Se devo scegliere un bicchiere a metà, scelgo quello mezzo pieno. Non so perchè, forse perchè sono convinto di berne di più. Insomma, da una parte mi accontento, dall'altra cerco di spronare la mia pigrizia a fare di più perchè il contenuto del bicchiere aumenti. Almeno, quando quel che devo bere - se lo devo bere - non è proprio amaro amaro.
Certo, che questa tornata elettorale non ci ha riservato gran che, nel bicchiere che mi ostino a considerare mezzo pieno. Non tanto e non solo per la caccia, quanto per un futuro possibile per noi italiani, per le nostre famiglie, per la nostra economia. Eppure, tutti coloro - e io con loro - che hanno fatto in modo che il panorama politico nostrano si ingarbugliasse ancora di più, qualche ragione ce l'avranno avuta! Non posso pensare che quello che è uscito dalle urne sia il frutto di un cupio dissolvi tanto insensato quanto crudele.
Crollati gli ideali, almeno per i suoi due terzi l'elettorato attivo ha optato per la concretezza. Ognuno scegliendo un'opzione diversa. La sua. Quando l'Imu, quando l'Irap, quando un assegno di solidarietà, quando uno sconto sulle tasse... Si sa, in tempi di magra, vale più un uovo in mano che una gallina promessa. Dando retta a uno dei neanche tanti pifferai che suonavano. E dalle urne è uscito un mostro con tre o quattro teste almeno, che si guardano minacciose, sbavando e digrignando i denti.
Il problema è che prima di cinque-sei mesi-un anno non è possibile tornare a votare: qualcuno lancia già una data in giugno; perciò, volenti o nolenti, anche gli opposti estremi per un po' di tempo dovranno convivere. A Roma. Ma all'atto pratico, se si esclude un necessario ritocco della legge elettorale, sarà molto difficile che si possa andare aldilà di qualche affermazione di principio e qualche provvedimento urgente per far girare un po' di soldi, visto il clima ormai asfittico nel quale langue la nostra economia. Difficile anche, quindi, che con l'aria che tira, in Parlamento si possano affrontare argomenti impervii come la caccia. Dove tutti vorrebbero mettere bocca, ma dove purtroppo nessuno o quasi sa di cosa parla. Meglio così, perchè in un ambiente piuttosto ostile come quello che alle Camere si va prefigurando, con cento-centocinquanta grillini politicamente imberbi, che per forza di cose devono dare retta al guru e procedere per slogan e schemi, col rischio di finire, non solo loro, nelle fauci non del giaguaro, ma della rossa amica sua e dei suoi emuli di disparate provenienze, più spregiudicati che intelligenti.
Meglio così, dunque. Con tutto quello di importante che avranno da fare, avremmo il tempo, anche noi, per riflettere sulle nostre cose, capire il perchè certi nostri progetti elettorali non hanno avuto buon esito, impostare, almeno impostare, una strategia che ci possa fornire soluzioni sicuramente più efficaci di quelle che finora ci hanno ispirato.
A mio avviso, ma la butto là come argomento di discussione, non è con soluzioni strumentali, un partito, un movimento, l' aggancio a una coalizione, che potremo dare una svolta alle nostre fortune. No. Così come stanno le cose, così come abbiamo provato, abbiamo visto che non funziona. Tempo fa, qualcuno si poteva illudere che pur non funzionando per la causa, avrebbe potuto funzionare per il singolo. Adesso, alla prova dei fatti, nè l'una nè l'altra soluzione ci è stata propizia. Abbiamo ancora interlocutori in Parlamento, probabilmente meno di prima, dovremo conquistarcene altri in terra incognita - donne, giovani, facce nuove - dovremo proporre soluzioni alla loro portata, ma se tutto andrà bene, riusciremo in buona sostanza a salvaguardare il principio: la caccia è antica come l'uomo, impossibile farne a meno, per una serie infinita di ragioni, ma.... Ma, sulle ricette per cucinarla, andremo come al solito a sbattere in una babele di punti di vista, con un sempre più sparuto manipolo di fedelissimi che sosterrà senza discutere, sempre e comunque, le nostre rivendicazioni, qualche altro gruppo più o meno organizzato che intenderà incanalare la nostra passione verso un utilizzo di tipo imprenditoriale (abrogando l' 842), altri ancora che penseranno di sostenerne le caratteristiche socializzanti, per consentirne - ancora - la pratica alle cosiddette categorie popolari.
