All'indomani dall'approvazione da parte del Parlamento Europeo della nuova PAC (Politica Agricola Comune) 2014-2020, è d'obbligo quanto meno un richiamo affinchè i nostri dirigenti e noi tutti si ponga un minimo d'attenzione ai cosiddetti pilastri su cui si basa, avendo come riferimento tutto ciò che riguarda la salvaguardia del territorio, la tutela della fauna selvatica e, perchè no, i vari dettagli che possono sostenere e favorire la nostra attività. Anche solo per evitare quello che è successo con le vecchie disposizioni comunitarie, che hanno visto attingere ai fondi soprattutto le associazioni ambientaliste, nell'assenza inquietante del nostro mondo. Perchè proprio di questo si tratta. Nel bilancio comunitario che sostiene la politica agricola, oggi più che mai ci sono interi capitoli che finanziano attività collegate al benessere del territorio e a favore della biodiversità che in esso, malgrado tutto, sussiste. Il 30% di questi fondi che saranno erogati agli stati membri. L'agricoltura italiana potrà contare complessivamente su più di 33 miliardi di euro.
Una PAC più verde, cita l'UE, dove “tutti gli Stati membri , tutte le aree rurali e tutti gli agricoltori adotteranno misure collaudate semplici per promuovere la sostenibilità e combattere il cambiamento climatico. Tra il 2014 e il 2020 , oltre 100 miliardi di euro saranno investiti in Europa per aiutare l'agricoltura ad affrontare le sfide della qualità del suolo e dell'acqua, la biodiversità e il cambiamento climatico“. Attraverso tre misure principali. La prima, che prevede che il 30 % dei pagamenti diretti sia collegato a tre pratiche agricole ecologiche (“greening”) : diversificazione delle colture, mantenimento di pascoli permanenti, conservazione del 5%, e più tardi del 7 %, di aree di interesse ecologico a partire dal 2018 o provvedimenti che apportino almeno benefici ambientali equivalenti. La seconda, che comporta che almeno il 30 % del bilancio dei programmi di sviluppo rurale debba essere assegnato a provvedimenti agro-ambientali, a supporto per l'agricoltura, o a progetti legati agli investimenti ecocompatibili, o all'adozione di soluzioni innovative. La terza, abbinata al sostegno di soluzioni agroambientali. Tutto questo, al fine di raggiungere più elevati obiettivi di protezione ambientale.
Dal 2014 al 2020, gli Stati membri e le Regioni avranno anche la possibilità di progettare sottoprogrammi tematici riguardo ai giovani agricoltori, alle piccole aziende agricole, alle zone di montagna, alle donne nelle zone rurali, alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla biodiversità e alle filiere corte. Argomenti più a dimensione italiana, e più vicini alle nostre aspettative di cacciatori interessati al patrimonio naturale.
E' con i giovani agricoltori soprattutto che dovremo collegarci. Più sensibili, più dinamici, certamente più disposti ad acquisire elementi innovativi, in un territorio che in gran parte (l'Appennino soprattutto) mal si presta ad un'agricoltura di rapina, e che fino ad oggi ha subito degrado, abbandono, anche per l'insipienza di una certa classe politica che si è fatta cullare in un ambientalismo di maniera, i cui disastri sono sotto gli occhi di tutti.
D'altra parte, sotto questo aspetto anche in casa nostra non è che si sia brillato granché. Se, anche recentemente, i massimi rappresentanti del nostro mondo non si sono sottratti all'autocritica, promettendo più lungimiranza soprattutto quando, confermando la consunzione definitiva della 157, dicono che bisogna ripartire dal governo del territorio, che i miglioramenti ambientali (ripristino degli equilibri e controllo delle specie problematiche compresi) vanno nella direzione giusta sia per l'attività di caccia sia per la società in generale.
Anche alla luce di queste nuove politiche comunitarie, è il momento di superare gli schieramenti contrapposti, proporsi per una intelligente collaborazione fra cacciatori, agricoltori, ambientalisti seri - rara avis, quello si - che hanno veramente a cuore il futuro del paese, e corpi sociali. Intervendo su tutti, anche con una comunicazione più appropriata. Iniziative che prendano a spunto gli obiettivi greenig della PAC saranno un elemento di sicura efficacia. Se, come abbiamo letto anche in questi giorni, prima di approdare a una comunicazione urbi et orbi, occorre ancora soffermarci sul soggetto comunicatore (il nostro mondo di cacciatori), meglio occasione non c'è. Mancano gli operativi? Non abbiamo personale adeguato? Dobbiamo formarlo? Facciamolo alla svelta, la strada intrapresa verso l'unità, seppur tardiva, è una chance unica. Miope chi ancora pone ostacoli.
Vito Rubini