Il Professor Franco Nobile, oncologo di fama internazionale, chiarisce i vantaggi del consumo alimentare della selvaggina.
Per una vecchia e sbrigativa consuetudine la selvaggina è ritenuta una “carne pesante”, cioè difficile a digerirsi perché sarebbe troppo ricca di grassi.
Invece la carne degli animali selvatici possiede certe doti nutrizionali che ne fanno un alimento sano, ricco di proteine e soprattutto molto magre.
Infatti il contenuto in grassi della selvaggina si aggira mediamente tra il due e il quattro per cento, ben al di sotto del tasso del 30-40% dei salumi, della carne di manzo e di montone, delle uova e e di diversi formaggi.
Come apporto calorico, le carni selvatiche sono più vicine al pesce che alle carni della zootecniche.
Occorre considerare che gli animali selvatici, sia uccelli che mammiferi, fanno molto più movimento dei loro cugini domestici, allevati intensivamente. Vedi i paragoni tra cinghiale e maiale, tra lepre e coniglio domestico, tra colombacci e piccioni e così via.
La veloce corsa di un ungulato e le migliaia di chilometri percorsi dai migratori alati richiedono apparati muscolari (cioè carni) ben sviluppati, ben ossigenati, e non appesantiti dal grasso.
La loro denominazione di “carni rosse” è dovuta alla loro ricchezza in ferro, cioè di un elemento indispensabile per legare l’ossigeno, elemento essenziale al movimento. Una trota di torrente contiene più ferro di quelle allevate in vasca e l’agile cervo, possiede sei volte più ferro di un pollo e quindi ha più proprietà antianemiche.
Inoltre le carni selvatiche offrono maggiori garanzie per una alimentazione naturale rispetto all’incontrollabile giungla dei mangimi artificiali: dai cascami dell’industria farmaceutica ai cocktail ormonali, dai sofisticati composti chimici di sintesi al riciclaggio dei più antigienici rifiuti organici e inorganici, fino ai macinati a rischio trasmissione dei prioni della mucca pazza.
L’odierna offerta alimentare negli allevamenti a scopo alimentare carneo è talmente spregiudicata, in quanto esclusivamente finalizzata al profitto, da trasformare dei tranquilli vegetariani in aggressivi carnivori. in esasperati dalla cattività. Per non parlare delle manipolazioni genetiche escogitate per incrementarne la produttività, con posssibili ripercussioni negative per la salute del prossimo.
La fauna selvatica, è abbastanza al riparo degli attentati biologici perpetrati ai danni di quella domestica. E’ un po’ meno al riparo dalle troppe cause di nocività ambientale connesse alla crescente antropizzazione: inquinamenti batterici, intossicazioni chimiche, contaminazioni radioattive.
Tra il paradiso naturale dei selvatici e l’inferno artificiale dei domestici, c’è il purgatorio di quelle specie animali il cui destino è ancora in evoluzione (o in involuzione?) nel senso che pur essendo state ridotte dell’uomo in stato di cattività, conservano ancora inalterate le loro originarie caratteristiche biologiche.
Emblematico a questo proposito è il caso dello struzzo, la cui principale difesa dagli attentati dell’uomo-allevatore è quella di nutrirsi con alimenti vegetali semplici ed energeticamente poveri come il fieno e l’erba medica e di vivere all’interno di vasti recinti all’aria aperta: cioè in condizioni di benessere animale superiore a quello della zootecnia intensiva tradizionale, altamente inquinante.
La carne di questo grosso uccello è povera di colesterolo e ricca di ferro, con un tasso di grassi inferiore all’uno per cento, rappresentato dai preziosi acidi grassi omega-3 (gli stessi del pesce azzurro) in percentuale ottanta volte superiore alla carne di pollo. Gli omega 3 sono preziosi perché prevengono i tumori, l’arteriosclerosi e l’ipertensione. Negli USA viene somministrata ai pazienti prima e dopo gli interventi di cardiochirurgia, perché anche il cuore è un muscolo.
Ma anche la carne di struzzo si sta affermando sulle nostre tavole, e viene consigliata dai dietologi più aggiornati, restano invece le difficoltà connesse alla distribuzione al dettaglio della selvaggina in genere, disponibile solo fra i cacciatori e i loro amici.
Dopo l’iniziale sviluppo della cosiddetta zootecnia alternativa di qualche decennio fa, quando l’allevamento di fauna selvatica rappresentava un reddito integrativo per i terreni marginali, l’apporto alimentare di carni selvatiche sui nostri mercati si è andato sempre più affievolendo, ad eccezione forse per i prodotti di lavorazione del cinghiale.
Sulla scia invece dell’accresciuto consumo di cinghiale fresco, conseguente ad un approvvigionamento venatorio largamente diffuso in tutte le regioni italiane nonché all’affermarsi dei vari tipi di caccia agli altri ungulati selvatici (dalla caccia di selezione al all’agriturismo venatorio fino alle importate “monterias”) occorrerebbe che le pubbliche amministrazioni prendessero in maggiore considerazione questo interessante capitolo di sviluppo economico, fino ad oggi purtroppo trascurato per cronica impreparazione culturale e per sterili settarismi ideologici
Per ottenere un costante approvvigionamento di carni provviste di maggior valore nutrizionale, non bisogna però allevare intensivamente la fauna selvatica come avviene per quella domestica. Infatti se desideriamo mantenerne inalterate le sue preziose caratteristiche occorre promuovere gli allevamenti estensivi allo stato semi-libero, in modo che i selvatici possano continuare a muoversi nei loro habitat naturali senza costrizioni eccessive e invalidanti.
Nell’attesa che si consolidi un’esperienza imprenditoriale al riguardo, potremmo intanto cominciare a valorizzare concretamente quella più volte sbandierata funzione socio-economica delle aree protette, aumentando la loro produttività in risorse faunistiche. Anziché stipendiare personale apposito, la manodopera esperta e competente dei cacciatori, potrebbe gratuitamente effettuare i prelievi finalizzati oltre che ad una razionale gestione faunistica, anche alla tutela della nostra salute, senza alcun appesantimento dei costi per i consumatori e con consistenti vantaggi per la traballante bilancia dei pagamenti riguardante l’importazione carnea.
Si ringraziano vivamente le dottoresse EMILIA CARNOVALE ed EMANUELA CAMILLI dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma per la cortese consulenza scientifica.
Dott. Franco Nobile
(Medico Oncologo e Presidente nazionale Uncc - Unione Cinghialai)
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Franco Nobile Amico di BigHunter