“Occorre riscoprire il valore dell'unità. Prima di tutto imparando a rispettarci l'uno con l'altro senza fare discriminazioni sul tipo di caccia che si pratica”. Lo pensava – e lo pensa ancora – Cristina Ceschel quando è entrata a far parte del club Amiche di BigHunter. Quando per la prima volta intervistammo Cristina, appena 23enne, sei anni fa, ci spiegò che la sua non era una semplice passione, ma la sua natura da sempre. “Da bambina non pensavo ad altro, ogni giorno giocavo a cacciare lepri e fagiani tanto da costringere mia madre a prendermi il primo fucile giocattolo a 2-3 anni d’età”. Poi la fatidica licenza, all'età giusta, e da allora Cristina non ha mai smesso. Ha esperienze di caccia di ogni tipo: principalmente al cervo, cinghiale e capriolo. Che sono le sue grandi passioni, ma spera anche “di poter approfondire quella al camoscio e muflone e di provare la caccia al daino”. Insomma, di ungulati se ne intende. Abbiamo chiesto a questa giovane cacciatrice, che oggi è anche mamma di una splendida bambina, di dirci la sua sulla questione ungulati, della risorsa che sono e dei problemi che comportano. Buona lettura.
Se ben gestiti gli ungulati possono essere un'ottima risorsa e non solo un problema come vengono definiti ultimamente. Sempre più spesso si parla di eradicazione di certe specie di ungulato, come cervo e cinghiale, a causa degli ingenti danni che provocano, sia in agricoltura sia negli incidenti stradali, oppure per il muflone e il daino, poiché viste come specie alloctone che creano una forte concorrenza ad altre specie.
Trovo stupido pensare di eliminare i problemi eliminando gli ungulati dal proprio territorio, soprattutto nelle mie zone, Pordenone, dove sono ancora presenti le riserve di caccia comunali, oltre a pensare che sia impossibile da attuare, visto che molte riserve di montagna, “produttrici di ungulati”, confinano con riserve di pianura dove è prevista l'eradicazione.
Per evitare i danni provocati dagli ungulati si dovrebbe agire in modo diverso: si dovrebbero individuare zone di scarso interesse agro-silvo-pastorale, zone di montagna abbandonate e incentivare la pasturazione degli animali solo in queste zone. Si potrebbe incentivare il turismo venatorio, mettendo in vendita quote di animali che risultano in esubero e il ricavato impiegarlo per l'acquisto di mezzi che tengono lontani gli animali dalle colture, costruendo passaggi obbligati lungo le strade maggiormente interessate dall'attraversamento degli ungulati, oltre che pagare eventuali danni. Il turismo venatorio potrebbe risultare un'ottima idea di sostentamento per i parchi e quelle zone, dove molto spesso si assiste a una cattiva gestione di ungulati, evitando inutile morie di animali da epidemie.
Se gli ungulati fossero gestiti come una risorsa si eviterebbe di vedere altri esempi di mala gestione, come i cervi nella mia zona. Ultimamente si vedono cervi deboli, con palchi scarsi, una riduzione media del peso di 10-15 kg sotto la norma per quest'animale, un numero esiguo di maschi maturi per la riproduzione, con conseguenti periodi d'amore più lunghi e stancanti, calori e monte, e di conseguenza, nascite ritardate. In più si vedono piani di abbattimento dove è previsto il prelievo di un numero esagerato di soggetti rientranti nelle classi riproduttrici, che evidenziano come gli ungulati vengano gestiti come un problema.
Noi cacciatori dovremmo essere un po' meno egoisti e pensare anche a coloro che verranno dopo di noi, pretendendo che gli ungulati vengano gestiti al meglio e dimostrando la grande utilità che può avere l'attività venatoria. Inoltre con un click possiamo essere collegati al mondo, quindi usiamo questa possibilità per informarci, scambiarci idee e prendere consigli su come gestire nel migliore dei modi una risorsa come possono essere gli ungulati.
Capitolo cinghiale. Il problema si risolverà quando i cacciatori capiranno che non esistono forme di caccia di serie A e di serie B. Ognuno è libero di cacciare come meglio gli piace, purché fatto nel rispetto delle norme vigenti. La caccia deve essere usata come gestione degli ungulati, praticata con passione e soprattutto rispetto. Cacciare non è solo riempire il carniere. Una volta compreso questo, si può capire quanto duro lavoro ci mette chi si dedica alla braccata, per preparare, selezionare una muta di cani corretta e dall'altra parte si può rispettare chi preferisce la tranquillità dell'altana per insidiare il cinghiale. I due tipi di caccia possono essere utilizzati per gestire al meglio la risorsa cinghiale, magari affidando i luoghi più impenetrabili ai battitori e le zone più tranquille e a ridosso delle zone più antropizzate ai selettori. Ma ripeto ci deve essere al primo posto il rispetto tra i cacciatori, se continuiamo a pensare che uno sia meglio dell'altro non si andrà da nessuna parte. |