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Editoriale

UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA


lunedì 17 luglio 2017
    

Paolo Viezzi Leggo un recente intervento sulla caccia della Consigliera regionale del Friuli Venezia Giulia Del Zovo del M5S, le sue lezioni di morale, i tanti commenti volgari dei suoi sostenitori e mi viene in mente la prospettiva della vittima alla quale non importa nulla di chi sia il suo carnefice, se cacciatore o dolce gattino.

Hemingway si dissetò di caccia raccontando le sue emozioni fino a raccogliere il premio Nobel e nessuno pensò di definirlo di pessimo gusto; Faulkner impresse l’immagine della caccia negli occhi di un bambino di tredici anni e con lui raccolse il premio Nobel. Nessuno ebbe l’ardire di apostrofarlo “ignobile e vergognoso”. Rigoni Stern, compianto da tutti, intellettuali, politici, giornalisti scrisse quasi soltanto di caccia e nessuno ebbe mai il coraggio di scolpire la sua storia come “cosa grave e brutta”. Mocchiutti, straordinario pittore del novecento accompagnò suo nonno “bracconiere” nelle notti e nei campi friulani e lì plasmò la sua sensibilità e la sua arte con le precise forme delle civette, delle lepri, dei fucili e dei colpi nello scuro. Nessuno ha mai creduto che le sue opere dovessero essere bruciate nei roghi dell’inquisizione del terzo millennio.

Gli uccellatori come i pescatori, i cacciatori, gli agricoltori, gli allevatori e gli uomini legati alla terra, hanno tutti in comune, unitamente alla consapevolezza delle proprie passioni, il bisogno della natura e la necessità imprescindibile di preservare il territorio perché dello stesso sono i primi ed autentici fruitori. Negli ultimi anni, purtroppo hanno anche in comune le difficoltà per una società stravolta, una società dove il tempo non si conta più con la cadenza delle stagioni ma con le aperture di borsa ed i suoi listini, in cui gli odori non sono più quelli dei campi, ma quelli che si acquistano in profumeria, in cui la terra non è più quella madre che ci nutre ma ciò che sporca le strade e le mani.

L’ambiente, il territorio e la fauna non sono più elementi del reale contesto in cui si vive, bensì l’astratta immagine di un dogma con il quale riempire il contenitore di un’apparente coscienza ambientale.

Si è giunti all’assurdo per cui picchiare un cane si fa comportamento gravissimo (delitto) punibile non diversamente che se fosse stato picchiato un uomo, ma proprio quello stesso cane non può frequentare una spiaggia o entrare in un ristorante, perché i suoi escrementi, nel primo caso o il suo odore nel secondo, sono quelli di una bestia intutelabile e sgradita.

La cultura contadina, il vivere paesano, così come l’uccellagione, la pesca, l’agricoltura, gli animali e la terra sono componenti, nel loro essere reale, sempre più distanti dalla “società consumistica” e sempre più distorte nella ricostruzione iconoclastica dell’immaginario collettivo.

Il pollo non è ciò che vive e razzola nelle aie, bensì quel prodotto rosa incelofanato che si trova nelle scansie di un negozio di passeggio. E’ così che il cane non è più un animale che abbaia ed uccide le prede nel rimando genetico della volpe e del lupo, bensì il suo simulacro, quello che assume, -nella più folle delle rappresentazioni - languidi interroganti occhi di bimbo.

L’uccellatore non è più colui che conscio ed insieme partecipe di quel dramma che è la vita e la morte (che peraltro riguarda ogni specie ogni giorno) insegue una propria emozione complessa ma naturale ed antica, bensì un deplorevole cittadino che con prepotenza si appropria del patrimonio pubblico e per sollazzo cattura ed uccide tutto ciò che si muove.

In questo disordine culturale, chiunque abbia un pensiero, dal più sciocco al più intelligente, ha spazio mediatico per esprimerlo senza alcun pudure e quel che è peggio senza che nessuno, giornalista o lettore, si scandalizzi di quanto viene scritto o mostrato.

Ricordo anni fa una manifestazione di ambientalisti che mi ha colpito in modo particolare per un cartello sul quale c’era scritto “cacciatori sparatevi fra di voi”, e quel cartello mi ha fatto tornare alla memoria una frase detta da un signora di Pordenone intervenuta telefonicamente ad una trasmissione di Telefriuli che rivolgendosi al sottoscritto disse “le auguro di poter sparare ai suoi figli” e quella frase mi ha ricordato le azioni delittuose di alcuni personaggi disturbati che hanno messo a fuoco e ripetutamente danneggiato un ristorante responsabile solo di chiamarsi “al cacciatore” e quelle azioni mi hanno ricordato altre vicende ed altri reati.

