Gli attuali cani da ferma "inglesi" discendono da quei soggetti che alcuni allevatori scozzesi hanno selezionato verso la metà dell''800 (quando l'invenzione della cartuccia a pallini rese possibile sparare ad un uccello in volo), per lo scopo specifico di praticare la caccia vagante alle "grouses".
Tutte le caratteristiche di questi cani sono perciò totalmente funzionali a tale tipo di caccia.
Le "grouses" (come le nostre starne) sono uccelli territoriali che vivono in branchi irregolarmente sparsi in vaste estensioni, che si alimentano e nidificano in terra protetti dalla vegetazione, che amano sostare a lungo nei luoghi di alimentazione, spollinamento e riposo, e che sotto la ferma del cane ricorrono alla difesa passiva dell'immobilità e del mimetismo.
Per questo il cane "creato" per cacciare questo tipo di selvatico ha una cerca veloce e ampia, e procede controvento a testa alta per captare anche da lontano le emanazioni dei selvatici che il vento veicola al di sopra della vegetazione.
La morfologia, lo stile, la tecnica venatoria, il buon carattere di questi casi, hanno esercitato una grande attrazione su cinofili (e quindi anche sugli allevatori), e sono divenuti modelli da imitare, al punto che oggi quasi tutti i cani da ferma cacciano veloci e con la testa ben alta.
In Italia, anche dopo l'estinzione della starna, i cani inglesi sono stati diffusamente utilizzati per ogni tipo di selvatico, ma la loro alta specializzazione sotto molti aspetti rappresenta il loro limite.
La resa venatoria del cane che caccia controvento con la testa alta risulta eccellente sui selvatici che hanno un forte emanazione "reggono" bene la ferma, mentre risulta scadente se i selvatici sono erratici pedinatori o si sottraggono alla ferma di pedina (come la quaglia, il fagiano selvatico e, negli ultimi anni, anche la beccaccia).
In sintesi questo vuol dire che salvo eccezioni essi non sono capaci di mantenere il contatto olfattivo con il selvatico che pedina (cioè con la "guidata").
Questa limitazione non può dipendere dalla potenza dell'olfatto, e penso che vada ricercata nella dinamica dei flussi dell'emanazione dei selvatici, (un tema di grande rilievo che solo il Bonasegale ha trattato, e da par suo!) e dalla tecnica venatoria del cane.
Infatti l'emanazione olfattiva dei selvatici è influenzata sia nella sua intensità che nella sua volatilità da vari fattori (temperatura, umidità, velocità del vento, tipo di vegetazione, e dall'essere il selvatico in sosta o in movimento). Ciò implica che per poter captare le emanazioni olfattive dei selvatici in tutte le loro variazioni anche la tecnica venatoria del cane vi si deve adeguare di volta in volta mentre invece la cerca veloce e a testa alta è ormai uno standard rigido perchè fissato geneticamente.
Tutti i cacciatori sanno che se i selvatici stanno fermi a lungo in un certo posto e se la ventilazione e le altre variabili sono appropriate, un buon cane cacciando controvento a testa alta percepisce l'emanazione già a 30/40 metri dal selvatico.
Viceversa, se il selvatico è in movimento rapido, o se si sottrae di piede alla ferma, anche in buone condizioni di vento il cane che caccia a testa alta non riesce a captare l'emanazione di questi selvatici (come non riesce a individuare una preda abbattuta o ferita, sulla quale passa e ripassa senza avvertirla).
In sostanza galoppare controvento con la testa alta consente al cane di percepire in modo ottimale le emanazioni portate dal vento al di sopra della vegetazione, ma per essere veicolate dal vento le particelle odorose devono aver saturato l'aria circostante fino ad una giusta concentrazione, raggiungibile solo se gli animali restano fermi abbastanza a lungo nello stesso posto.
Viceversa, se il selvatico è in movimento rapido o si sottrae di piede alla ferma del cane, l'emanazione che lascia al suo passaggio è labile, incerta resta precariamente attaccata ai fili d'erba, si dissolve rapidamente e non raggiunge la concentrazione necessaria per essere trasportata in alto dal vento.
Questo spiega perché il cane che caccia veloce a testa alta non riesce a captare questo tipo di emanazione, che solo un cane che caccia lentamente e con il naso a terra (come fanno i segugi) può riuscire a fare.
In conclusione il movimento del cane veloce e a testa alta appaga un'esigenza (diffusa) di estetismo cinofilo, ma penalizza la resa venatoria perché rende difficile la "guidata".
Forse è ora che gli allevatori cerchino di creare cani capaci di adeguare con flessibilità la loro tecnica venatoria alle circostanze contingenti (cosa oggettivamente non facile ma neppure impossibile).
Enrico Fenoaltea
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