Attraversano continenti, oceani, foreste, volando per migliaia di chilometri sopra le nostre teste. Lo fanno da milioni di anni, da prima che l'uomo comparisse sulla terra, sterminati secoli prima che l'ingegno creativo dell'Homo Sapiens iniziasse a sfruttarla. L'evoluzione in tutto questo tempo ha insegnato loro a orientarsi sfruttando la luce degli astri, la posizione dei fiumi, il flusso delle correnti e chissà cos'altro.
La loro vita, per molti aspetti a noi misteriosa, ci appare come una danza armonica ritmata dal lento e inesorabile susseguirsi delle stagioni. Primavera dopo primavera li ritroviamo nei nostri cieli, sotto i nostri tetti, volano affrontando ogni rischio raggiungendo il luogo in cui sono nati e trovano con una perfezione certosina il nido lasciato l'anno prima. Questo ed altri segreti fanno parte di un universo di nozioni e credenze, radicate nella cultura contadina – popolare e tramandate fino a noi grazie a mille proverbi ed espressioni dialettali, segno che la civiltà contadina di pochi decenni fa osservava il cielo con ammirazione, traendone suggerimenti utili per la propria vita e le proprie attività (è a questa saggezza popolare che si devono le regole “etiche” della caccia, ancora oggi seguite ed apprezzate).
L'uomo del terzo millennio ha smesso di trarre ispirazione dal cielo e si dimostra piuttosto indifferente a ciò che succede ad un palmo dalla propria testa. E' una questione di prospettiva. Con lo sguardo basso sul pavimento o fisso sui muri bianchi degli uffici e delle proprie abitazioni, non si può contemplare tanta bellezza. E nemmeno accorgersi dei gravi cambiamenti in corso. Se potessimo guardare il mondo con gli occhi degli uccelli migratori, vedremmo un fiorire di cemento, che anno dopo anno riduce inesorabilmente le aree umide ed il manto forestale. Se potessimo volare sulla nostra Italia, un tempo paradiso di habitat così diversi tra loro, così unici nel loro genere e così proliferi di biodiversità, ci renderemmo conto che gli ambienti indispensabili alla sosta e alla riproduzione degli amati migratori (salvo quelli mantenuti dalla società civile impegnata in Atc e programmi di valorizzazione territoriale – molti dei quali avviati e sostenuti anche economicamente dal mondo venatorio) stanno scomparendo, nonostante il moltiplicarsi di aree protette di ogni genere, isole verdi che assomigliano più a parchi tematici, posti intoccabili e inaccessibili, anche se non certo immuni a speculazioni di ogni tipo (Cinque Terre docet).
Il consumo del suolo ed il suo utilizzo sfrenato, dissennato e irresponsabile, (non è un caso se aumentano frane, smottamenti e alluvioni nel nostro Paese), è il vero nemico dell'ambiente. E all'estero pare l'abbiano capito. Lo ha capito l'Europa, che ha basato i suoi programmi ambientali su una protezione partecipata, incentrata sulla valorizzazione delle tradizioni locali e sulla creazione di una rete di modelli ed azioni interconnessi tra loro (spirito completamente disatteso dalle nostre parti). Ma lo ha capito anche l'Unep (Programma per l'Ambiente dell'Onu), che proprio a questa questione cruciale ha dedicato La Giornata Mondiale degli Uccelli Migratori, una grande iniziativa promossa da due dei principali trattati internazionali interni al programma tematico delle Nazioni Unite: l'Accordo sulla Conservazione degli Uccelli Acquatici Migratori Afro–Euroasiatici (AEWA) e la Convenzione sulla Conservazione delle Specie Migratrici della Fauna Selvatica (CMS).
Cose come l'urbanizzazione massiccia, la deforestazione e l'estrazione di minerali, la bonifica di grandi zone paludose, specie in un territorio relativamente piccolo e tortuoso come il nostro, portano alla progressiva frammentazione e alla scomparsa di complesse reti ecologiche che regolano la vita degli uccelli migratori. Il danno ambientale che ne deriva è immenso vista la progressiva perdita di delicati presidi vitali ed ecosistemi irriproducibili. Se non c'è garanzia che sopravvivano questi luoghi, si assottigliano anche le speranze di veder tornare uccelli ormai sempre più rari, che proprio da questi ambienti dipendono per le proprie trasvolate.
Anche un certo andazzo del mondo agricolo ha le sue belle responsabilità: l'agricoltura intensiva, l'utilizzo di pesticidi e altre sostanze tossiche, la trasformazione del territorio per fare spazio a nuove coltivazioni e nuovi allevamenti, contribuiscono ad un declino inarrestabile di fronte al quale troppo spesso i nostri amministratori chiudono entrambi gli occhi. Qualcuno in un blog di questo portale, all'indomani della presentazione della proposta di Coldiretti e Legambiente sui calendari venatori, dai più considerata penalizzante rispetto alle proposte riferibili ai Key Concepts della Direttiva Uccelli (peraltro piuttosto approssimativi per quanto riguarda il nostro paese), faceva notare che sarebbe ora che il mondo venatorio cominciasse a sorvegliare e a denunciare con più forza quali danni la cementificazione selvaggia e un certo tipo di agricoltura provocano sulla fauna e sull'ambiente, specialmente quando nelle pratiche agricole si utilizzano diserbanti tossici, magari all'interno delle Zps. Sostanze che fanno male agli uccelli e che probabilmente intaccano anche la nostra catena alimentare, visto che quei prodotti finiscono sulle nostre tavole.
Sarebbe bene anche ricordare per l'ennesima volta che l'attività di quasi un milione di cacciatori non inficia negativamente sulla fauna e che anzi, il costante lavoro di gestione e quello del mantenimento degli ambienti di caccia, sono fattori positivi per l'ambiente e universalmente riconosciuti (come ribadito dalla recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo). E in ogni caso, ove si registrassero pericolosi trend negativi, difficile sarebbe attribuirli alla caccia, visto che la stessa legge 157 prevede dal 20 al 30% del territorio interdetto all’attività venatoria. E in ogni caso, la stragrande maggioranza delle specie cacciabili non segnala sofferenza alcuna. Tranne quella di reperire sempre meno habitat adatti alla propria permanenza.
Un concetto non deve sfuggire al mondo venatorio: chi si occupa di protezione ad altissimi livelli (ONU, Unione Europea) la pensa esattamente come noi. Crediamoci e facciamoci sentire.
Cinzia Funcis