Quello che è certo, è che dovranno comunque affrontare il problema ungulati. Fanno danni all'agricoltura, ingentissimi ormai, e portano con sé il seme che potrebbe aiutarci a risalire la china nei confronti dell'opinione pubblica. Anche in questi giorni, a seguito delle ennesime sollecitazioni di agricoltori e allevatori incazzati - i primi per i troppi cinghiali, caprioli, cervi, nutrie, piccioni, cormorani... (e picchi che bucherellano i tubi degli impianti di irrigazione); i secondi per i lupi che, per loro predisposizione naturale, aumentano grazie all'aumento della consistenza alimentare, cinghiali soprattutto, non disdegnando tuttavia pecore e agnelli, polli e tacchini - si registrano diverse grida di allarme da parte di amministratori pubblici, che considerano ormai i cacciatori come la manna piovuta dal cielo, ma che paventano - ove lo strumento caccia venisse a mancare o indebolirsi - la necessità dell'impiego dell'esercito, dal momento che queste popolose comunità di ungulati sono ormai fuori da qualsiasi controllo. Colpa dei cacciatori, come vorrebbero fra credere certi ambientalisti? No, colpa di una legge ormai vecchia (la 157) e dell'inadeguatezza dell'Ispra a capire il problema che praticamente costituisce un ostacolo alla sua soluzione. Sembra che in questi giorni il suddetto organismo, più autoreferenziale che scientifico, renderà pubbliche le nuove linee guida per la gestione degli ungulati. Chi l'ha viste in anteprima si è messo le mani nei capelli.
Ma questo è, e con questa realtà dovremo fare i conti. Almeno finchè non cambia.
Qual è, allora, il grave onere che ci compete? A mio avviso è quello di ricucire sul territorio. Soprattutto nei confronti dei nuovi, tanti, parlamentari alla prima esperienza. Almeno la metà dei quali provengono da collegi di provincia. Zone quindi dove il contatto è più facile e l'argomento del contendere è più percepibile. In molte aree dell'Italia rurale, negli ATC le decisioni vengono prese all'unanimità, ambientalisti compresi, il che vuol dire che quando i problemi e le questioni si conoscono direttamente, si possono toccare con mano, è più facile trovare delle soluzioni. E quindi, dando per scontato fino a prova contraria che gli italiani non hanno mandato in Parlamento degli scemi, ci dovremo adoperare con loro per renderli edotti della materia, dei problemi del territorio, dell'importanza della cultura della caccia e dei cacciatori come persone attive competenti e responsabili per una gestione coordinata del sistema agroforestale e faunistico. Lo dovremo fare noi, cacciatori. Lo dovranno fare le nostre “cellule” territoriali organizzate. I circoli, le sezioni, i singoli dirigenti. Lo potranno fare se, nel nostro mondo, si comincerà a capire che i panni sporchi si lavano in casa, e quando siamo fuori, sotto gli occhi della gente, non dobbiamo far pensare a divisioni, a liti, a contrapposizioni. Una lobby diffusa, quindi? Chiamatela come volete. Io preferirei intenderla come un serio coordinamento fra le associazioni, se non una unica associazione, magari a partire dalle categorie più giovani. Per esempio, con la costituzione di una associazione unica di “Giovani Cacciatori”, alla maniera dei francesi, tanto per richiamare all'attenzione un paese dove la caccia funziona meglio che da noi. E' rispettata, è considerata importante dalle istituzioni e dallo stesso mondo ambientalista. Fatto questo, usufruendo di menti più arieggiate delle nostre, più propense al rischio e a scommettere sul futuro, più consapevoli dei reali problemi della società, fare della caccia e dei cacciatori italiani la vera punta di diamante dell'ambientalismo. Un'eresia? Rifletteteci. Riflettiamoci.
Piero Molini |