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Editoriale

La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano


lunedì 1 giugno 2009
    

Claudio NutiHo conosciuto la caccia con mio padre, che purtroppo non è mai stato per me un gran maestro di arte venatoria: ingegnere e dirigente dell’ufficio tecnico di un comune della provincia fiorentina mi portava con sé quando veniva invitato “in riserva”. Talvolta andavamo al capanno o al passo con un suo collega, economo del comune, che aveva un nutrito numero di gabbie e un bel pointer. 

La superficiale passione di mio padre trovò però in me un terreno talmente fertile che iniziai con insistenza a cercare di smuovere la sua pigrizia, perché approfittasse di tutte le occasioni che gli si presentavano per portarmi a caccia. Lo convinsi con richieste martellanti ad acquistarmi una carabina Diana con la quale insidiavo piccioni e passerotti nel giardino di casa.  Preso il porto d’armi appena consentito dall’età (erano quelli i primi anni in cui veniva richiesto l’esame per l’abilitazione) l’ho sempre regolarmente rinnovato. Il mio primo fucile è stato un monocanna del 24, poi è arrivato un sovrapposto Beretta lungamente agognato ed i primi cani. Dopo che mio padre, per motivi di salute, fu costretto ad affidarmi la sua vecchia doppietta belga, negli ultimi anni del liceo e in quelli dell’università mi sono dedicato esclusivamente alla caccia con il cane da ferma.  

Il mio rapporto con la caccia non ha tuttavia avuto sempre la medesima intensità. Una seconda nuova passione per lunghi anni ha occupato gran parte del mio tempo libero: la caccia subacquea in apnea, attività dura e bellissima che vede l’uomo confrontarsi con la preda in un ambiente che gli impone drastiche limitazioni. Nella quale sono essenziali l’allenamento, la tecnica, l’astuzia, la conoscenza del mare e dei suoi abitanti ed una stoica sopportazione della fatica. Sarà per questo che quando, una volta trascorsi gli anni dell’impegno agonistico, sono tornato ad essere cacciatore di terra a tempo pieno, dopo una breve esperienza da migratorista mi sono procurato un altro setter ed ho cominciato a corrergli dietro per monti e valli alla ricerca di qualche fagiano e di rare beccacce, con tanta fatica e poco carniere, ricercando sistematicamente quei luoghi dove potevo anche rischiare di trascorrere un’intera giornata senza incontrare nessuno. 

In quegli anni mi sono trovato quasi per caso ad essere iscritto ad una squadra di cinghialai dell’Appennino, di quei monti dove scorrazzavo abitualmente con il mio setter. Mi ricordo che il numero delle catture annuali superava di poco i trenta cinghiali, cifra che oggi fa sorridere e mi ricordo anche la noia mortale delle giornate trascorse alla posta. Però quell’esperienza mi ha insegnato ad apprezzare il piacere di osservare nel silenzio un mondo nel quale spesso entriamo come se fossimo ciechi e sordi e mi ha dato la possibilità di conoscere meglio quei caprioli che in precedenza avevo solo intravisto davanti alla inutile rincorsa del mio cane. 

Erano i primi anni novanta e a Firenze si cominciava a sentir parlare di caccia con la carabina e di selezione agli ungulati, cose per me misteriose e nuove. Per farla breve, seguendo i consigli di un amico che aveva già iniziato a praticare questa nuova caccia, finalmente nel 1998 ho avuto in assegnazione il mio primo piano di prelievo di due caprioli ed ho potuto scoprire un mondo che non conoscevo, un modo di praticare l’attività venatoria completamente diverso e appagante, senza stress, senza rincorse per il posto migliore, senza concorrenza con gli altri cacciatori, una caccia fatta di lunghe ore di osservazione attenta e di poche fucilate, nella chiara e per me tranquillizzante consapevolezza di cogliere solo gli interessi di un capitale che viene preservato e conservato integro grazie anche al lavoro dei cacciatori. 

