Di contraddizioni “etiche” è pieno il mondo. Ce ne sono alcune però, talmente macroscopiche da non poter essere ignorate. Come quelle di chi non torcerebbe un pelo al più piccolo e infestante degli animali (alcuni non esitano a scendere in piazza per difendere persino i topi, vedasi le recenti liberazioni delle cavie da laboratorio che hanno seriamente danneggiato decenni di ricerca medica), ma poi ammazzerebbe con le sue mani - almeno e per fortuna, solo a parole -, chiunque la pensasse diversamente. O chi esulta per un terremoto che fa migliaia di vittime, bambini compresi, perché ha colpito un popolo che uccide animali per questioni religiose. O chi ancora preferisce che cinghiali e nutrie devastino coltivazioni e argini dei fiumi, purché rimangano in vita. Fanatici, si dirà. Certo, ma se esempi di tali contraddizioni venissero dal mondo accademico, e fossero addirittura veicolate da uno dei più eminenti pensatori in vita? Qualcuno di voi avrà sentito parlare di Peter Singer, filosofo australiano di fama mondiale, e delle sue tesi molto vicine all'eugenetica nazista. Senza scomporsi poi tanto ha recentemente e seriamente proposto di porre fine in maniera sistematica alla vita di tutti i bambini con una grave disabilità mentale. Manca un tassello: Singer è anche uno dei più agguerriti sostenitori della cultura animalista e vegana. Colui che ha portato alla ribalta la tesi antispecista negli ultimi decenni, per intenderci. Ce lo riferisce Massimo Zaratin nel suo “se questa è etica”.
Che riproponiamo di seguito:
“Se un bambino nasce con una massiccia emorragia cerebrale significa che resterà così gravemente disabile che in caso di sopravvivenza non sarà mai in grado nemmeno di riconoscere sua madre, non sarà in grado di interagire con nessun altro essere umano, se ne starà semplicemente sdraiato lì sul letto e potrà essere nutrito, ma questo è quel che avverrà, i dottori staccheranno il respiratore che tiene in vita il bambino. Non so se essi siano influenzati dalla necessità di ridurre i costi. Probabilmente sono influenzati semplicemente dal fatto che per i genitori quello sarà un fardello terribile, e per il figlio non ci sarà alcuna qualità della vita. Quindi stiamo già compiendo dei passi che portano alla terminazione consapevole e intenzionale della vita dei bambini gravemente disabili…….la maggioranza delle persone direbbe che è abbastanza ragionevole: non voglio che il premio della mia assicurazione sanitaria sia più alto per consentire a bambini che non potranno godere di alcuna qualità della vita di essere sottoposti a cure costose”.
Queste sono la parole di Peter Singer, nuovamente pronunciate di recente durante un’intervista trasmessa da due emittenti americane e riportate in un articolo del WorldNetDaily. Nel corso di questa intervista, Singer si è rivolto ai bambini disabili con il pronome neutro “it”, ovverosia quello usato nella lingua inglese per designare le cose e gli animali.
“…stiamo già compiendo dei passi che portano alla terminazione consapevole e intenzionale della vita dei bambini gravemente disabili”. Stiamo, secondo il Singer-pensiero, compiendo passi in avanti, nel senso di migliorare il nostro status etico-morale di umani, nell’uccidere questi bambini.
Le precedenti affermazioni che hanno reso famoso, e ricco, il filosofo australiano, offrirebbero materiale fin troppo interessante ed esaustivo al sociologo Peter Staudenmaier, autore del più importante saggio sulle pericolose affinità tra l’ideologia animalista e quella nazista. Per chi non lo sapesse infatti, lo stravagante Peter Singer non è un semplice opinionista in cerca di visibilità ma colui che viene definito il più influente filosofo vivente. Non solo il padre “spirituale” del moderno animalismo e del veganesimo etico, il guru fondatore e trascinatore dell’antispecismo, bensì, ahinoi, uno dei pensatori contemporanei più importanti, titolare della cattedra di bioetica più prestigiosa al mondo, tanto da incrinare le certezze morali dell’uomo occidentale, mettendo pericolosamente in crisi l’etica tradizionale.
L’intera filosofia animalista fonda i suoi principi sull’”utilitarismo della preferenza” di Singer, secondo il quale la correttezza etica di un’azione deve saper valutare le conseguenze che questa provoca sull’intero sistema coinvolto e le preferenze di tutti gli individui che ne fanno parte.
Più che indignarsi per le parole pronunciate, c’è da chiedersi a che punto sia arrivato l’uomo occidentale per aver dato in affido la cattedra di bioetica più importante al mondo, quella di Princeton, a questo signore. Possiamo ancora in tal caso parlare di uomo occidentale? Il Singer-pensiero esula completamente dalle radici sociali e spirituali che hanno formato l’occidente.
L’utilitarismo è l’antitesi del diritto alla vita così come viene inteso dal Cristianesimo che sta alla base della nostra cultura; esso si incanala pericolosamente nel vortice di un egoismo estremo ed individuale che erge l’esistenza del momento come unica cosa importante, cancellando ogni mistero sul dopo, rinnegando quel che è stato. L’esistenza, secondo Singer, è importante finchè c’è e la ricerca dell’uomo dev’essere indirizzata esclusivamente ad alleviare le sofferenze che essa comporta; sofferenze che provano tutte le forme di vita e che quindi devono avere pari diritti.
Nel soppesare la gravità dell’azione di togliere una vita (qualsiasi vita, anche quella umana), secondo Singer bisogna tenere conto del desiderio di continuare o meno a vivere e soprattutto la qualità della vita che si è in grado di condurre. Alla gravità di usare parametri che non appartengono alla nostra cultura ed al grado di civilizzazione raggiunta, Singer aggiunge che la ragionevolezza di giustificare l’eutanasia o la soppressione di bambini gravemente malati sta anche nel fattore economico in quanto codeste persone hanno un costo sociale elevato. Mescolare l’aspetto economico con la morale, tirandolo dentro un discorso puramente etico, è un altro fattore che indica come il valore della vita si sia ridotto al benessere del singolo ed al solo attimo dell’esistenza terrena. La fallacia dell’utilitarismo Singeriano si esplica poi nella mancanza di spronare l’uomo ad una sua evoluzione, in tal caso medico-scientifica per il bene delle future generazioni. Sopprimere bambini gravemente malati interrompe automaticamente le prove che ricercatori e medici svolgono nel tentativo di debellare determinate malattie. Se avessimo operato sempre così, malattie rare gravi ora scomparse o che non fanno più paura, esisterebbero ancora, e continueremo ad uccidere coloro che ne sono affetti.
La filosofia di Singer applicata all’animalismo moderno del quale ne è degno padre, spiega anche cose che ai più risultano assurde e bizzarre. Quante volte ci siamo interrogati sul grado di ragionevolezza degli estremisti animalisti che bloccano ad esempio i piani di controllo per l’uccisione di pochi animali sapendo che questi, se lasciati vivi in quel territorio, causeranno la morte di molti altri animali o danneggeranno irreparabilmente l’ambiente? Per Singer e seguaci quando vita è, se voluta e condotta dignitosamente, rimanga così ad ogni costo, ricercando il benessere del momento, alleviando il più possibile le sofferenze; è il bene del singolo a discapito del tutto.
Non stupitevi pertanto se il più delle volte, per noi che proveniamo da una cultura che riconosce e da il giusto peso a valori che crediamo universali, con le loro azioni e battaglie, gli animalisti ci sembrano fuori dal mondo…Singer e la sua filosofia hanno ampiamente dimostrato che lo sono veramente!".
Massimo Zaratin