Ci siamo? Si, ci siamo. La migrazione si fa interessante, scrivono già da giorni quelli che se ne intendono. E il tam tam del web si fa sempre più insistente. Speriamo non accada come l'anno scorso, ci fa sapere un compagno di avventure che evidentemente allora ebbe poca fortuna: quattro giorni di passo e poi il nulla per tutta la stagione anche in posti dove almeno fino a dicembre si tirava a qualche tordo. E' anche vero che di olive non ce ne erano... Mentre un altro, di rimando, lo riassicura che dipende dalle zone, perché per esempio la scorsa stagione nelle Puglie hanno svernato enormi contingenti di tordi mentre nel centro Italia ed anche più a nord queste presenze svernati mancano già da quattro o cinque anni! E mentre il nonno di Giuseppe (!) s'è già fatta da giorni una padellata di tordi, Bebo lamenta che al nord non c'è più il territorio, i boschi rimasti ormai completamente sterili, i monti senza pascoli e le pianure intrise di chimici. Eh già, il triste contesto entro il quale i nostri ambientalisti, sordi e ciechi ai veri problemi delle nostre contrade di campagna, ci obbligano a convivere, spesso distratti nei confronti di un malaffare che ammorba.
Ma torniamo a noi? Passano? Si, passano. E' vero, il mondo cambia rapidamente, e così il territorio. L'ambiente naturale. Ma per dirottare milioni e milioni di uccelli che da millenni tracciano le stesse rotte, orientandosi con le stelle, con i campi magnetici, con un navigatore superpecializzato codificato nelle loro congiunzioni neuronali, ce ne vuole. Non si fermano più come una volta. Si, in parte è vero. Perché, si chiede qualcun altro? Perché, santo iddio, il tappeto verde (o ruggine) è cambiato. E non in Italia e basta. In tutto l'areale. Ecco perché spesso ci si interroga senza risposta. Mancano i riscontri dell'Ispra, dice il solito malfidato. Chissà cos'è successo nella tundra, o nelle distese delle foreste del Grande nord. O nelle terre slave. Strano però. Oggi, anche il più povero dei diseredati viaggia senza scarpe ma c'ha un iPhone e chatta con i parenti a cinquemila chilometri di distanza. Mah. Possibile che quelli dell'Ispra, che sono scienziati e quindi anche tecnologicamente e informaticamente attrezzati, non riescano a dialogare in tempo reale con i colleghi finlandesi, russi, estoni, bielorussi, polacchi, slovacchi, ciechi, rumeni, serbi, croati, e compagnia del paleartico?
Dicono che anche per le deroghe ai piccoli uccelli è impossibile quantificare in tempo. Ma, che aspettano, di leggere i dati statistici su pubblicazioni ufficiali, magari stampate su carta, che escono due o tre anni dopo, quando escono? Eppure, altrove, ci sono degli uffici specifici, collegati ai centri ufficiali di ricerca, che danno i dati in tempo reale e questi dati vengono presi per buoni per pianificare la gestione faunistica. Caccia, ma anche protezione e conservazione, ovviamente.
Poi, su queste impostazioni maliziose si costruiscono campagne anticaccia, magari rimbalzate in Italia dall'Europa, quando qualcuno ipotizza che la polpetta venga confezionata e "telefonata" (tanto per usare un linguaggio alla Bruno Pizzul) proprio dalle stesse parti dove poi arriva. Ma saranno dicerie da bar sport, ovviamente.
Ecco, il bello della migratoria è che oggi non c'è, domani ci sarà (?), domani l'altro chissà! I tordi? Dipende da tante cose, ovviamente. Le covate, il tempo al nord in primavera estate, i venti giusti al momento giusto, le pasture. Nel caso, le olive, la mortella, le bacche della macchia. Le allodole? Idem come sopra per la primavera estate e i venti, ma anche i grani, i trattamenti chimici (per i beccaccini è la stessa cosa con i risi). I colombacci? La ghianda, ovviamente. E tutto il resto. Per gli acquatici? L'acqua, che diamine! Le zone di sosta. E ce ne sono tante, tantissime. Anche e soprattutto dove la caccia è molto praticata. Anzi. Solo la passione e l'interesse dei cacciatori, permette la permanenza e l'abbondanza di uccelli acquatici. Gli ambientalisti, quelli di casa nostra, che più che altro sono esperti in pippe, sono ancora convinti che dalle nostre parti esista la natura selvaggia, e così si comportano appena hanno per le mani uno sputo camuffato con cannella palustre. Mentre, noi lo sappiamo bene, se non lo prepari, il terreno, hai voglia che fare l'ambientalista. Ti ritrovi solo gabbiani, qualche ardeide, bello per carità, ma anche dannoso, cormorani, una vera peste, una gallinella qua e là. E basta! Poi ci sarebbero i fringuelli, le peppole, a milioni. A centinaia di milioni. Sugli storni, un ripiego per tempi miserandi, meglio stendere un velo pietoso, soprattutto per la mediocrità diffusa con cui si tratta l'argomento da parte degli addetti ai lavori.
Beh. Lasciamo stare, via! Domattina è un altro giorno. E passano, ci giurerei, passano. Domattina passano!!
Elio Leonetti
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