Abitando in campagna da oltre dieci anni in una zona frequentata da molti cacciatori provenienti dai vicini centri abitati, ogni anno seguo in diretta quella che per me è diventata una ridicola farsa: lanci di riproduttori a gennaio, lanci pronta caccia ad agosto, immancabile strage tra settembre e ottobre, deserto a novembre. Ho immediatamente percepito il contrasto stridente che esiste tra questa realtà e la “mia” caccia di selezione. Il tanto vituperato legame del cacciatore al territorio e la necessità della specializzazione sono per me diventati elementi indispensabili per una corretta gestione su basi scientifiche di tutte le specie selvatiche. Mi sono infatti sempre chiesto per quale motivo un appassionato segugista dovrebbe addestrare e mantenere dei cani un anno dopo l’altro per vedere poi cadere le lepri a decine sotto il piombo di qualcuno che nei giorni dell’apertura da solo e senza cane si sciroppa chilometri e chilometri avanti e indietro lungo i filari delle vigne. Per me sarà un gran giorno quello in cui le lepri potranno essere cacciate unicamente dai lepraioli e fagiani e beccacce solo con il cane da ferma, il tutto sulla base di stime della consistenza delle popolazioni animali e di conseguenti piani di prelievo. 

Solo così avrà temine la sceneggiata dei ripopolamenti. Mi rendo conto che per quanto riguarda la migratoria il discorso è in parte diverso, una maggior mobilità può risultare necessaria e più complesso il monitoraggio della consistenza effettiva delle singole specie e l’applicazione dei principi di una gestione conservativa. Tuttavia il problema ce lo dobbiamo porre. Due sono sostanzialmente le condizioni che rendono oggi la caccia una attività sostenibile ed eticamente accettabile: la sintonia con la cultura espressa da un determinato contesto sociale ed un approccio non distruttivo ma conservativo e di valorizzazione delle specie selvatiche. Fatte salve queste premesse non esistono forme di caccia migliori o peggiori di altre se non nei gusti di chi le pratica. 

Invece una parte cospicua del mondo dei cacciatori è arroccata su posizioni nostalgiche, sta aggrappata con le unghie e con i denti ad un passato che non può tornare, inneggia alle tradizioni, anche quelle indifendibili, e pensando che sia arrivato il momento della riscossa, si rende spesso strumento di giochi politici; nel frattempo chi pratica la caccia di selezione gode del proprio splendido isolamento, sentendosi pago dei risultati raggiunti, senza comprendere appieno che è da questo per noi nuovo modo di intendere la caccia che deve prendere avvio la rivoluzione culturale che salverà i cacciatori italiani, migratoristi compresi.

La caccia è dunque giunta ad un bivio. L’età media dei cacciatori cresce inesorabilmente ed il rapporto con il resto della società, con il comune sentire e con una diffusa percezione di quelli che sono i comuni interessi, si fa sempre più labile e talvolta conflittuale. E’ dunque ora più che mai necessario che la forza di idee nuove capaci di trasformare l’esistente trovi gambe su cui camminare.

La caccia deve conquistarsi sul campo l’universale riconoscimento di un nuovo ruolo nel rapporto tra civiltà urbana e mondo rurale, con la creazione e valorizzazione di una nuova identità culturale del cacciatore quale custode della natura e avveduto amministratore delle popolazioni selvatiche, guida e maestro per le nuove generazioni alla conoscenza di un mondo spesso misterioso, divulgatore di un ricco bagaglio di esperienze e conoscenze necessarie per un corretto rapporto con il mondo animale.

Occorre inoltre trovare una via originale per coinvolgere gli agricoltori e gli abitanti delle aree rurali in un nuovo progetto gestionale in cui la caccia possa essere riconosciuta come risorsa e non solo come fonte di disturbo e di danno. Certamente la specificità italiana rende difficile e critico questo rapporto. L’esclusione del diritto di caccia dalla sfera di quelli connessi alla proprietà fondiaria impedisce la quasi automatica affermazione di un sano criterio di gestione faunistica, pur se a fini prevalentemente economici, applicabile alla totalità del territorio utile. La sola risposta efficace risiede nel legame del cacciatore al territorio, già peraltro realtà per la caccia agli ungulati, e nell’individuazione di meccanismi di valorizzazione anche economica dei proventi della caccia che siano di stimolo diretto ad un indotto turistico-gastronomico.

