Domanda: c'è un antidoto alla Zambilla, di cui sembra soffrano certi italiani, vittime di contraddizioni gravi su argomenti come il benessere animale, l'amore per fido, i maltrattamenti sui porcellini d'india? La Zambilla, per chi non lo sapesse, è quella sindrome che colpisce chi dà retta ai due personaggi simbolo dell'odierno animalismo italiano, l'on. Zanoni e l'on. Brambilla.
Lasciando al loro destino i due, ormai assurti senza meriti alle cronache, grazie a una risonanza mediatica da loro stessi astutamente orchestrata, cerchiamo di andare al cuore del problema.
Il ripetitivo alterco su tutti i mezzi d'informazione delle scorse settimane, moltiplicato dalla doppia partita elettorale (europee e 4mila consigli comunali da rinnovare: a occhio e croce mezzo milione di candidati, forse di più) fra Grillo e Dudù, voleva farci credere che il nostro paese fosse colpevole delle pratiche più turpi nei confronti degli animali. In verità, puntava a rubare il consenso di coloro che, come noi, convivono amorevolmente con un "animale". Ma per cercare di raggiungere il risultato sono stati costretti a ricorrere a un distinguo ideologico, assoldando fra l'altro il solito pennivendolo di comodo per dimostrare che c'è un abisso fra chi alleva - per amore - i canarini e noi, reprobi, crudeli, vigliacchi, che in verità con i nostri tordi e sasselli facciamo altrettanto, e forse con molto più amore.
L'operazione, noi lo sappiamo bene, serviva e serve a nascondere il colpevole stato di insolvenza del nostro paese nei confronti dell'Europa, che ci contesta innumerevoli infrazioni proprio sul fronte del mancato rispetto di normative in fatto di tutela dell'ambiente, di inquinamento, di distruzione degli habitat. Situazione che si è venuta a creare nel corso degli ultimi decenni, complici le associazioni ambientaliste, sempre pronte a dare addosso ai cacciatori e alla caccia (anello più debole della catena) e cieche e sorde su tutto il resto, quindi almeno implicitamente complici.
Ma, come rileva anche recentemente Carlo Petrini - che denuncia un "nuovo feudalesimo" - la guerra ormai si combatte fra due modelli di sviluppo, fra due ideologie contrapposte. Il dissidio, forse insanabile, fra città e campagna. Cultura rurale da una parte (quella vera, non quella agroindustriale) e cultura metropolitana, dall'altra, a deriva sempre più animalista. Con Dudù, il cui antenato venne selezionato per acchiappare i topi nelle case, oggi relegato a ninnolo abbellito (forse meglio dire: ridicolizzato) da boccoli e fronzoli. Spesso oggetto di cure da parte di veri e propri malati mentali, che vivono in città, insieme, ormai, a più di metà dei nostri concittadini. Con una pseudo-conoscenza di come funziona la natura, degna neanche di un mentecatto. Mentre, dice Petrini, riferendosi a come si gestisce il territorio (e si acquisiscono fondi comunitari), l'agricoltura dispone di "un patrimonio di cultura e tradizioni unico per varietà e ricchezza", che rischia di finire in mano "a speculatori che vivono a centinaia di chilometri dalla terra che conducono solo sulla carta o si danno un pedigree zootecnico liberando qualche decina di asini su latifondi."
Gente che a nostro avviso, con i soldi che dovrebbero andare ai contadini, appoggeranno sempre di più lo "snaturamento" della terra, propinandoci balle stratosferiche sulle ragioni del mondo.
L'antidoto, dunque. Ma è chiaro! Proviamo a solleticare sulla pancia tutti coloro che, ignari, si fanno abbindolare dalle solite chimere.
Come? Semplice. Puntiamo, appunto, sulla...pancia e sul palato. Ottima, per esempio, l'iniziativa di GameFairItalia che per presentare l'edizione 2014 ha impegnato ai fornelli lo chef Bruno Barbieri (recente mattatore di MasterChef) nella prestigiosa sede della Scuola di Cucina del Gambero Rosso. Ottima pure l'iniziativa della Federcaccia Toscana con Igles Corelli, il quale, come si dice oggi, come Barbieri, c'ha messo la faccia. Non facendo altro, in verità, che confermare la sua dedizione alla causa della selvaggina a tavola, da sempre sostenuta. Basta leggersi il suo monumentale trattato "SELVAGGINA, nuovi sapori in cucina con Igles Corelli" (Gribaudo Editore). Nel quale trattato, insieme alle sue rivoluzionarie soluzioni culinarie con una materia prima antica - ma anche "la carne del futuro": lo dice Barbieri - ha voluto collegare tutta una serie di ricette realizzate da altrettanto autorevoli chef, del calibro di Walter Miori (Cervo in marinata agrodolce), Domenico D'Imperio (Fagiano con spugnole e salsa ai fegatini), Piero Bertinotti (Taglierini con quaglie al rosmarino), Nicola Batavia (Agnolotti di tordo con blu di Moncenisio e pere), Guido Haverkock (quaglie al foie-gras con purea di topinambur), Osvaldo Forlino (Risotto con sugo di coniglio selvatico), Silvia Baracchi (Lepre al cioccolato con cipolle e arancia candita), Angelo Troiani (Cinghiale speziato con mele e tortino di spinaci), e Alessandro Gavagna, Gaetano Alia, Lucio Pompili. Ai quali si potrebbero aggiungere tutti i grandi chef che nel tempo hanno aderito alla proposta di questo stesso portale, nel cimentarsi con la selvaggina. Ai quali, infine, permettetemelo, è giusto aggiungere i tanti bravi trattori e ristoratori sparsi ormai come una vera e propria spolverata di pepe in tutto il paese, che secondo le tradizioni locali offrono a tutta la loro affezionata clientela qui il gulash di capriolo o di cinghiale, lì le pappardelle sulla lepre, là gli gnocchetti sul fagiano o sul germano reale.
E le nostre donne, direte voi? Appunto, ormai la selvaggina in tavola è talmente diffusa - perchè ce n'è in grande abbondanza, facciamolo sapere una volta per tutte, grazie soprattutto al nostro impegno e alla nostra dedizione nel tutelare il patrimonio faunistico - talmente diffusa, che è un peccato che sia valorizzata gastronomicamente e salutisticamente come merita.
E allora, i nostri dirigenti, il nostro impegno anche personale, sia rivolto a far conoscere questo bendiddio a tutti.. Con le gambe sotto la tavola, col profumo e il sapore di queste nostre pietanze, antiche e moderne insieme, non ci sarà becco di animalista che non ne potrà trarre sollievo al corpo e allo spirito, e così, piano piano, guarire dalla "Zambilla", malattia tanto perniciosa quanto ..... (l'ultimo aggettivo mettetecelo voi, ma che sia saporito!).
Vito Rubini
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