Ho letto con interesse la notizia che anche il massimo responsabile dell'Ispra ex Infs, il dr. Piero Genovesi, ha scoperto l'acqua calda, come lo rimbrotta giustamente un assiduo frequentatore di questo portale (Nick name: Fucino Cane). Se avesse assimilato ciò che un suo pari, il prof. Marco Apollonio del Cirsemaf, sicuramente altrettanto competente come lui nella materia, aveva già denunciato una decina di anni fa, le cose sarebbero andate meglio per tutti, anche per gli agricoltori, che oggi protestano a singhiozzo (con qualche lacrima), perchè da una parte vorrebbero essere risarciti abbondantemente per i danni, a volte valutati con dovizia, e dall'altra sbavano e protestano fino a riminacciare i referendum, perchè tanto ben di dio lo devono condividere con i...cacciatori, mentre non azzardano critica alcuna nei confronti degli ambientalisti, di cui fanno invece ampio uso dei simboli, per "apprezzare" i loro prodotti, magari a Km-0.
Eh si, medita Genovesi, i cinghiali in Italia sono passati da 500 mila unità del 2010 - appunto - al milione di esemplari di oggi (ma forse sono anche di più), a causa dei mutamenti ambientali (leggi abbandono soprattutto dell'Appennino, ma anche per questo non ci voleva uno scienziato per capirlo già una trentina d'anni fa), l'eccessivo rigore (a mio parere, e ancora di più per l'errata impostazione) della 157/92, e - udite udite!, ma chi l'avrebbe mai detto!? - l'aumento delle aree protette, a cui andrebbe aggiunta una postilla: grazie alla sconclusionata legge 394/91, che - bisognerebbe chiosare - essendo stata varata precedentemente alla legge sulle "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", avrebbe dovuto essere sulla base di quest'ultima riletta coerentemente. Cosa mai avvenuta, nel silenzio dei tanti giureconsulti, sempre attenti peraltro a dare addosso alla caccia. Ma si sa, lo diceva già Petrolini: l'Italia è la patria del diritto e ...del rovescio.
Meglio tralasciare comunque certe altre affermazioni fuori luogo, ormai tanto stantie quanto imprecise, su questo portale rimbeccate a ragione da tale "Asini che volano", il quale ci ricorda come negli anni sessanta i cinghiali furono immessi dalle Province non a scopo venatorio ma per "aumentare la biodiversità", al momento dell’abbandono delle campagne e dei poderi quando i contadini andarono a lavorare in fabbrica". Tutto documentato negli archivi dei Comitati Provinciali, che allora si occupavano di gestione faunistica col supporto del Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia (Oggi Ispra, ex INFS), conduzione Toschi, poi Leporati, poi Spagnesi. (Al proposito leggasi Ispra: c'era una volta il laboratorio).
Nell'attuale congiuntura, appare perciò difficile passare dalle parole ai fatti anche per dare seguito a quanto Genovesi propone per superare il problematico impasse. Cioè la necessaria valorizzazione della carne di ungulati attraverso l'attivazione di una filiera controllata della carne selvatica. Troppi impicci burocratici e procedurali, che andrebbero razionalizzati da modifiche che al momento vedono l'un contro l'altro armati, dalle leggi che attribuiscono allo Stato la proprietà (indisponibile) della fauna selvatica, agli agricoltori che vorrebbero trasformare questa indisponibilità in "disponibilità" ad essi esclusivamente riservata (in collaborazione/contraddizione con i cacciatori, a seconda del vento, organizzati in squadre o come singoli "selettori"), agli ambientalisti sempre più animalisti, che "guai a chi mi tocca il porcello" o il Bamby.
Legittimi pertanto, secondo me, gli appunti dei soliti abituè di questo portale, che rimproverano al Genovesi certe pesanti distrazioni. "Sarebbe anche ora che facessero pagare i danni agli enti parco - sentenzia Ettore 1158 - in considerazione che questi animali vivono e bivaccano li, e questo è facilmente riscontrabile. Che si inizi mettendo le mani in tasca a questi inutili carrozzoni lasciando in vita i veri parchi, quelli storici, quelli nazionali e abolendo tutte quelle aree che si spacciano per aree protette (parchi,parchetti,parcucci,riserve etc...) ma che invece sono aree sottratte ad ogni attività umana (parchi politici)". Il quale conclude: "Non bisogna essere degli scienziati per capire certe cose".
"Cara Ispra - scrive un altro "cacciatore" - ci avete messo un po' di tempo per capire dove è il problema, ma , come si dice, non è mai troppo tardi; ora che vi siete illuminati fate in modo che si modifichi la 394, legge sulle aree protette, affinchè si possa contrastare seriamente l'aumento di questa specie (il cinghiale), permettendo ai cacciatori di fare gli abbattimenti".
E- conclude Raul G. - "Il guaio è che in questo mezzo secolo abbiamo lasciato che la ricerca fosse esclusivo appannaggio degli ambientalisti-animalisti, ovvero delle multinazionali e delle confindustrie e confagricolture dell'inquinamento e dello sperpero del patrimonio naturale. Adesso, per tornare indietro, ci vorrà del tempo. Ammesso che in questo frattempo si sia capaci di recuperare in reputazione. E pensare che sarebbe bastato che i nostri governanti, da noi sollecitati, avessero preso come modello i nostri esperti, come lo Scheibler, o i concetti anglosassoni di Wildlife Management, che prevedono una caccia regolamentata e gestita come una branca della gestione rurale".
Vox populi, come si dice...
Valter Corzeni
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