Cecil, questo il nome del leone di 13 anni - ricordate? - che quel dentista americano Walter Palmer, acquisì regolarmente alla sua collezione, durante una battuta di caccia in Zimbabwe. Ne scaturì un vero e proprio caso mediatico. In molti, noi compresi, ci siamo chiesti il perché. Sicuramente fu una ghiotta occasione da non lasciarsi sfuggire per gli attivisti che lottano per porre fine alla caccia grossa in Africa. Infatti, il tam tam sui social media e sulla stampa, una vera e propria disinformazione porta anche tanta acqua al mulino degli anti-caccia. Nei giorni successivi al fatto, un gruppo di senatori democratici americani, guidati da Robert Menendez, commendabile signore sotto processo per corruzione, ha presentato una proposta di legge per vietare ai cittadini statunitensi di importare trofei legalmente acquisiti di specie animali che figurano nelle liste di quelle a rischio (Endangered Species Act). Chiaro l'obiettivo: dissuadere i cittadini americani dal praticare la caccia grossa in Africa. Per di più, le compagnie aeree Delta e United Airlines poco dopo annunciarono che non avrebbero più imbarcato trofei di caccia sui loro voli.
Mentre invece la segreteria generale del CITES, ricordando il Programma Ambientale delle Nazioni Unite, avvertiva della minaccia insita nell'azione degli attivisti anticaccia che sostenevano gli embarghi: “...la pressione applicata sui dirigenti di compagnie aeree - ha scritto - sta oscurando la realtà; eliminando il trasporto di esemplari di fauna selvatica legalmente acquisiti, i mezzi di sussistenza nei Paesi in via di sviluppo subiranno gravi tagli e le specie selvatiche potrebbero risentirne negativamente”.
Evidentemente questi sono dettagli della vicenda più insignificanti per i politici, la stampa, ma soprattutto per i paladini della giustizia animalara. “Non so in Occidente, ma qui un uomo vale più di un animale”. E' quanto ha affermato Jean Kapata, ministro del Turismo dello Zambia.
Si, perché in Africa, la caccia grossa (con i trofei di caccia), porta alle economie nazionali un reddito annuo di milioni di dollari: 16 milioni per lo Zimbabwe, 5 per lo Zambia, 20 in Botswana e addirittura 100 milioni di dollari per il Sud Africa. “La caccia grossa – scrive su Huntinglife.com Catherine Semcer, direttore operativo di HOPE, Humanitarian Operations Protecting Elephants – potrebbe contribuire a finanziare unità anti-bracconaggio, fornire posti di lavoro e cibo per le popolazioni locali e dare alla popolazione africana un certo senso di controllo sulle proprie risorse naturali”. Si parla di un minimo di 6000 posti di lavoro in zone a bassa occupazione nel Sud Africa e un aumento di 5,7 volte del salario medio nella provincia del Capo orientale. Altro aspetto importante – sottolinea la Semcer – è che le carni di selvaggina ogni anno nello Zambia sono sufficienti a sfamare quasi 520.000 persone. “Come riportato dalla campagna sulla riduzione accelerata della mortalità neonatale e infantile in Africa, questi tipi di soluzioni contro la malnutrizione tendono a migliorare la possibilità per i bambini di essere educati e questo, di conseguenza, aumenta le opportunità e la competitività del continente africano nell'economia globale”.
Di fatto vietare la caccia di animali selvatici, come deciso da alcuni Stati africani, non sembra aiutare la popolazione africana, tanto meno la conservazione delle specie animali più a rischio. “Quando è stata consentita la caccia - ha spiegato Brian Child, docente associato all’Università della Florida - il risultato paradossalmente è stata l’uccisione di un minor numero di animali”. In Kenya, dove la caccia grossa è stata vietata dal 1977, la popolazione dei leoni è diminuita dell'87% negli ultimi 15 anni. Dove non si pratica la caccia cambia radicalmente la situazione: i leoni, che non possono più nutrirsi della carne di elefante lasciata sul terreno dai cacciatori, entrano sempre più frequentemente nei villaggi alla ricerca di cibo, uccidendo uomini o falcidiando le loro greggi.
Gli africani cercano di fare del loro meglio, con quello che hanno, per costruire una vita migliore per le prossime generazioni. “Ma la verità forse scomoda, ipotizza ancora la Semcer, è che un gruppo di élite tra gli occidentali si aspetta che gli africani vivano una vita di stenti e poi muoiano. Agli occhi degli estremisti animalisti, gli africani sono parte del problema della caccia grossa o al massimo parte del paesaggio; nella migliore delle ipotesi lì per fornire un'“esperienza culturale” per il prossimo safari fotografico.
Sta di fatto che Palmer non sarà incriminato. Ad annunciarlo qualche giorno fa è stato Oppah Muchinguri-Kashiri, Ministro dell'Ambiente dello Zimbabwe, che ha spiegato che Palmer aveva “tutti i permessi in regola” per effettuare la battuta di caccia. Il Governo, ha specificato il Ministro, ha verificato tutti i permessi tramite polizia e procuratore generale e dai controlli è emerso che il dentista poteva cacciare lì dove ha cacciato. Un'ovvia conclusione. Peccato che i processi mediatici abbiano affossato l'immagine del dentista americano e tralasciato il fatto che gli africani debbano avere la possibilità di beneficiare delle loro risorse naturali.
Ma la storia si ripete. È notizia recente, infatti, di un altro cacciatore, un veterinario, stavolta italiano – già soprannominato il Walter Palmer del Piemonte –, finito sotto processo mediatico dopo la pubblicazione, da parte di un gruppo animalista, di foto che lo ritraggono con i suoi trofei di caccia grossa, non solo africana. Numerosi i post con la richiesta di espulsione del veterinario dall'albo professionale e numerose anche le minacce di morte indirizzate al medico. Sta di fatto che, come da lui stesso dichiarato in un comunicato, “la professione di veterinario non è incompatibile, né sotto il profilo deontologico né sotto quello morale, con attività di caccia o safari, praticate nel rispetto delle leggi vigenti”. Siamo al delirio animalista, ovviamente. Speriamo che non dilaghi anche fra gli addetti ai lavori (veterinari, tecnici faunistici, agronomi). Aberrazione dopo aberrazione si potrebbe arrivare all'apologia della...carota.
M.P.