Eh sì, ormai pare certo, anche per questa stagione, le sole novità che faranno la differenza per la nostra caccia, saranno quelle che ci ha portato la Comunitaria (vedi art. 42). Ovvero, la possibilità di prolungare la stagione fino al 10 di febbraio, per alcune specie di migratori, seguendo tutte le disposizioni, per la verità molto macchinose (e meno male che i nostri governanti dicono da tempo di voler sburocratizzare lo Stato, che invece almeno per quanto riguarda la caccia sembra rimasto ai Borboni), che ci passeranno da Erode (Ispra) a Pilato (Governo) e da Pilato a Erode, in moto perpetuo. Tanto più che all' Ispra (e all' INFS) annaspano ancora nella confusione più cupa, in attesa che la Prestigiacomo si decida a nominare i nuovi vertici. E dai nomi che circolano, pare che si potrebbe cadere dalla padella nella brace.
Della 157 e delle sue strombazzate modifiche, per ora niente di nuovo si sa. E' lì, al Senato, in Commissione ambiente, in attesa che qualcuno si faccia coraggio e decida se andare avanti e (entro l'anno?) passare la patata bollente alla Camera, dove se piove di quel che tuona (vedi Comunitaria) quanto a occhi di riguardo non se ne contano molti. Oppure, accogliendo la proposta delle associazioni venatorie toscane (vedi Big Hunter del 23 aprile 2010), benedetta da una serie di “sacerdoti” bipartisan (primo officiante il Vicepresidente del Senato, Vannino Chiti, secondo officiante Ermete Realacci, autorevole esponente ambientalista alla Camera), rivedere su quelle basi l'articolato (almeno quello non ancora passato al vaglio della commissione) e procedere con un (perchè no?) maxiemendamento agile, essenziale, che porti davvero a compimento quell'improbo lavoro del Sen. Orsi. Fra l'altro, promosso a capogruppo della Commissione ambiente, che vuol dire che la Prestigiacomo avrà lui come interlocutore primario in Senato. Cosa certo non di poco conto.
Di queste proposte, peraltro, dopo una vasta eco mediatica, coperta purtroppo dalla concomitanza dell'approvazione della Comunitaria, poco si è saputo in seguito. C'è da augurarsi che – ove interessasse per dare finalmente corpo agli impegni che gran parte delle forze politiche hanno preso con i cacciatori - chi di dovere (associazioni venatorie, parlamentari, organi di partito) se ne stia facendo carico e ne approfondisca l'analisi verso una rapida e condivisa presentazione e approvazione.
Qualcuno dirà: ma siamo sicuri che poi, aldilà dei principii, queste modifiche siano davvero quelle di cui i cacciatori, ma soprattutto il patrimonio faunistico e ambientale hanno bisogno?
Come sempre, i risultati delle cose degli uomini dipendono....dagli uomini. Ovverosia: se ci sarà impegno, condivisione di idee, lungimiranza, le cose andranno avanti nell'interesse comune e quindi anche nel nostro interesse. Se invece, come spesso accade, prevarranno i particolarismi, i massimalismi, il muro contro muro, il tanto peggio tanto meglio che ha connotato spesso – anche in periodi recenti – il nostro darsi da fare, continueremo a sbraitare, ad accusarci a vicenda, a menare il can per l'aia, lasciando campo a quelle forze a noi contrarie che in questi ultimi mesi l'hanno fatta da padrone. E qui, Brambilla o non Brambilla, l'Arcicaccia di palazzo, piuttosto che quella toscana, può fare la differenza. Nel senso che se Veneziano e la Cenni si svegliano col di dietro alla rovescia, possono fare sicuramente danni.
Riportiamo in ogni caso sulla scena del dibattito le argomentazioni delle associazioni toscane, e vediamo se possono essere utili alla nostra causa e a quella della valorizzazione del patrimonio faunistico anche a fini venatori.
Ecco i punti essenziali (con alcuni commenti [interpretazioni?] in corsivo, con la speranza che possano essere di buon auspicio).
Competenza diretta delle Regioni nella gestione della fauna selvatica e della caccia; togliendola quindi dalle gestione dei ministeri (quello dell'Ambiente in particolare, a cui dovrebbe restare comunque la supervisione dell'elenco delle specie da tutelare), con una sorta di federalismo venatorio, nel rispetto delle direttive comunitarie.
Modifica delle funzioni dell’Ispra (ex Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica), volte a fornire dati scientifici utili alle scelte di gestione; ovvero: più ricerca, oggi paurosamente carente, e niente pareri, troppo spesso di matrice politica e non tecnica.
