Fateci caso, quando le cose si mettono male in fatto di specie dannose e squilibri faunistici, la scelta sulle soluzioni possibili ricade spesso sui cacciatori. Certo prima si discute un po', saltano fuori i comunicati delle solite associazioni animaliste inorridite, e poi, quando tutto tace, i cacciatori entrano in azione.
E' successo anche a Grosseto, dove per allontanare gli storni, al posto di costosi dissuasori, si è preferito ricorrere ai falconieri, che - come sostiene anche Legambiente (per questo subito attaccata da Wwf) - sono molto più efficaci. Sono stati coinvolti, si legge sulla stampa, addirittura tre gruppi: grossetani, senesi e romani. Una task force che ha permesso l'allontanamento del 70% degli uccelli infestanti in poche ore. Non si tratta certo di caccia, ma di cacciatori certo sì. Certo, così il problema viene solo spostato. E' verosimile dedurre che Grosseto abbia infatti subito il carico di storni sfollati da Roma. Qualcosa di vagamente risolutivo per questo problema che riguarda tutti i cittadini (la protesta a Grosseto parte dalle mamme stanche delle condizioni dei cortili scolastici imbrattati di guano di storno), sono gli abbattimenti. E chi attua i programmi di sfoltimento dello storno laddove viene concesso? Ancora i cacciatori, grazie al prelievo in deroga o nelle vesti di operatori abilitati dalla Provincia. In Toscana la cosa anche quest'anno ha riguardato diversi Comuni, i quali si sono adoperati in tempo per rispondere alle aspettative degli agricoltori, che pretendono, giustamente, le opportune garanzie sulla protezione del loro pregiato olio toscano. Chi ha permesso finora di ricorrere a questa difesa priva di costi? E' forse superfluo dirlo ma sono stati i cacciatori a scendere in campo (è proprio il caso di dirlo) a protezione delle preziose produzioni italiane. Credete che sospettino qualcosa gli amici vegani quando si condiscono l'insalata con il loro bravo olio biologico?
E sulla piaga cinghiali, alimentata dagli inesauribili serbatoi di parchi e aree protette - dove qualsiasi prelievo è praticamente off-limits - che dire? I cacciatori ne abbattono a migliaia tutti gli anni sfruttando i piani straordinari e i semplici programmi di caccia. Intendiamoci, loro, così come chi partecipa alle puntigliose cacce di selezione per caprioli, cervi, daini e mufloni, fanno solo ciò che adorano fare, ma è indubbio che questo esercito volontario tolga costantemente le castagne dal fuoco agli enti locali (comuni, Atc, Province e Regioni). Questi ultimi non saprebbero dove altrimenti trovare i soldi per sostituire chi gratuitamente impiega diverse ore del suo tempo libero alla ricerca del selvatico più bello, avventurandosi fra campi e boschi fin dall'alba per indole e passione. Immaginiamolo: si tratterebbe di arruolare centinaia di nuovi agenti forestali e guardie provinciali da distribuire in maniera capillare e coprire, anche se in minima parte, il “lavoro” (che certo qualche rischio comporta, quindi immaginiamo anche l'aggiunta di costi assicurativi) attualmente esercitato da migliaia di volontari. Volontari che altro non chiedono che portarsi a casa il trofeo più bello o il cosciotto più saporito, oltre che, ovviamente, essere trattati dignitosamente. E su questo, purtroppo, molto ci sarà da lavorare se ancora le amministrazioni si faranno vedere cedevoli di fronte ai capricci animalisti.
Caso a parte il capitolo nutrie, ma ancora più illuminante. Escludiamo a priori che qualunque cacciatore possa provare anche la benchè minima passione per questi animali. Non c'è niente di venatoriamente attraente nell'imprigionare questi grossi talponi in apposite gabbie, ma nemmeno nell'abbattimento. Se i cacciatori partecipano qua e là a piccole azioni di controllo mirate (più che altro ordinanze comunali che spesso vengono sistematicamente bloccate dagli animalisti), lo fanno perchè credono di partecipare ad attività nell'interesse collettivo, conoscendo benissimo lo squilibrio che può essere causato da un animale estraneo e cresciuto, in termini di popolazione, senza controllo. La nutria è infatti la prima minaccia per la biodiversità tra le specie invasive (e una calamità per gli argini dei fiumi). Lo dice l'Europa e lo dicono anche gli ambientalisti veri (IUCN). Ecco che, quindi, estirpare questi animali, prima che facciano troppi danni al patrimonio faunistico e contribuiscano ad allagare interi territori tanto faticosamente conquistati alle inondazioni, diventa praticamente un dovere morale per il cacciatore.
Potremmo continuare con le volpi (per cui gli animalisti continuano a raccogliere firme evitando di affrontare il problema del loro sovrannumero), i corvidi (gazze, corvi, cornacchie), i gabbiani (a proposito, avrete visto sicuramente l'attacco consumato a un paio di metri dalla finestra del Papa: due povere colombe, simbolo della pace, attaccate ferocemente da un gabbiano e un corvo ... episodio tragicomico che certo rende l'idea dell'emergenza diffusa rispetto alla diffusione di queste specie ormai infestanti) e via discorrendo, toccando tutti i problemi che riguardano il nostro piccolo ma variegato territorio. Il risultato è limpido, ed è scritto nei piani faunistici: per mantenere stabili le specie autoctone, controllandone la proliferazione, i cacciatori sono necessari. Sono operatori faunistici volontari, lo fanno per passione, ma anche per un senso dell'ambiente oseremmo dire atavico, naturale. Cinzia Funcis
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