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EditorialeITALIA TERRA DI SANTI, POETI... SAGGI..... lunedì 29 aprile 2013 | | E' ormai detto comune che noi italiani siamo un popolo di santi, poeti e navigatori. Aggiungerei, che a furor di popolo siamo anche tutti allenatori della nazionale, capi di partito, aspiranti alle massime cariche dello stato (“se ci fossi io...”, “io farei...”, “io direi...”). Tant'è vero che oggi, leggendo il precipitato letterario dei dieci saggi nominati l'altro mese da Napolitano - riconfermato al Colle per evidente inettitudine di una classe politica dedita più alla rissa che alla virtù civili - sfido chiunque a non riconoscersi nei vari paragrafi della summa della saggezza, necessari a tirar fuori dalle secche questo nostro paese sbrindellato.
Quindi, se la buonanima tornasse in vita, sarebbe costretto a emendare la sua celebre frase, aggiungendovi anche l'appellativo: saggi. Non c'è che dire. E infatti l'hanno detto, giulivi, anche questi illustri uomini, appena consegnate le loro fatiche al vecchio Giorgio: basta appartarsi tranquilli, riflettere un po', e le soluzioni si trovano. Insieme. Peccato però, che questi signori, chi più chi meno, siano stati i protagonisti (o suggeritori dei protagonisti) di chi regge le nostre sorti da almeno vent'anni.
Boh. Certo è che se i nostri nuovi reggenti – aldilà delle sigle: larghe intese, scopo, inciucio... - appena ricevuto l'incarico di operare per il bene della nazione applicassero alla svelta le massime espresse in questa scarno elenco di obiettivi, saggiamente suddiviso in due parti, molti dei nostri guai li potremmo dare presto per risolti. Ma sarà cosi? Speriamo!
Proviamo comunque per un attimo a credere nella buona volontà di chi ci guida, e a immaginare – lasciando stare i massimi sistemi – se fra questi “consigli” c'è qualcosa che ci possa riguardare come...cacciatori.
Nella prima parte, quella economica, non è male soffermarsi sugli aspetti che riguardano il mondo della ricerca. Quel mondo, a cui ci si appella – lasciatemelo dire – soprattutto quando non si ha la forza di sostenere una posizione politica a tutela di legittime aspirazioni di una categoria. Bene. Intanto, nel documento si riconosce che il sistema pubblico della ricerca va potenziato. Il che significa che ne ha bisogno. E noi, che abbiamo a che fare con la gestione quotidiana del patrimonio faunistico, lo sappiamo benissimo. Sistema, si legge, la cui efficacia ed efficienza appaiono limitate da un insieme di regole che mal si adattano a disciplinarne le attività. Con l'aggravante di un personale che invecchia rapidamente e che è poco propenso all'innovazione.
Tant'è vero - suggeriscono i “saggi” - che sarebbero necessarii un maggiore turn-over e una maggiore flessibilità, favorendo la mobilità fra enti e strutture, che è il segreto per far prendere aria ai cervelli e accelerare la trasmissione di informazioni. Tutte cose che, oggi, ovviamente non succedono, stando il persistere delle baronie, l'inconsistenza della produzione scientifica, lo sfruttamento delle rendite di posizione orientate soprattutto all'abuso del piccolo potere di ognuno dei soggetti che deve rilasciare un documento su cui è obbligatorio apporre una firma “autorevole”.
La costituzione – scrive pertanto il gruppo di lavoro del Quirinale - di un “sistema di ricerca nazionale”, che integrasse il lavoro fra università, enti e istituti, porterebbe grandi vantaggi, sia economici, sia sociali, a tutti, ai cittadini, alla pubblica amministrazione, alle imprese.
Se ne avvantaggerebbero anche il patrimonio naturale, l'ambiente, il territorio. Per i quali, gli uomini di Napolitano suggeriscono – fra l'altro - una maggiore attenzione alla green economy, per razionalizzare il consumo energetico, ridurre lo sperpero e l'inquinamento delle acque, contenere l'esagerato “consumo “ del suolo, valorizzare le aree agricole, anche per evitare i molteplici eventi disastrosi che ogni anno portano lutti e miseria in larghe fasce della popolazione. E danni economici ingenti.
Questi sono i problemi, non la caccia, a cui gli strabici ambientalisti nostrani ( e chi li sostiene) avrebbero dovuto porre attenzione.
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Altrettanto interessanti, senza dubbio, appaiono alcuni aspetti che si riscontrano nella parte prodotta dal gruppo di lavoro sui temi istituzionali.
In materia di referendum abrogativo, ad esempio, si suggerisce di elevare il numero delle firme necessarie in relazione all'aumento della popolazione; definire più precisamente i requisiti di ammissibilità anche per fronteggiare il ricorso esasperato alla “tecnica del ritaglio”; definire il quorum (50%+1) calcolandolo in relazione al numero dei votanti alla più recente elezione della Camera dei Deputati. Cose che eviterebbero il ricorso a questo importante strumento di democrazia per argomenti futili da parte di piccoli gruppi organizzati che cercano soprattutto visibilità. Spesso strumentalizzati dai cosiddetti poteri forti, per distrarre l'attenzione dai reali problemi della società.
Che l'apparato della cosa pubblica, nel suo livello amministrativo (organismo elettivi) e burocratico (dirigenti, funzionari, uffici, segreterie, autisti, scorte ecc), sia inefficiente e costoso lo sanno tutti. Come tutti sanno che poco chiare sono le attribuzioni di competenze fra i diversi enti, e far gli enti locali e il governo centrale. Ben vengano quindi i suggerimenti di accorpare, snellire, semplificare, rendere più chiaro e trasparente il sistema. Per quello che ci riguarda come cacciatori, leggiamo con piacere che l'art. 117 della Costituzione (materie di esclusiva competenza dello Stato e di competenza concorrente) andrebbe rivisto, per limitare l'uso da parte del potere centrale delle cosiddette competenze trasversali.
Che, come purtroppo constatiamo ormai da un decennio, creano pesanti contenziosi, amministrativi e giudiziari, forieri di onerosi e a volte disgustosi conflitti, fra regioni (che hanno competenza in materia di caccia) e Ministero dell'ambiente, che ha competenza in materia di tutela della fauna. Col grave effetto di uno strabordante potere dell'ente scientifico di riferimento (non più ente terzo, ma dipendente dal suddetto ministero e dagli agguerriti manipoli animal-ambientalisti che vi si annidano), che agisce come braccio armato della politica, quando alla politica stessa non si sostituisce del tutto. Come succede ordinariamente in Italia, dove spesso gli eletti, esaurito il turno, tornano al loro originario ufficio, con incarichi di dirigenti o funzionari di questo o quell'altro scranno funzionale. Ovvero, burocrati prestatisi alla politica, ritornati poii burocrati senza spostarsi di un centimetro dalla stessa poltrona, prima, durante e dopo.
Tutto questo succede, in attesa che una nuova e più determinata classe dirigente possa dare una rotta certa a questa vecchia carretta piena di buchi del nostro beneamato paese, che naviga a vista in un mare sempre più in tempesta.
Riusciremo mai a vedere applicata un'idea partorita da una “commissione” di... saggi?
Un vecchio amico era solito dire: se non sai (o se non vuoi) prendere una decisione, nomina una...commissione.
Che dio ce la mandi buona. E un governo che governi saggiamente.
Agostino Lari
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