In Italia, l'8% (dato Eurispes) della popolazione risulta essere vegetariano o vegano, percentuale in impennata soprattutto nell'ultimo anno. Una moda passeggera? Molto probabile visto l'andamento altalenante del dato, calato al 5,7 nel 2015 e poi di nuovo aumentato nelle statistiche di gennaio 2016. Eppure fino a pochissimo tempo fa il tutto era relegato ad ambienti d'elite. Nella Milano dei ricchi, dove è nata questa moda, dalle signore annoiate con il loro cagnolino da borsetta. Poi la cosa ha iniziato a prendere piede tra gli attivisti ambientalisti, grazie alla loro evoluzione sempre più animalista, e si è diffusa per emulazione con l'arrivo di internet.
Anche la televisione ha un ruolo importante. Da Striscia la notizia con i suoi periodici servizi filo-animalisti, fino alle immagini shock sugli allevamenti intensivi, per approdare ai più disparati talk che fanno volentieri scannare i vegan più ortodossi con i loro oppositori. La componente mediatica dunque ha sicuramente un ruolo nelle improvvise scelte alimentari degli italiani, soprattutto da quando gli show televisivi hanno iniziato ad occuparsi del tema, probabilmente a corto di argomenti, a seguito degli evidenti balzi di share degli ascolti.
Chi non ha sentito parlare, tanto per fare un esempio, dello sproloquio alla trasmissione virus dell'ex disk Jockey Red Ronnie, vegano dagli anni 90, che ha affermato di curarsi esclusivamente con l'alimentazione (vegana)? Mangiare verdure e tofu, secondo l'ex dj, basterebbe a curare ogni male ad allontanare lo spauracchio delle malattie prevenute dai vaccini (ovvero cose come meningite, polio, difterite, tetano e altre calamità sconfitte da decenni, per ora). Queste ed altre affermazioni antiscientifiche, per fortuna opportunamente contrastate da una intensa campagna di informazione rivolta ai neo genitori (recentemente il Ministro Lorenzin ha chiuso l'argomento imponendo la radiazione dall'albo di tutti i medici che invitano a non vaccinare i bambini), sono continuamente veicolate sui social network e sui media nazionali, da persone che non hanno alcuna competenza in merito e che invece finiscono per avere un seguito spaventoso.
Ecco che così, per errore, molti genitori vegani, mettono al mondo i loro figli convinti di poterli privare fin dallo svezzamento delle proteine animali, senza rivolgersi al parere di un pediatra. Le conseguenze sono poi le corse in ospedale, per scoprire, nello sgomento generale, di aver causato gravissime carenze proteiche e di altre sostanze basilari alla crescita, al proprio bambino. Purtroppo di notizie di questo genere ne abbiamo lette tante, e tante altre forse ne leggeremo. Ma quella di nutrire bambini molto piccoli con soli alimenti vegetali, al di là dei casi limite e dei ricoveri, è tutt'altro che un'usanza poco diffusa. A Milano ci sono addirittura asili esclusivamente vegani e comunque molti genitori giurano di essere in grado di assicurare una buona salute al proprio piccolo veganino, cresciuto a carote, patate, seitan e vitamine di sintesi.
Come non bastasse ci si mette la politica, soprattutto marchiata cinque stelle, in questa che dovrebbe essere una scelta individuale, ragionata e riservata ai soli adulti. La sindaca Appendino, abbiamo visto negli scorsi giorni a seguito della presentazione del programma di Giunta, a Torino ritiene una priorità quella di avviare "progetti didattici nelle scuole sulla tutela, sul rispetto degli animali e sulla corretta alimentazione (vegana, ndr) in collaborazione con le associazioni animaliste, medici nutrizionisti, organi di politica ed esperti di settore". Non c'è molto da girarci intorno. Dalle premesse il criterio nella scelta di questi luminari, che andranno a spiegare nelle scuole torinesi come e cosa mangiare, sarà imprescindibile dal rispetto dei diritti degli animali.
Se così fosse si realizzerebbe una sorta di imposizione senza precedenti a danno dei più piccoli. Si tratterebbe di condizionare i bambini, già sensibilizzati alla sorte degli animaletti (che ritrovano parlanti nei loro cartoni animati preferiti), al pensiero animalista, che diventerebbe un tuttuno con la loro educazione alimentare. Un fatto di una gravità inaudita. Che estrometterebbe i genitori dall'infondere quella cultura di buonsenso agreste con cui siamo cresciuti tutti. Della serie quello è il tuo gattino (che mangia i topi, storicamente portatori di peste) a cui vuoi bene, questo è il pollo che si mangia. Pura natura... e buonsenso. Ma che, cosa ben più grave, entrerebbe a gamba tesa sulla libertà di scelta delle famiglie.
Il tutto poi privo di certezze scientifiche. Basterebbe che i cinque stellati si attenessero alle linee guida del Ministero della Salute (che riporta le indicazioni dell'Istituto Mondiale della Sanità), riguardo alla corretta e sana alimentazione, da un punto di vista pediatrico, quindi nel rispetto della sola salute del bambino, dove la carne è elencata sempre come componente fondamentale per un corretto e sano sviluppo sia nella fase delle prime pappe, che nelle indicazioni per le mense scolastiche, dove giustamente non si lascia campo alle bizzarrie e alle mode.
Date retta a noi. Fate di tutto per mantenere e diffondere i sani principi di una volta. E se poi, dopo lo svezzamento, la carne è di cinghiale o di capriolo o di alzavola, colombaccio o tordo, o allodola, tanto meglio.
Cinzia Funcis