Non si scopre certo ora che la nostra società sta subendo una deriva pericolosa, nella quale l’educazione, la cultura e la sensibilità lasciano sempre più di frequente il passo al rancore, alla violenza, alla demagogia populista ed alla profonda ignoranza, ma devo osservare che nei confronti della caccia, o meglio nei confronti degli uomini che praticano la caccia, sempre meno sono le persone che cercano di costruire degli argini di normalità.

Il valore della vita di un animale è nell’immaginario collettivo un valore più grande della vita di un uomo al punto da rivendicare la sopravvivenza di un capriolo augurando la morte di un individuo.

Qualcuno potrebbe opinare che i casi appena citati siano estremi gesti che non rappresentano la voce ambientalista o (Grillina) quella della società civile, ma allora, se così fosse, perché  nessuno li ha stigmatizzati, condannati ed espulsi dalla scena pubblica? Perché tutti i giornali hanno consentito che quelle immagini e quelle frasi fossero ripetutamente esposte ed impresse nell’immaginario collettivo ?
Nessuno si è scandalizzato, nessuno si è sentito offeso e nessuno si è sentito violato nella sua sensibilità.

Che pochi, poi, ricordino che la caccia è stata la vita di personaggi riconosciuti univocalmente come straordinari oltre che patrimonio dell’umanità è cosa evidente ed in fondo ineluttabile, data la trascuratezza culturale nella quale sta cadendo la società; che poche persone abbiano mantenuto capacità critica ed equilibrio nell’affrontare le vicende che accadono è cosa ancora più evidente; ma che nel pensare diffuso si sia giunti a sostenere con favore azioni rilevanti da un punto di vista penale e quindi cariche di evidente disvalore sociale anche da parte di soggetti investiti di cariche pubbliche, è deriva assolutamente intollerabile.

Bisogna comprendere e farsi ragione consapevole, da parte di tutti, politici, intellettuali, amministratori o semplici cittadini che il non reagire o il mantenere indifferenza di fronte a tanta assurdità, anche se si discute di un argomento all’apparenza marginale come la caccia, significa consentire l’apertura di una ferita indelebile nello scudo sociale rappresentato dai valori fondanti il vivere democratico, civile e culturale del nostro paese.

Quella ferita oggi è talmente viva e sanguinolenta da consentire ad un autorevole esponente invitato in una trasmissione televisiva a diffusione nazionale, di affermare, senza pudore alcuno e nell’insensibilità generale (colloquiando di uno dei tanti conflitti esistenti nel mondo) che “il numero dei morti non è e non è mai stato un argomento politico”.

Ora se è questo ciò che noi cacciatori dobbiamo affrontare, se è questo odio, questa stupidità e questa irrazionalità (in fondo pericolosa per tutti) il nostro attuale contraddittore sociale, allora abbiamo il dovere di scandalizzarci, abbiamo il dovere civico di difendere la nostra passione e di difendere il nostro modo di viverla poiché è anche uno dei modi possibile che abbiamo per difendere i valori fondanti del vivere democratico, civile e culturale del nostro paese.

Paolo Viezzi

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29 commenti finora...

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Big e Colchico e Vecchio Cedro state sognando. Non basta copiare per diventare come loro. Altrimenti sarebbe facile: basterebbe adottare la legislazione del Canton Ticino (senza tradurla...) e l'Italia diventerebbe la Svizzera...

da S4 23/07/2017 8.14

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Concordo con quanto ben descritto da Colchico e big. E allora cambiamo!!! Resistenza al cambiamento? Dalla ignoranza dei cacciatori, dagli interessi particolari delle aa vv, dalla politica di basso livello.

da Vecchio cedro 21/07/2017 17.12

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

La societa' e' alla deriva che sssi'',una societa che erige un monumento ad un certo delinquente giuliani che voleva fracassare la testa ad un giovane carabiniere e che indaga e vuole far passare per assassino chi sie' solamente e giustamente difeso,lo credo bene che siamo alla deriva.

da LINO muSSO 21/07/2017 16.44

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Di solito è vero che la caccia privata è meglio gestita. Ma anche la caccia sociale, scaturita dall'evolversi dei regimi comunsiti dell'est europa, non è tanto male. Resta il fatto, che ovunque, tranne che in Italia, la caccia è vissuta e gestita come attività a prevalenza economica. Il che vuol dire che, quale che sia il sistema, è considerata una risorsa, in sintonia col mondo rurale. Poi, a seconda del paese e della cultura, è più o meno elitaria, è più o meno esclusiva. In Italia, che la caccia sia un'attività dai risvolti economico-commerciali lo sanno solo i cacciatori, che spesso ci lucrano all'italiana. Prima con la migratoria (ma restano ancora sacche di commercio di vario genere in quasi tutte le regioni, dalle valli venete alle torderie pugliesi e calabresi, ai capanni ai colombi della maremma), oggi con gli ungulati, che alla chetichella risolvono l'approvigionamento di carne (e di portafoglio) di molte famiglie (di cinghialai ma anche e soprattutto di selettori). Dei supermarket dei supermarket dei fagiani non parlo.