Muovendo poi dal presupposto che la natura è ormai talmente condizionata dalla presenza e dall’intervento umano che l’uomo stesso non può non assumersi la responsabilità di regolarla nell’interesse di tutti gli esseri viventi che la abitano, il cacciatore dovrà appropriarsi un ruolo di grande dignità nell’interesse dell’intera collettività: quello di custode dell’ambiente e di gestore oculato dei necessari equilibri tra le diverse popolazioni animali e tra queste ultime e  le attività umane.

Perché il moderno cacciatore sia in grado di adempiere a questi nuovi compiti è necessario investire, anche da parte delle istituzioni, in corsi di formazione per cacciatori. Occorrono nuove scuole faunistiche che siano diffuse su tutto il territorio nazionale, così da riempire un vuoto che, salvo isolate lodevoli iniziative, affligge l’Italia centro meridionale.
E’ inoltre indispensabile uscire dalla riserva indiana nella quale ci siamo cacciati affrontando un’opera di sensibilizzazione e di corretta informazione sui media, rivolta essenzialmente all’opinione pubblica dei non cacciatori.

Dobbiamo infine recuperare e valorizzare espressioni artistiche, sia nel campo figurativo che in quello musicale oltre che in quello letterario, che hanno da sempre accompagnato l’esercizio della caccia nella preistoria e nella storia della specie umana.
Si parte infatti dalle scene ritratte nei graffiti rupestri e dai canti rituali delle antiche tribù cacciatrici per giungere ai magistrali dipinti dei macchiaioli ed alle composizioni musicali dedicate alla caccia da grandi maestri del diciottesimo e diciannovesimo secolo (Haydn, Rossini), senza dimenticare i canti popolari del trentino o della più vicina maremma. Le arti figurative e la musica, prima ancora della parola scritta, sono stati mezzi con cui si è espressa la cultura di un popolo ed attraverso cui le attività umane, come anche la caccia, sono state rappresentate e sono assurte al ruolo di dramma collettivo.
Muovendo dall’arte e dalla scienza possiamo dimostrare che la caccia ed i cacciatori, oltre che nel passato, hanno oggi nel presente ed avranno nel futuro un ruolo ed un compito insostituibili.

Basta dunque lamentarsi sempre aspettando il salvatore della patria o l’uomo della provvidenza di turno: dobbiamo darci da fare. Non basta andare a caccia per essere un cacciatore del terzo millennio. E’ richiesto un impegno in prima persona da parte di tutti coloro che sono in grado di assolverlo, ma non solo e non tanto un impegno politico-organizzativo di tipo lobbistico e corporativo: un impegno costante nei vari settori della pubblicistica e del giornalismo, della formazione tecnico-scientifica, della cultura e dell’arte legate al mondo della caccia, della ricerca di soluzioni normative che consentano una legittima valorizzazione del prodotto del prelievo venatorio. Senza dimenticare il ruolo determinante dell’esempio e dell’immagine positiva che possono essere trasmessi a cacciatori e non cacciatori applicando con costanza gesti e rituali tratti, pur senza scimmiesche imitazioni, anche da un confronto dialettico con realtà di altri paesi, in modo tale da contribuire a restituire particolare identità e dignità alla dimensione corale all’atto venatorio.

Secondo quella che è e rimane semplicemente una mia opinione, unicamente con un impegno di questo genere, senza bisogno di battere i pugni sul tavolo o lasciarsi travolgere da uno sterile vittimismo e senza la necessità di inventarci nuovi politicanti, potremo un giorno non lontano proporre a buon diritto alle scuole primarie progetti formativi nella veste di divulgatori di conoscenze legate al mondo della natura e della ruralità, in modo tale da stimolare atteggiamenti equilibrati e non ideologici e contrastare finalmente l’ egemonia che in quel settore hanno storicamente le più faziose associazioni ambientaliste.

Claudio Nuti

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20 commenti finora...

