La caccia non è solo attesa. Coinvolge l'uomo, il suo essere, totalmente. Per una misteriosa alchimia, attraverso i sensi nella loro massima estensione porta a una completa percezione di ciò che lo circonda.
La realtà del bosco è particolare. Si stacca dal solito vivere quotidiano, ha altri ritmi, altri tempi. Ogni cosa pare rallenti. Ci si immerge fino a farsi assorbire e se ne entra a far parte completamente. Non si hanno distrazioni di sorta, ed è in quel momento che l'uomo come essere vivente mette in campo, in sostituzione, le proprie capacità. E' cacciatore e si conforma d'incanto pescando nel proprio istinto, che affiora lentamente. Agisce sui sensi che si estendono piano piano. Umida spesso di pioggia autunnale, l'aria è carica di profumi: il muschio, le foglie macere, il sottobosco. L'appostamento stesso è una piccola dimora, tanto caro che quando nella realtà di tutti i giorni poi si ritrova l'odore del legno, ritorna alla mente. E' come il profumo di casa. Respirando tutto questo a pieni polmoni è automatico tendere l'udito sui rumori, verso il canto dei propri richiami: è ancora buio, l'orecchio si fa più vigile e va alla ricerca di ogni più piccolo segnale. Scivola dal canto del tordo e del merlo in gabbia a quello del pettirosso che con le prime luci si affaccia curioso e saltella da un ramo all'altro. I versi e gli stridi degli uccelli notturni si assopiscono col dissolversi della notte, e allora si aguzza l'orecchio ad uno sbattere d'ali familiare; è un sassello che frulla, esce veloce dal bosco e s'appoggia furtivo su un ramo. E le narici si dilatano per quello tra gli odori che più cattura: il "profumo" acre della polvere da sparo della cartuccia appena esplosa, unico e inconfondibile. Ma ogni profumo scandisce un momento preciso. Istanti ritagliati, incastonati in una realtà a sé.
Il cacciatore prepara l'appostamento quando ancora è buio. Si aiuta con la torcia, in soccorso a luna e stelle, al primo raggio di luce ogni cosa deve essere a posto. Ma già la notte consente spettacoli che appagano gli occhi e l'animo. Nel buio pesto del bosco, alzando lo sguardo, quando ancora gufi e civette mandano richiami, non è raro imbattersi, se il cielo è sereno, in una stella cadente. Non esiste inquinamento luminoso, nel cielo nero Venere spicca nel soffitto oscuro del cielo: non è come in città. A volte, soprattutto nelle notti serene di dicembre, capita di perdersi in quello specchio nero e meraviglioso. A terra c'è spesso brina nel prato, e con la luce della torcia è sorprendente osservare quella distesa di brillanti cristalli di ghiaccio che coprono l'erba. Uno sguardo intorno porta a concentrarsi, favorisce l'attenzione per l'attesa. L'occhio vigile attende la luce e ne vaglia i colori. Si abitua e si sforza al massimo nel distinguere sagome e simulacri: foglie, ali, code... Chissà.
Nella massima estensione, vista e udito si combinano tra loro. Dalla loro fusione e dal loro perfetto interagire nasce ed emerge il cacciatore. Nella sua vera essenza.
Emanuela Lello