da Colchico 21/07/2017 15.36

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

la caccia privata è sicuramente meglio gestita e seguita. Il modello Alto Adige ( non trentino) è un sistema che si tramanda da generazioni non esiste silenzio venatorio , i calendari sono diversi ma rispettati, se vuoi andare a caccia fai un permesso di due minuti e non ti rompe le scatole nessuno prova in ATC se sei capace . In Spagna compri la concessione di una riserva a vai a caccia tranquillamente ( noi siamo in dieci e ogni anno rinnoviamo) in Inghilterra ( io caccio solo in Scozia) con due bottiglie di vino e un buon inglese risolvi il problema pagando la licenza che differenzia dalla carabina alla canna liscia. In Francia non lo so.

da big 21/07/2017 14.29

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Conosco molto bene molte realtà estere. Anche in italia il modello è molto differenziato:Sud Tirolo molto simile a quello austriaco, Sardegna non hanno neanche gli ATC!!! Comunque volevo evidenziare che in tutta Europa la caccia è strettamente collegata all'economia, mentre da noi la "caccia sociale" è pressochè omologata ad un'attività "sportiva". A mio avviso è questo il problema, difatto che la "gestione venatoria" sia buona o lasciata al caso, come nella maggior parte del territorio, non interessa a nessuno.

da vecchio cedro 21/07/2017 9.45

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Prima di scrivere gravi imprecisioni, sarebbe meglio documentarsi. La caccia in germania è totalmente diversa dalla caccia in Francia, come in Spagna, Inghilterra, ecc. Ogni paese ha le sue regole sedimentate nel tempo. Quelle che più si potrebbero avvicinare alle nostre sono quelle francesi. Con tutti i distinguo del caso. Primo fra tutti che siamo italiani, unici anche nella caccia, e forse non è una considerazione positiva.

da Amen 20/07/2017 18.52

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Chi commenta dovrebbe firmarsi con nome e cognome grazie

da Nicola cicutti 20/07/2017 15.55

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

il frazionato il territorio può essere superato.per per la scarsa cultura (quasi nulla purtroppo)in materia di gestione della fauna e del territorio ci vorrebbero anni, il cacciatore medio italiano e molto lontano dalla cultura del cacciatore medio (ad es. sloveno, non parliamo di altri stati). Comunque anche la sanità "sociale" non esiste in italia. La caccia non può continuare ad essere esercitata sulle proprietà altrui senza coinvolgere i conduttori. Necessario introdurre dinamiche economiche che orientino verso gestioni del territorio compatibili con la fauna selvatica ( e quindi anche con l'uomo!)

da vecchio cedro 20/07/2017 12.57

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Penso che abolire l'842 in Italia per come è frazionato il territorio .e per la scarsa cultura in materia di gestione della fauna e del territorio vedi agricoltori ,decreterebbe la fine definitiVa della caccia sociale .

da stefano 20/07/2017 11.27

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Nella scuola la prima materia da insegnare fin dalla materna è l'educazione civica , questo sarebbe l'inizio per avere una società corretta senza estremismi.Purtroppo i ns. politicanti omuncoli di corte vedute preferiscono seguire l'onda emotiva di movimenti che possano portare qualche voto ma non certo giustizia sociale e questo ci mette nelle condizioni in cui siamo e purtroppo rimarremo per sempre a meno che si faccia della penisola italica una confederazione di almeno tre stati e allora forse potremmo decidere noi da chi farci governare e non dalle varie mafie come purtroppo è oggi.

da bretone 20/07/2017 10.08

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Scusa il ritardo,Salvatore;non mi riferivo alle chiacch.... alle chicche...alle parole sensa senso insomma.

da Pietro 2 19/07/2017 23.26

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

non capsico il tuo post Pietro 2 ( ??? )

da salvatore 19/07/2017 11.53

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Chissa',mi chiedo,se chi non riesce a firmarsi per due volte di seguito in italiano,saprebbe fare qualcosa o sa'ppia cosa fanno Silvano e Mario per la caccia;sicuramente sanno scrivere al contrario di.....