Riforma del Comitato Tecnico Venatorio, (da diciott'anni latitante e inconcludente, tanto che saarebbe opportuno sollecitarne una puntata speciale a “Chi l'ha visto”), per dare una effettiva governance nazionale alla caccia in stretto raccordo fra Stato e Regioni.
Gestione unitaria di tutto il territorio, come già si dispone nella recente riforma della legge toscana, passata inopinatamente senza intoppi anche al vaglio del Governo, superando il dualismo fra terreno cacciabile e aree vietate alla caccia, che apra un ruolo nuovo per il mondo venatorio, attraverso interventi di prelievo selettivo, fermo restando il divieto di caccia (soluzione che intercetta il consenso anche della Federazione del Parchi). Opportuno comunque riequilibrare il rapporto fra aree protette e territorio di caccia, che in alcune regioni ha raggiunto livelli inaccettabili.
Riorganizzazione dell’accesso agli ATC e della mobilità venatoria, sulla base di criteri di razionalità, per scongiurare regionalismi e municipalismi. Eliminando l’opzione di caccia e governando la modalità giornaliera con criteri e meccanismi ampiamente sperimentati; ovvero: libertà di movimento su tutto il territorio nazionale, pianificata e gestita attraverso una qualche formula di prenotazione. Le statistiche dicono che il paventato e millantato nomadismo venatorio è una tigre di carta, uno spauracchio senza consistenza, a volte utilizzato per nascondere egoismi localistici. (A proposito degli ATC, né Orsi, né altri suoi autorevoli suggeritori hanno mai seriamente proposto di eliminarli).
Recepimento e applicazione delle Direttive Comunitarie, compreso Guida interpretativa della 79/409 e Key Concept, attivando ricerche appropriate tese all’acquisizione di dati scientificamente validati, per adottare un calendario venatorio “elastico”, predisposto per gli aggiornamenti conseguenti all’evoluzione delle evidenze scientifiche; come a dire: la competenza dell'Ispra è inadeguata, il pasticcio della Comunitaria ci penalizza ingiustamente e lo dobbiamo per forza superare, ritornando a soluzioni semplici e chiare, da gestire integrando le carenze della ricerca internazionale con esperienze locali, ben più precise e fondate di quelle mistificatorie dell'Ispra e degli ecologisti con la erre moscia, più abituati ai digiuni (ma anche alle abbuffate), che a farsi vedere impegnati sul territorio.
Obbligo per le Regioni di destinare integralmente al settore i proventi delle tasse regionali e destinazione alle Regioni del 50% delle tasse di concessione governativa, secondo i principi di federalismo fiscale, tenendo conto prioritariamente della ricerca scientifica; ciò in applicazione anche dell’odg approvato alla Camera. In altri termini, poichè tutti i salmi finiscono in gloria, senza soldi si combina poco. Si combina anche meno se questi soldi (nostri) vanno sperperati in mille rivoli e settori che niente hanno a che fare con la caccia e – infine – è l'ora di finirla di finanziare associazioni ambientaliste per progetti e iniziative che hanno come obiettivo quello di mortificare e penalizzare l'attività venatoria. Al limite, con i soldi dei cacciatori, il mondo ambientalista, ma soprattutto il mondo della ricerca, si adoperi per favorire e valorizzare l'impegno dei cacciatori sul territorio. I quali cacciatori, fra l'altro, sono gli unici che trecentosessantacinque giorni l'anno sono lì a garantire l'integrità del patrimonio faunistico e ambientale, secondo criteri consolidati nel tempo dalla spesso dimenticata tradizione rurale, a cui la caccia da sempre si ispira.
Questi gli argomenti. Vi pare che siano degni di attenzione? Proviamo a ragionarci sopra, anche attraverso un dibattito serrato sui nostri blog, e cerchiamo comunque di sensibilizzarvi i nostri rappresentanti, politici e associativi.Già all'epoca, anche il senatore Orsi ebbe a spendere parole di consenso, dichiarandosi disposto a valutarne la praticabilità. Certo è che una soluzione del genere non si può esaurire in Senato e soprattutto deve trovare l'accordo preliminare dei padroni del vapore, ovvero del Governo e delle principali forze politiche, che implicitamente rappresentano non tanto i cacciatori, quanto anche e soprattutto la stragrande maggioranza delle varie componenti della società.
C'è qualcuno che nelle imminenti vacanze estive, sulla scorta di questi enunciati, se la sente di elaborare un succinto articolato, da sollecitare all'attenzione del Parlamento possibilmente alla riapertura dei lavori settembrini?
Se c'è, si dia da fare!
Pietro Conforti