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Copio e incollo Occhi puntati sui bilanci della Federcaccia. Secondo alcune indiscrezioni trapelate dagli uffici della procura di Roma, i bilanci degli ultimi 4 anni della Federcaccia sarebbero finiti nel mirino della procura. In particolare, in questi anni in cui il presidente della Federcaccia era Franco Timo e vicepresidente Gianluca Dall'Olio, oggi nuovo presidente della società, sarebbe stato l'incremento sempre più crescente delle spese di rappresentanza a richiamare l'attenzione degli inquirenti; infatti, il loro ammontare per centinaia e migliaia di euro, avrebbe finito con l'incidere pesantemente sui bilanci stessi chiusi in passivo per circa 6 milioni di euro.

da Alessandro Pedrelli 22/06/2009 15.00

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

X ninohunter, per lei promotore di un movimento d'opinione per la caccia,non dovrebbe essere difficile condividere e approfondire le idee del Sig. Nuti, in quanto in un movimento dovrebbero trovar spazio tutti i cacciatori con le loro specificità venatorie e le loro idee organizzative e gestionali per la caccia del futuro. Il dibattito e il confronto democratico, basato essenzialmente sul rispetto reciproco,dovrebbero essere la linfa vitale di un movimento, i cui obiettivi primario devono essere la crescita culturale dei cacciatori e l'unità al fine di rendere credibili le battaglie politiche che dovremo affrontare per sostenere le nostre comuni richieste per una caccia sostenibile e rispettosa dell'ambiente patrimonio di tutti. Saluti

da francesco47 13/06/2009 17.08

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Veniamo alla presunta facilità del tiro. Innanzitutto l'abilità del cacciatore consiste principalmente nella capacità di avvicinarsi il più possibile alla preda e di colpirla con la massima precisione possibile allo scopo di abbreviarne le sofferenze. Quindi è necessario sparare a fermo, salvo casi eccezionali. Pensare che sparare ad un animale in movimento sia più "sportivo" in questo caso mi sembra una stupidaggine. Si rischia solamente di ferirlo e di farlo morire dopo una lunga agonia, oltre che di perderlo. La caccia non può essere considerata uno sport, altrimenti diamo ragione agli animalisti. Ovviamente per la migratoria il discorso è diverso: il tiro a volo è una necessità e l'abilità nel tiro consiste nel colpire in movimento. Ma si tratta di due cose diverse. Quello di cui sono convinto e che anche alle altre cacce dovrebbero essere applicati almeno una parte dei principi cui si rifà la caccia di selezione. Un saluto

da claudio nuti 06/06/2009 22.12

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

x Nino. Vedo che ci sono in giro molti pregiudizi e idee sbagliate sulla caccia di selezione. Innanzitutto non è per pochi, almeno dove gli ungulati sono presenti. Il che vuol dire dalle Alpi alla provincia di Viterbo. Basta frequentare un corso, studiare un po' e dare un esame. Poi non è una caccia che serve a ridurre il numero degli animali dove sono troppi. Quelle sono le operazioni di controllo (vedi parco dello Stelvio) e non sono particolarmente amate dai cacciatori. In Toscana la caccia di selezione si svolge al 90% in terreno libero e solo sporadicamente in Zrc o altre zone interedette alla caccia. Quindi non si tratta di facili abbattimenti ma di caccia vera e di gestione. Vengono fatti dei censimenti con tecniche diverse che comunque prevedono la presenza dei cacciatori sul territorio. Sulla base dei censimenti viene stimata la densità della popolazione ooggetto di studio e viene elaborato un piano di prelievo, sottoposto all'approvazione dell'Ispra, che ha come scopo quello di raggiungere o mantenere una densità obiettivo. A questo punto a ciascun cacciatore vengono assegnati i capi da prelevare suddivisi per classi di sesso ed età. Di norma la caccia si svolge in aree di competenza dove ciascun cacciatore è libero di cacciare nella massima sicurezza per sé e per gli altri. continua

da claudio nuti 06/06/2009 21.55

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

LA CACCIA HA BISOGNO DI UOMINI LEALI E GIUSTI. L'IMPEGNO VIENE DOPO. NINO DILLO TE, PER FAVORE.

