I Verdi, usciti dal panorama politico nazionale dopo le sonore e ripetute sconfitte elettorali, tenteranno di rientrare in scena dalla finestra. Insieme all'infaticabile Angelo Bonelli, che si ritrova naufrago dopo svariati tentativi di ricostituire il partito e le alleanze più disparate, nel nuovo soggetto politico Green Italia, presentato in questi giorni a Roma, confluiranno infatti un gran numero di trombati della politica ambientalista nostrana. Questa volta quindi gli ambientalisti di opposte vedute scelgono di unire le forze, con una bella rimpatriata bipartisan, che supererà le classiche divisioni politiche per puntare dritto allo sviluppo dell'economia verde.
Tra i promotori dell’iniziativa, che guarda al partito dei Verdi europei (Federazione costituita a Roma nel 2004, ma che non ha avuto alcun seguito in Italia), c'è infatti la copresidente dei Verdi europei, Monica Frassoni, con gli ex senatori Pd Francesco Ferrante e Roberto Della Seta, l’ex deputato Fli Fabio Granata (è stato Assessore all'Ambiente in Sicilia), la storica ex presidente Wwf ed ex leader dei Verdi, Grazia Francescato (alle ultime elezioni si era candidata con Sel ma anche lei è rimasta fuori dal Parlamento), l’imprenditore del fotovoltaico Massimo Sapienza, il segretario della Fondazione Symbola Fabio Renzi, scortato per contiguità dall’intramontabile Ermete Realacci. Alla vigilia si dava per presente anche il presidente di Federparchi, Giampiero Sammuri.
La stampa l'ha ribattezzato “la cosa verde”, il che rende perfettamente l'idea del blob informe di idee e contenuti che andrà a generarsi a partire da un simile minestrone. Ecco come lo presentano i fondatori. “Siamo Green – si legge nel manifesto del movimento - perché vogliamo difendere e allargare lo spazio sociale e civile dei beni comuni: “beni” materiali come l’aria, l’acqua, il suolo; “beni” immateriali come la legalità, l’istruzione, la coesione sociale, la parità di diritti per le persone cui devono aggiungersi valori di più recente acquisizione sociale ma già radicati nella mentalità degli individui e delle comunità come il rispetto per gli equilibri ecologici o l’attenzione verso il benessere degli animali. I beni comuni non possono essere privatizzati, né per usarli come merci né per sottometterli a logiche e interessi di parte”. “Green Italia non è un partito tradizionale perché la sua identità è legata ai territori e alle loro diversità ma, quando si tornerà alle urne, saremo presenti per dare voce a chi ritiene che occorra archiviare per sempre il modello Ilva – lavoro contro salute – e l’idea illusoria che la strada per accrescere la nostra capacità competitiva sia nei bassi salari e nella riduzione dei diritti sindacali”, ha spiegato Ferrante.
Belle parole, certo. Ma i tanti, troppi fallimenti dei Verdi pesano come un macigno su una formazione che, seppur ai primissimi passi, ha già una lunghissima storia, che è quella dei suoi ideatori. Che lo ammettano o no, sono infatti loro i protagonisti di un declino in termini di voti che non ha pari negli altri paesi europei, dove invece i temi della green economy e della tutela ambientale hanno riscosso un successo crescente, con picchi considerevoli negli ultimi anni, grazie anche al mutato atteggiamento dell'America guidata da Obama, che sulle rinnovabili sta puntando molto. Lo stesso Bonelli (che alla presentazione di Green Italia dice di aver partecipato a titolo personale, visto che è ancora a tutti gli effetti il leader di un altro partito), ha auspicato il “superamento” dei Verdi, come è successo in Francia “nel senso – ha spiegato - di costruzione di una nuova forza ecologista, in cui anche elettori e militanti Verdi possano riconoscersi”. Ma se gli elettori potenziali (e certamente sono numerosi) non si riconoscono nel sole che ride, di chi sarà colpa? Non è forse il segnale che qualcuno, ai vertici, ha sbagliato di grosso strategia?
Giovanni Valentini, che di ambientalismo di maniera” se ne intende essendo stato a suo tempo – quale direttore dell’Espresso - portabandiera di una delle più efferate e fallite campagne referendarie anticaccia, su Repubblica descrive la politica dei Verdi “all'insegna dell'allarmismo e del catastrofismo”. Cosa che, sostiene, li ha ridotti ad essere “il partito del no”. “In nome di uno sviluppo sostenibile – dice Valentini -, spesso gli ecologisti di casa nostra hanno tralasciato un ambientalismo sostenibile, compatibile con il progresso e il benessere”. E infatti li abbiamo visti spesso in prima linea contro la caccia (Bonelli stesso ha partecipato a molti dibattiti televisivi ai tempi della riforma Orsi) ma ben poco presenti su temi importanti per la cittadinanza, come la difesa del suolo dalla cementificazione selvaggia e della salute pubblica, dall'inquinamento e dal degrado. In qualsiasi altro Paese, per intenderci, né Bonelli, né Francescato, né tantomeno i pluritrombati Ecodem avrebbero possibilità di riciclarsi dove hanno dimostrato ampiamente di aver fallito.
Ma siamo in Italia e qui tutto è possibile. Intanto staremo a vedere cosa proporranno, concretamente. La presentazione romana è solo il primo passo ed ha sancito la costituzione del comitato promotore di Green Italia. Questo si occuperà nei prossimi mesi di raccogliere idee e contribuiti per il programma e avviare il radicamento territoriale, con gruppi di lavoro regionali che organizzeranno appuntamenti locali. “Entro fine anno – promette Ferrante - terremo l’assemblea costituente di un soggetto politico vero e proprio, leggero e innovativo ma deciso a pesare nella competizione per il consenso degli italiani”. L'obbiettivo sono le elezioni europee del 2014.
Il neonato organismo, come è ovvio che sia, è guardato con estremo interesse da gran parte delle associazioni ambientaliste italiane (Wwf e Legambiente hanno partecipato attivamente alla sua fondazione). Visti i nomi dei promotori, anche se al momento nel manifesto nulla si legge sul tema caccia, non è difficile immaginare che, una volta presentati alle elezioni, faranno da megafono anche alle richieste animaliste, facendo leva sui soliti meccanismi ideologici utilizzati finora dalle passate formazioni politiche di questo stampo. Ce li immaginiamo già, tra qualche anno, ringalluzziti da qualche seggio conquistato qui e là, a strapparsi le vesti per difendere la sorte di questo o quell'uccellino, mentre magari faranno finta di non accorgersi delle varie Ilva disseminate in Italia che quotidianamente e da decenni inquinano mari, aria e acqua con effetti che dureranno centinaia, se non migliaia, di anni. (Come emerso anche recentemente dal rapporto di Ispra e Ministero dell'Ambiente sono tantissime le realtà imprenditoriali da tenere sott'occhio per la possibilità che si verifichino altri gravi disastri ambientali). Finora non ci pare che questo genere di problemi sia stato particolarmente preso di petto dagli ambientalisti. Speriamo, almeno questa volta, di sbagliarci.
Cinzia Funcis