Non lo so, ma alcune vicende di questi giorni mi fanno pensare che sia giunto il momento di recuperare quella posizione nella società che per millenni è stata di diritto della caccia e dei cacciatori.
Mi riferisco prima di tutto alla legittima e commendevole decisione del presidente della Federcaccia Buconi che sostenuto dal suo stato maggiore e dalle tante sollecitazioni della base, ha querelato - per offese all'onorabilità e alla legittimità della caccia e dei cacciatori (un'altra denuncia è stata sporta anche dal presidente di ANLC, Sparvoli) - quella ormai attempata pin-up che ricorda tanto la mitica BB, che si credeva una dea e che purtoppo per lei, poverina, da decenni sul viale del tramonto, dovette anni fa, ormai, arrendersi ai massacri del tempo che inesorabili straziavano il suo corpo. "E dio creò la donna", che la "immortalò" divina, è del '56,, ma l'ultraottantenne passionaria animalista di Saint Tropez ancora sembra non credere al suo specchio.
Velo pietoso a maggior ragione sulla Martani, quella tizia denunciata da Buconi, che priva ahilei di uno straccio di pigmalione, ormai più che quarantenne mette a nudo (casta com'è) la sua anima di "ecosessuale" (ecchevvordì? avrebbe celiato Giggi-er-Bullo/Montesano) della Garbatella (con tutto il rispetto per la Garbatella).
Ma non finisce qui, purtroppo, perchè da tempo si susseguono certi fenomeni di intolleranza nei confronti dei cacciatori, che danno sempre di più l'idea che questa nostra passione sia la fonte delle peggiori nequizie, e noi sappiamo che non è così. Di questi giorni, le cronache ci raccontano di fatti a mio parere inquietanti. Non ultimo una storia, sostenuta da testimonianze impeccabili. Questo succede: a metà di una giornata di caccia, due amici cacciatori, abbiliati con montura d'ordinanza (vestiti da cacciatori, cioè), uno dei due ancora attrezzato di stioppo (troppo lontano da casa per depositarlo in "cassaforte" in tempo), decidono di concedersi una "mangiata di pesce" in un rinomato (così pensano) ristorante della costa pisana (Marina di Pisa, per la precisione, terra di cacciatori), ma appena si affacciano nella sala si sentono apostrofare da un cameriere con un secco "...i cacciatori si mandano a mangiare in pineta". Il diniego di accesso in un esercizio pubblico provoca le educate ma decise reazioni di rito: "Ma guardi che il fucile è in custodia, e poichè non lo posso lasciare in macchina per non essere accusato di "omessa custodia", me lo devo portare appresso". Così si fa, e non c'è alternativa. Mentre appare un vero e proprio sopruso vietare l'accesso a un pubblico esercizio a persone che si comportano secondo la legge. Ma niente da fare, purtroppo: cameriere e (sembra anche) titolare sono irremovibili e i due, per non complicare la vicenda, dai risvolti sempre più imprevedibili, decidono di soprassedere, seppur con tanto amaro in bocca.
Adesso, ditemi voi se non è il caso di fare più di una riflessione su un episodio che rischia di non essere isolato, e che invece paventa il consolidamento di un andazzo tanto odioso quanto pericoloso. A mio modesto parere, occorre prendere coscienza alla svelta delle conseguenze che simili atteggiamenti, sempre più diffusi, possono fare a danno non solo della categoria, ma anche e soprattutto a quel modo di vivere "civile" che ci ha permesso di essere quello che siamo: una società rispettosa dei diritti altrui, garantiti da principi e norme che affondano nella storia.
Non c'è un'unica soluzione da suggerire, ovviamente. Ma di sicuro occorre a mio parere un messaggio condiviso da parte delle centrali venatorie (una buona volta unanimi) affinchè a partire dalle periferie del paese - comuni province, dove la caccia ha ancora forti radici popolari - si sollecitino le diverse autorità (i sindaci in primo luogo, ma anche le molteplici organizzazioni e associazioni di categoria, sindacati, volontariato) per riconfermare l'importanza del ruolo della caccia e dei cacciatori per l'ambiente, per la buona gestione del territorio, per la tutela delle prerogative di ognuno a pretendere rispetto. Uno scatto d'orgoglio, insomma, per rimettere a posto le cose, in un paese che sembra andare sempre più in confusione.
Ci riusciremo stavolta?
Paolo Longo