da DA PAOLO T FANO PU 05/06/2009 23.54

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Che gli unghulati siano in aumento non vi è dubbio, io non conosco bene le regole della caccia di selezione, ma bisogna trovare un modo per frenare la dilagante invasione di questi selvatici che non sono altrimenti cacciabili. Ne sa qualcosa chi va a caccia con i segugi, che dopo aver sciolto i propri cani, non sa quando e dove riuscirà a recuperali, se malauguratamente incontrano un capriolo o un cervo. Ormai questa è una situazione comune in ogni regione d'Italia, dove sono presenti grandi aree protette, ma chi mai si interesserà a risolvere il problema, magari autorizzando il prelievo con uso dei segugi?

da martino.f 04/06/2009 15.15

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

X Claudio Nuti. Buon giorno. Nel tuo ultimo post affermi: “E poi chi pensa che cinghiali, caprioli, daini, cervi, mufloni, camosci e stambecchi cresciuti liberamente in natura non siano selvatici veri e che cacciarli sia solo un facile tiro al bersaglio, probabilmente parla di cose che non conosce…” Può darsi di si, ma può darsi anche di no. Può darsi, magari, che parli di cose che conosce bene. Gli ungulati che dici, cresciuti in libertà, comunque sono un bersaglio da carabina con tanto di ottica, quindi bersagli fermi, non solo, ma abbattuti, secondo criteri di selezione che non mi permetto di commentare perché giusti, ma in zone in cui la caccia non è consentita, quindi molto poco intimoriti dalla presenza dell’uomo. Comunque il nocciolo della questione non è questo, è che viene sempre più trascurata e penalizzata la caccia alla selvaggina migratoria la quale non è consentito cacciarla la dove, invece è consentito quella di selezione. Con tutto il rispetto per la caccia di selezione, anche se da me non condivisa, mi piacerebbe tanto capire per quale o quali motivi la caccia alla migratoria debba essere inibita nei parchi in cui si sopprimono soltanto animali stanziali. E non mi si venga a dire perché è necessario fare una selezione per via degli eccessivi capi giacenti in una certa area, perché sappiamo bene che è un falso scopo. Se è vero, come è vero, che ci sono troppi capi di ungulati di qualsiasi specie, forse un maggiore contenimento di capi, potrebbe essere fatto attraverso la caccia in determinati periodi, con precise regole ed adeguati controlli, per evitare, semmai, l’abbattimento selvaggio e senza alcun raziocinio. Questo, per me e credo di non sbagliare nell’affermare che è anche per molti altri Cacciatori il vero motivo per il quale non condivido la “caccia di selezione” peraltro affidata a pochi. Al massimo, dovrebbe essere complementare e da esercitarsi in altri periodi e zone diverse. Un cordiale saluto. Nino

da [email protected] 04/06/2009 13.45

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Solo per chiarire meglio il mio pensiero: non ho mai affermato nel mio scritto che esistono cacce migliori di altre. Il merito della caccia di selezione è solo quello di essere stata impostata sin da subito secondo i principi di una corretta gestione di tipo conservativo. Si tratta di applicare tali principi, ovviamente tenendo conto delle dovute specifità ambientali e adeguandoli alle caratteristiche delle specie cacciate, a tutte le altre forme di caccia. E poi chi pensa che cinghiali, caprioli, daini, cervi, mufloni, camosci e stambecchi cresciuti liberamente in natura non siano selvatici veri e che cacciarli sia solo un facile tiro al bersaglio, probabilmente parla di cose che non conosce. un saluto a tutti

da claudio nuti 03/06/2009 22.34

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Bisogna smetterla di ritenere una forma di caccia migliore rispetto ad un'altra. Quello che va recuperata e difesa è l'etica del cacciatore, l'ambiente ed il fermo rispetto delle regole che devono essere stabilite con i più aggiornati criteri scientifici ai quali bisogna affidarsi per il mantenimento di una risorsa limitata come la selvaggina.

