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Editoriale“Caccia è cultura, amore e tradizione” lunedì 8 luglio 2013 | | Stavolta riserviamo questo spazio per un profilo di un nuovo giovane amico. Tanto entusiasmo, tanta passione lo meritano: Filippo Masini.
Filippo Masini ha 24 anni, studia Giurisprudenza a Firenze ed è un cacciatore. “Nonostante abbia molti interessi (sci, l'equitazione, pesca, tennis e storia dell'arte), - racconta di sé alla nostra redazione - la caccia rappresenta da sempre la mia più grande passione”. “L'ho scoperta grazie ai miei nonni Virginio e Silvano, entrambi fedeli seguaci di Diana; il primo setterista convinto ed amante della caccia alla stanziale, il secondo esperto capannista e lepraiolo. Sono loro che mi hanno trasmesso l'amore per la natura e, di conseguenza, questa stupenda passione. Ricordo che da piccolo mi portavano spesso con loro e, o che si andasse per fagiani, o che si andasse a "chioccolare" in qualche fosso, per me era come toccare il cielo con un dito e speravo che un giorno sarei divenuto esperto come loro”. Poi è cresciuto ed il sogno è divenuto realtà. Ora, come recita il titolo di un libro scritto dal grande Adelio Ponce De Leon, “dall'allodola all'elefante”, ritiene belle ed entusiasmanti tutte le cacce, sempre se esercitate rispettando le regole e con etica, “tuttavia – spiega - la mia più grande passione sono gli ungulati: sono abilitato alla selezione di caprioli e daini ed adoro la caccia al cinghiale. L'emozione che può regalare il Re della Macchia è qualcosa di straordinario”.
Ma la caccia accomuna anche tutti gli altri uomini e donne. “E' un'attività che affonda le radici nella storia dell'uomo – evidenzia Filippo - e, per questo motivo, non si tratta di un mero sport (l'accostamento caccia-sport mi è sempre rimasto antipatico) ma è qualcosa di più: una vera e propria forma di cultura. Rifiutarla significa cancellare una grande ed importante parte del nostro passato, rinnegando le origini dell'uomo”.
“Chi critica la caccia – spiega - nella stragrande maggioranza dei casi, semplicemente lo fa perchè non la conosce”. “Chi non sa che il cacciatore moderno ricopre un ruolo fondamentale per la tutela dell'ambiente, chi crede che la caccia sia guidata da un mero istinto di uccidere, finalizzato a riempire il congelatore di casa o ancora chi non ha la benchè minima idea del duro lavoro che c'è dietro alla gestione delle popolazioni di ungulati presenti nel nostro paese (in continua crescita proprio grazie alla caccia di selezione) ...ecco, chi non è al corrente di tutte queste cose, si lascia indottrinare dal politicante animalista di turno che tutto sa, tranne ciò di cui sta parlando!”.
Per valorizzarla però occorre impegnarsi molto, ogni giorno. “Io sono disposto a farlo in prima persona – dice Filippo - cerco sempre si spiegare a chi non la conosce quale sia il ruolo del cacciatore al giorno d'oggi. Spesso non si rivela un'impresa facile ma non mi do mai per vinto e, con pazienza e diplomazia, spesso riesco a confutare le spicciole ed infondate teorie di chi tanto critica la nostra categoria. Credo però che questo sforzo, che io nel mio piccolo tento di fare, dovrebbe essere fatto soprattutto ad un livello maggiore da parte delle varie Associazioni Venatorie, promuovendo sia campagne di sensibilizzazione sia lezioni nelle scuole, al fine di spiegare ai più giovani l'importanza del nostro ruolo e soprattutto per insegnar loro l'amore per la natura e per tutte le meravigliose creature che la popolano”.
“Tra i ricordi più belli che ho, sicuramente uno dei primi posti lo riveste l'abbattimento del mio primo capriolo: ero in Maremma, in una Azienda Venatoria, assieme alla mia ragazza; la giornata non prometteva bene essendo molto ventosa ( lo stesso proprietario mi aveva avvertito sulla possibilità di tornare a casa a mani vuote). Era la seconda volta che mi recavo là per cacciare il "folletto". La prima volta gli animali ci avevano avventati ed erano fuggiti via in un baleno, lasciandoci con un palmo di naso. Inutile dire che ero tesissimo, era da una settimana che non riuscivo a pensare ad altro e mi maledicevo per non aver avuto i riflessi pronti la prima volta, ed aver tentato il tiro. Come da copione, l'uscita si chiude con un niente di fatto...il mio umore era sotto i piedi ed ero fortemente deluso. Saliti sulla jeep decidiamo, quasi per scrupolo, di fare un ulteriore giro...iniziava già a calare il sole e non confidavamo di trovare caprioli. Ad un tratto notiamo in lontananza un maschio accovacciato in mezzo ad un ampio campo. Tutto si svolge in un attimo: scendo dalla jeep, mi sdraio a terra e mi trascino per una decina di metri, arrivando in una posizione ideale per tentare il tiro. Piazzo la carabina e posiziono la croce dell'ottica filo schiena (l'animale era a circa 200 metri). Passano pochi secondi ma a me sembrano secoli. L'animale intanto percepisce qualcosa e si alza. Abbaia nella mia direzione ed accenna ad andarsene. Appena fa un passo, lascio partire il colpo del veloce 243 winchester. L'animale cade fulminato. Sono al settimo cielo! Mi volto e vedo Sara, la mia ragazza, esultare dalla felicità. Giunto su l'animale, dopo gli immancabili festeggiamenti, ricevo il battesimo di Sant' Uberto: "Nel nome di Sant'Uberto, che di questa caccia tu divenga esperto". Non dimenticherò mai quei momenti”.
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