Lilith era una piccola bretoncina che viveva in una casa posta su un’altura dalla quale si dominava la vallata. I suoi padroni, Carlo e Agnese, erano due anziani signori che con la caccia avevano poco a che fare. Questa piccola e vivace cagnolina era stata regalata ai due anziani dal figlio, che partito per la grande città, aveva pensato che la presenza di un cane avrebbe in qualche modo alleviato la solitudine ai due genitori. Solitudine creata, per l’appunto, dalla sua partenza.
E cosi era stato infatti. I due si erano cosi affezionati alla cagnetta che la trattavano come una figlia. Dormiva in casa, mangiava ai piedi del tavolo insieme ai due coniugi. Non gli mancava nulla, era la classica eccezione alla famosa regola “ vita da cani”. Ma in realtà se qualcuno avesse scavato nel cuore della piccola Lilith, qualcosa che mancava l’avrebbe trovata. Essa infatti nascondeva nel più profondo del suo essere l’istinto della cacciatrice. E tutte le mattine, quando la caccia era aperta, si divertiva ad osservare dalla sua altura i cani che insieme ai cacciatori si dilettavano nella ricerca della selvaggina. Li guardava incuriosita, chinava il capo da un lato, irrigidiva le orecchie, fiutava l’aria per capire cosa stesse accadendo. Ma lei sapeva benissimo cosa stava accadendo, solo che non si spiegava il perché accadesse ad altri suoi simili e non a lei. Sembrava fremere da dietro la recinzione, voleva cacciare, voleva seguire il suo istinto, ma era stata addestrata a non varcare quei confini, e lei, da brava cagnolina obbediente eseguiva gli ordini.
Carlo dalla finestra della sua casa, di tanto in tanto assisteva a queste scene, e si rammaricava. Aveva capito che l’amore datole da lui e Agnese non bastava alla piccola Lilith, lei aveva bisogno d’altro, aveva bisogno di qualcosa che né lui né la moglie potevano dargli: Lilith aveva bisogno di seguire il suo istinto.
Fu una mattina, una di quelle mattine di ottobre inoltrato, quando le prime nebbie travolgono le pianure, il gelo della notte colora i prati verdi di bianco e i boschi si lasciano andare al loro sonno inquieto. Fu in una di queste mattine che Giovanni, insieme al suo setter Athos si trovò a cacciare proprio sotto la casa dove abitavano Carlo, Agnese e la piccola Lilith. Là dove finiva il vigneto ormai spoglio e iniziava il bosco di pioppi, il setter si mise in ferma. Lilith da sopra l’altura, dietro la recinzione diede il suo consenso. Giovanni che conosceva il posto e aveva più volte visto la bretoncina interessata alle scene di caccia, rimase stupito da quel fare, tanto stupito da levare lo sguardo dalla ferma del suo cane e concentrarsi sulla cagnina, ferma e immobile a più di 200 metri di distanza.
“Le coincidenze sono l’ultimo rifugio di chi non ha fantasia” ha detto qualcuno, non fu quindi una coincidenza che anche Carlo da dietro la sua finestra stesse osservando la scena. Aprì l’anta di quella finestra e con voce quasi impercettibile sussurrò a Lilith di andare. Lei si voltò verso la casa, quasi a ringraziare Carlo e con passo felino inizio la lunga discesa verso il bosco. Quando fu a pochi metri dal setter, si immobilizzò ancora una volta. Giovanni era estasiato, attese ancora qualche minuto prima di far muovere il selvatico, poi un fagiano si alzò in volo, spaventato dallo “sfrascare” causato dai passi dell’uomo. Ci fu lo sparo e il selvatico rattrappì le ali cadendo pochi metri più avanti. Giovanni richiamò il suo setter che si fermò subito e lasciò a Lilth l’onore del recupero.
Se mai dovesse esistere una scienza capace di tradurre il sentimento dei cani … beh … in quel caso sarebbe stata davvero utile, perché nulla può descrivere ciò che si celava nello sguardo della bretoncina.
Quella mattina segnò l’inizio di una lunga collaborazione tra Lilith, Athos e Giovanni. Lei lo aspettava, immobile sulla sua altura, e quando lo vedeva arrivare, si voltava verso a finestra, per avere da Carlo il permesso di andare. Andare là dove la natura la richiamava: tra i boschi, nei roveti. A seguire il suo istinto. E la sera ai piedi del tavolo si addormentava felice, sognando le meraviglie che l’indomani l’avrebbero stupita.
Vincenzo Mazzone
Nota: e dopo questo bellissimo racconto, che dimostra - se ce ne fosse bisogno, per noi che tutti i giorni viviamo e partecipiamo questa bellissima verità – che la caccia fa parte della natura di ogni essere vivente, almeno in senso lato, sbizzarritevi nel dare la vostra testimonianza ed esternare le vostre opinioni.
La Redazione di Bighunter.it
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