Nell'ambito di un'inchiesta interna a Slow Food sul consumo di carne, pubblicata lo scorso anno, emergono alcuni dati interessanti anche sul consumo di selvaggina. Il campione dell'inchiesta è particolarmente sensibile alle tematiche dell'alimentazione di qualità e della sostenibilità ambientale ed ha un alto profilo professionale (la maggioranza ha una laurea ed è imprenditore).
Molti, di provenienza Arci-Ambiente, sono cresciuti con la mentalità di ambientalisti [anticaccia] da salotto, malgrado Carlo Petrini abbia più volte pubblicamente dichiarato che l'ispirazione per fondare Slow Food l'ebbe partecipando alla Sagra del Tordo di Montalcino). Sono stati infatti sentiti i soci e gli allevatori dei Presidi europei di Slow Food, a cui sono state rivolte domande sulle scelte alimentari legate alla carne e al rispetto del benessere animale. Per cui, anche il risultato è da presumere che sia stato fortemente condizionato da una cultura anticaccia di maniera.
Il primo dato che salta all'occhio è quello delle motivazioni al rifiuto della carne. Tra coloro che si dichiarano vegani o vegetariani, ovvero il 6,8%, meno di un terzo (cioè il 2,3%) dichiara di esserlo per motivi etici e morali. Le prime motivazioni sono salutistiche. Il 60% ritiene infatti che la carne non fa bene alla salute. La risposta poteva essere multipla. E infatti un altro 59% (sempre di quel 7 per cento scarso) ritiene che il consumo di carne sia insostenibile dal punto di vista ambientale (dato solitamente riferibile all'insostenibilità degli allevamenti intensivi). Le ragioni etiche (quindi animaliste) oscillano a sopresa tra il valore più basso dell'Italia (28%, ovvero l'1,7% del campione totale) e il 71% dei Paesi Nordici. A questo dato bisogna contrapporre quello sul consumo della selvaggina. Il 49% degli intervistati la mangia abitualmente. Il più alto dato si registra in Germania (88%), segue l'Austria (86%), poi i paesi nordici (Danimarca, Svezia, Finlandia, Lettonia), con il 55%. A seguire Francia (48%), Olanda (43%), Italia (44%) e infine Spagna (42%).
Contrarietà alla caccia. Coinvolge il 52,5% del campione ma solo perché ad abbassare notevolmente la media ci sono i cittadini italiani (dove si raggiunge la massima contrarietà con il 66% degli intervistati) e quelli spagnoli (58%). In Germania il 63% è favorevole alla caccia (e infatti consuma molta selvaggina), e il 50% la approva in Austria. Il 23% del campione europeo dichiara di essere socio di un’associazione ambientalista o di difesa dei diritti degli animali: il 19% degli italiani, oltre il 30% nei Paesi nordici. Quasi la metà dei soci che hanno partecipato al sondaggio (il 47%) possiede animali da compagnia.
In ogni caso, mai, malgrado il campione fortemente caratterizzato, mai - lo ripetiamo - si raggiungono le quote astruse propugnate a vanvera dagli anticaccia nostrani.
Ricapitolando, i soci Slow Food italiani pare che sull'argomento abbiano le idee un po' confuse. Solo una minima parte, il 6%, non mangia carne, di questi il 63% ritiene che la carne non sia sostenibile per l'ambiente e non sia salutare. Se la stragrande maggioranza la carne la consuma (il 94% dei soci) ma solo il 44% mangia selvaggina, vuol dire comunque cha anche una bella fetta di anticaccia (che in Italia fra gli addetti di Slowfood sono il 66%) la selvaggina la mangia eccome!
E' chiaro comunque che occorre fare ancora molti sforzi per far capire come stanno esattamente le cose. E far capire anche ai sofisticasti palati di Slowfood che è meglio mangiare selvaggina che carne proveniente da allevamenti intensivi.
Cinzia Funcis