da Francesco Bonfrate 03/06/2009 20.56

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Possiamo impegnarci come non mai, ma non possiamo sostiturci al creato! La caccia vera è fatta di selvatici veri, di habitat naturali e di libertà nel cercarli. Diversamente trattasi di surrogati. Dunque l'unica cosa che può fare l'uomo è quella di non distruggere gli habitat e di conservare le specie selvatiche attraverso un controllo severo del prelievo e delle modalità attraverso le quali questo prelievo si attua ( con richiami et.).

da luigi 03/06/2009 9.19

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Sig. Nuti perche' parla di un passato che non puo' tornare o di tradizioni indifendibili?Quale sarebbe il futuro?La caccia di selezione?O la stanziale reclusi negli atc?La 157 e' stata la nemesi dela caccia italiana,ci ha quasi dimezzati,la circolazione dei cittadini italiani e' libera su tutto il territorio nazionale,perche' padre e figlio non possono andare a caccia insieme,separati dagli atc?A cosa servono le scuole faunistiche nel centro sud?Dove si praticano le forme di caccia alla migratoria,vere ed autentiche...Perche' si vuole snaturare quelle tradizioni sulla falsariga di realta' come il Piemonte,che ha uno dei calendari venatori piu' brutti del mondo,o dell'Emilia dove tutti pagano gli atc solo per quelli che fanno il fagiano e la lepre?Per quale motivo dobbiamo fare i braccianti del bosco,per una societa' che ci chiama assassini e non apprezza cio' che facciamo?La caccia in Italia ha bisogno di ritornare indietro qualche decennio,e la societa' lo deve accettare,pena la scomparsa non solo della caccia,ma di tutta la cultura rurale,altro che i censimenti dei caprioli...Svegliamoci!

da Pussy Hunter 02/06/2009 23.42

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Come ho già più volte asserito, non c'è accordo proprio su niente. Ogni tipo di caccia ha la sua dignità e ogn'uno di noi è libero di poterle praticare nel rispetto della legge. La differenza la fanno le varie aree geografiche e la presenza dei vari selvatici, perciò non si possono stabilire a priori delle regole uguali per tutte le regioni o ATC.

da martino.f 02/06/2009 15.44

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

La "caccia per specie" è il futuro della caccia... Negli atc CN3, CN4 e CN5 l'hanno già messa in pratica e la difendono da oltre un decennio... Accontentati i lepraioli ed i cinghialai, ovvero la maggioranza, gli altri possono pure starsene a casa... Ovviamente dopo aver versato la quota di accesso al'ambito, ci mancherebbe!! Ciao e complimenti a Claudio Nuti. Peccato che tra sto "dire" e sto "fare" ci sia sempre di mezzo il grandissimo "mare".... :-(

da Ezio 02/06/2009 13.00

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

"nella chiara e per me tranquillizzante consapevolezza di cogliere solo gli interessi di un capitale che viene preservato e conservato integro grazie anche al lavoro dei cacciatori." Questo è la caccia, la consapevolezza ragionata. La ringrazio e mi associo nei complimenti al Sig. Felice Modica.

da Vittorio 01/06/2009 19.45

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Caro Claudio Nuti, questo è il miglior editoriale che io abbia letto su big Hunter. Lo sottoscrivo idealmente e mi complimento con Lei. un caro saluto Felice Modica

da Felice Modica 01/06/2009 18.46

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

PARTE 2^ Sarà pur vero, ma la Caccia alla migratoria, dall’allodola all’oca è tutt’altra cosa. Nessuno ti assicura la presenza, nessuno ti garantisce il successo, ma sai che se la trovi è tutto merito tuo, delle tue conoscenze, della tua esperienza, della tua cultura venatoria. Se poi vogliamo andare per il sottile, allora credo che niente possa appagare la Caccia alla Beccaccia in solitaria ricerca fatta si dal tuo fedele amico, ma condotto dove tu hai imparato dove poterla trovare; così come nulla può paragonarsi allo spettacolo di una rossa alba o tramonto che ha per sfondo un volo di uccelli acquatici. Mi si rattrista il cuore soltanto a pensare che ci si possa rassegnare ad una caccia che non è Caccia, alla ricerca di un Selvatico che non è selvatico e goderne di tutto ciò. Avendo ahi me superato i 14 lustri, ormai mi appropinquo ad appendere il fucile al classico chiodo, e mi rendo conto che i miei tentativi di dare ai giovani una Caccia più dignitosa, suona come la voce in un deserto, ma almeno non avrò il rimpianto di non averci provato così come, invece, vivrò gli ultimi anni con i miei ricordi più cari. Un cordiale saluto. Nino

