gran parte di questi muoiono per cause naturali? -, viene da chiedersi come mai le associazioni Lipu, Wwf, Enpa, Lav, Lac, tanto per citare quelle più combattive su questo fronte, poco si preoccupino delle altre questioni ambientali per cui siamo sotto osservazione in Europa da tempo, ben più importanti visto che riguardano a vario titolo anche la salute dell'ambiente e di tutti gli esseri naturali che vi vivono, ma anche e soprattutto la salute e la qualità della vita di tutti i cittadini.
I dati sono pubblici e facilmente fruibili anche sul sito del Ministero delle Politiche Europee. Delle 130 procedure di infrazione alle direttive comunitarie aperte nei confronti del nostro Paese, lo vogliamo ripetere, ben 32 riguardano la materia ambientale. Ce n'è per tutti i gusti: partendo dalle più recenti: conformità della discarica di Malagrotta, impatto ambientale della variante Aurelia Liguria–Savona, gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, inquinamento per gli scarichi in mare delle navi (mancato recepimento della direttiva), emissioni gas serra (mancato recepimento della normativa sul sistema delle quote concesse ai paesi). Quanti di noi sanno che siamo sotto il mirino della Corte di Giustizia Europea per la mancata comunicazione delle necessarie nozioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di Co2 negli spot pubblicitari delle case automobilistiche? Già, perché è questo che chiede l'Unione Europea ai produttori di veicoli inquinanti, fabbricati con strizzatina d'occhio ad “ambientalisti”, vien da pensare consapevoli. Niente di cui meravigliarsi visto che un altro contenzioso è aperto sul fronte della qualità dell'aria, registrati i valori limite più alti di quelli permessi.
Altro tasto dolente: la questione rifiuti. Napoli (per cui, come noto è aperto un contenzioso già dal 2007) non è il solo motivo per cui potremmo ricevere pesanti (queste sì) sanzioni dall'Europa. Pare infatti che le nostre leggi nazionali non siano conformi rispetto all'uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Stessa situazione sulle acque reflue: un'altra procedura è stata infatti avviata nel 2009 per la cattiva applicazione della direttiva che ne stabilisce il trattamento. In generale è il sistema di accertamento del reato ambientale che fa acqua da ogni parte. Un'altra procedura ci bacchetta per il mancato recepimento delle direttive che regolano la materia dei reati ambientali (anche se qualcosa si è mosso proprio in questi giorni). Per non parlare poi delle procedure avviate per la non conformità della direttiva che prevede la valutazione degli effetti di piani e programmi sull'ambiente, riguardo ai danni delle varie e diverse attività umane.
C’è qualcuno che si è accorto di pronunciamenti tenuti dagli ambientalisti paragonabili come veemenza e come impatto a quelli registrati quando si è voluto montare la protesta contro l'incalzare di norme che avrebbero riaperto la porta in Italia alla “caccia selvaggia”? Perchè questi nostrani ambientalisti (ma anche le segreterie dei partiti, salvo qualche rarissima eccezione), così solerti quando si tratta di buttare la croce addosso al meschinello cacciatore, non si strappano i capelli anche quando si dovrebbe difendere il nostro immenso patrimonio ambientale da speculazioni di ogni tipo?
Cos'hanno da dire a questo proposito i massimi esponenti politici e tecnici, in gran parte collegati col mondo ambientalista, quando non addirittura non si registra una vera e propria sovrapposizione, di fronte a scempi gravi e continuati, consumati impunemente spesso con l'accondiscendenza di chi dovrebbe sorvegliare? Non ci vorranno mica dire che non ne sapevano niente?! Non ci vorranno mica raccontare, anche loro, che tutto questo è stato commesso “a loro insaputa”?!
E per tornare a bomba (deroghe, storno e Comunitaria), senza con questo voler sollecitare comportamenti in contrasto con le normative vigenti (dio ce ne scampi!), proviamo a chiedere: alla luce di una situazione del genere, con le enormi travi disinvoltamente trascurate rispetto alla piccola pagliuzza spesso sventolata come unico spauracchio, con Veneto e Lombardia che adottano senza problemi dispositivi in deroga pur col parere contrario dell'ISPRA, con gli olivicoltori che a proposito soprattutto dello storno minacciano fuoco e fiamme, con le associazioni venatorie che si stanno ricompattando (Arcicaccia compresa, almeno su vaste parte del territorio nazionale, dalla Liguria alla Lombardia, dal Veneto alla Puglia, dalla Sicilia al Piemonte al Lazio alla Calabria) contro certe cervellotiche imposizioni pervenute dall'alto, c'è ancora qualcuno che ha paura del lupo cattivo di Bruxelles?