da Pietro 2 19/07/2017 11.20

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

vero Stefano non abbiamo più valori e questo il primo significativo problema nella caccia ma anche nella vita. tutto il resto conta poco , articolo 842, Germania , Francia ma anche Spagna dove cacciano diversamente che da noi

da Salvatore 19/07/2017 10.54

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Lo credo bene che la societa' e' alla deriva con tutti i milioni di procioni che sfilano ai chehhhccha pride

da Antic 19/07/2017 8.52

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Partiamo dalla fine : i valori fondanti del vivere democratico ,civile e culturale del nostro paese. ebbene in italia questi valori stanno inesorabilmente scomparendo .

da stefano 18/07/2017 22.49

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

in Francia ed in Germaniadove non esiste l'art. 842 del cc cacciano molto di più e molto meglio di noi!!!! domandatevi perchè.

da vecchio cedro 18/07/2017 14.32

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Vai MarioP comincia tu.

da Le chiacchere stanno a zero 18/07/2017 14.11

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Silvano ha perfettamente ragione. Quanti di quelli che criticano sono pronti a rimboccarsi le maniche e darsi da fare? Magari il tizio delle chicchere, probabilmente anticaccia?

da MarioP 18/07/2017 13.37

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

la caccia è stata rovinata da NOI che abbiamo dato alle ASS.VEN. troppo "spago" e loro hanno e fanno di tutto x ridurre la caccia se vogliamo riprenderci la nostra "PASSIONE"non facciamo più l'ass.con loro e diamo fiducia ai giovani....

da MARCELLO64 18/07/2017 9.29

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Vai Silvano, comincia a dare il buon esempio

da Le chicchere stanno a zero ! 17/07/2017 20.59

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Viezzi fa un analisi romantica? Forse. Ma certo dice verità. La caccia è cultura. I cacciatori, io per primo, sono cani sciolti a proteggere la loro passione nello specifico; migratoristi, cinghialai, capannisti, stanzialisti e chi più ne ha più ne metta, giù tutti a dividere. Come se la posta in gioco fosse un tordo in più o battere la squadra antagonista del piccolo campanile dove si caccia il cinghiale. Avete mai visto un esercito di 700.000 persone con altrettanti generali? Non vi è possibilità di vincere neppure una battaglia. Unità! Formazione di una nuova classe dirigente giovane e preparata e ce ne sono di donne e uomini che lo sono, di questo e del come farlo dovremmo discutere. Litigare non serve proprio a niente, anzi fa capire la nostra stupità che messa insieme alla mancata comunicazione di chi veramente siamo, ci ha portato fin quì. Viezzi parla di ribellarsi a questo stato di fatto e riprendere la nostra dignità di uomini cacciatori. Ha ragione.

da Silvano 17/07/2017 19.16

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Amen non diciamo eresie, in Germania cacciano in tutta tranquillità così come in Francia dove esistono AAVV non rapaci e che usano i soldi non per i rimborsi spese ai dirigenti. Piuttosto che pagare 500 euro e non andare mai meglio aver perso il referendum

da AAVV ? NO GRAZIE!! 17/07/2017 18.47

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

A certi sciagurati, bisognerebbe ricordare che in Germania (a parte certe storie, peraltro adesso abiurate)la caccia è totalmente privatizzata, tanto che due terzi dei cacciatori tedeschi, se vogliono andare a caccia, devono spostarsi in Ungheria. A Franco, sarebbe opportuno ricordare che Socrate intratteneva ottimi rapporti con i giovanotti e così è successo nel corso della storia che ha formato le nostre culture. Roma compresa, a cui il ...Duce attingeva per dare lustro alla propria (vana)gloria. Mi piacerebbe sapere infine cosa avreste fatto e detto se avessimo perso il referendum. Mio nonno diceva: a far del bene agli ignoranti, ci van dimezzo Cristo e i Santi.

da Amen 17/07/2017 18.31

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Se 500 gattacci grassi riuscissero a sfamare della povera gente affamata ben vengano in salmi'.

da Salmo responsoriale 17/07/2017 17.07

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Grande Franco, sante parole. Comunque tempo al tempo che l'ora del giudizio prima o poi arriva

da Skippy 17/07/2017 15.38

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Bell articolo......da girarsi senza indugio alla Federazione Italiana Delle Conserve.........Sott'Olio !!!!

da Annibale 17/07/2017 10.33

Re:UNA SOCIETÀ ALLA DERIVA

Caro Dottor Viezzi e secondo lei chi doveva far conoscere e difendere la cultura che oggi viene messa in discussione? E perché in altri paesi tipo Germania e Francia non succede? Si dia una risposta...io me la sono già data: chi doveva fare questo ha preferito i rimborsi spese e vivere sugli allori...

da AAVV ? NO GRAZIE! 17/07/2017 10.13