da [email protected] 01/06/2009 17.00

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Caro Claudio Nuti, ho letto con piacere e molta attenzione il tuo editoriale. Bello, belle parole, bei suggerimenti, bei propositi per una caccia moderna e, ancor più, per quella futura. Peccato, però che non posso condividere le tue idee, pur rispettandole. E non le posso condividere, perché mi picco, senza falsa modestia, di essere, di essere stato e di restare per sempre un Cacciatore. (Cacciatore con la C maiuscola per il vero Cacciatore). Un Cacciatore che ha sempre inteso l’Arte Venatoria come ricerca del selvatico,stanziale o migratore che sia, fatta col cane, imparando qual è il suo habitat naturale, di cosa si nutre, come si comporta, in quali e per quali condizioni atmosferiche ed esigenze si sposta e/o emigra, insomma avere tutte quelle conoscenze utili per ricercarlo e, possibilmente, quindi non necessariamente, prelevarlo. Pertanto non concepisco la caccia ad animali allevati in cattività, quindi abituati alla presenza dell’uomo, immessi nel territorio senza alcun criterio se non quello di darli in pasto agli sparatori il giorno dell’apertura della … caccia e quindi fine a se stessa. No, mio caro amico, mi rifiuto di sostenere la tua teoria sulla caccia moderna e del domani, se questa deve tradursi a caccia di selezione, che meglio sarebbe definire col suo vero nome: “tiro al bersaglio a lunga distanza con carabina ed adeguata ottica su selvatico immesso”; si perché,almeno per me, questa è la così detta caccia di selezione. Mi si dirà che comunque il selvatico, per lo più ungulati e/o polli colorati – mi correggo - fagiani, deve essere trovato tra monti e valli, là dove vive, che bisogna abbattere solo determinati capi sotto il vigile controllo delle guardie venatorie e/o delle ATC e che per farlo occorre fare lunghe e faticose scarpinate. Per “senza incontrare altri cacciatori” beh, sarebbe troppo, visto che si parla di zone comunque chiuse alla caccia. Sarà pur vero, ma la Caccia alla migratoria, dall’allodola all’oca è tutt’altra

da [email protected] 01/06/2009 16.38

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Una precisazione: non penso che specializzazione debba per forza voler dire praticare un solo tipo di caccia. Significa a mio modo di vedere solo assumersi delle precise responsabilità. Ciò vuol dire che la condizione per poter accedere ad un piano di prelievo di qualsiasi specie selvatica dovrebbe essere aver dato il proprio contributo alle operazioni di gestione (studio, stima delle consistenze, miglioramenti ambientali ecc.). In tal modo, anche solo per una questione di disponibilità di tempo, la maggior parte dei cacciatori sarebbe quasi naturalmente portata a fare delle scelte. cordiali saluti

da Claudio Nuti 01/06/2009 13.59

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Concetti sicuramente condivisibili, ma irrealizzabili, perchè secondo me la maggior parte dei cacciatori pensa solo al carniere e non accetterebbe mai di fare un solo tipo di caccia,chi potrebbe realizzare un tale progetto. p.s. sono un lepraiolo convinto e non rinnoverei più la licenza se non potessi più praticare la mia caccia preferita.

da martino.f 01/06/2009 11.40

Re:La Caccia ha bisogno di uomini che si impegnano

Mi creda lo dico senza nessuna forma di piaggeria,la caccia ha bisogno di persone come Lei. Concordo in toto con i suoi pensieri.

da Silvano B. 01/06/2009 11.33