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Carducci)Calendari venatori. Le bugie degli ambientalistiUn'arte chiamata cacciaAREZZO SCONFESSA LA BRAMBILLAAnimalismi e solitudiniIn un vecchio armadioSTAGIONE VECCHIA NON FA BUON BRODOBelli, matti ed inguaribili SIAMO LIGURI!Ieri, mille anni fa, io caccioCosa mangiano gli animali degli animalisti?SCIENZA, CONOSCENZA, CULTURAC'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIAMOVIMENTO STATICO, ANZI NO, REGRESSIVOORSI. COMUNITARIA. PROVVEDIMENTO ZOPPO MA CON SICURO VALORE SIMBOLICOAerei e trasporto munizioni - La situazione della caccia oggi: “Io speriamo che me la cavo”ALL'ARIA APERTA!Contro ogni tentazione. PORTIAMOLI A CACCIAIPSOS FACTO! DIAMOCI DEL NOIIN FINLANDIA SI', CHE VANNO A CACCIA!RIFLESSIONI DI UN PEONEIL PAESE PIU' STRANO DEL MONDOFuoco Amico PER UNA CULTURA RURALE. MEGLIO: PER UNA CULTURA DELLA CACCIA CHE AFFONDA LE SUE RADICI NELLA TRADIZIONE RURALEE Jules Verne diventò anticaccia CULTURA RURALE E CULTURA URBANA A CONFRONTOL'Enpa insulta i cacciatoriSELVAGGINA IN AIUTO DELL’ECONOMIAAmerica: un continente di vita selvaggiaLA LIBERTA’ DI STARE INSIEME A chi giova la selezioneLA CACCIA COME LA NUTELLA?LUPO, CHI SEI?Le fonti energetiche del futuro: nucleare si o no?TOSCANA: ARRIVA LA NUOVA LEGGEA caccia con L'arco... A caccia con la storia...Interpretazioni e commenti di nuova concezione10 domande ai detrattori della cacciaIL BRIVIDO CHE CERCHIAMOLa caccia come antidoto alla catastrofe climaticaPer una educazione alla natura E' IL TEMPO. GRANDE, LA BECCACCIA IL CAPRIOLO MANNAROCONSIDERAZIONI E PROPOSTE PER IL FUTURO DELLA CACCIA IN ITALIACaccia - anticaccia: alla ricerca della ragione perdutaAllarmismo e vecchi trucchettiAncora Tozzi ?REALISMO, PRIMA DI TUTTOLe invasioni barbaricheAPERTURA E DOPO. 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Editoriale

IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia


lunedì 6 dicembre 2010
    
Claudio NutiLa storia degli ultimi decenni, che ha visto lo strapotere dei mezzi di comunicazione di massa esercitarsi con successo nella sistematica manipolazione delle coscienze, sembra aver prodotto la convinzione del predominio assoluto di ciò che è sovrastrutturale.
 
Detto in poche e semplici parole: non conta tanto ciò che è vero ma ciò che si riesce a far credere o pensare alla maggioranza dei cittadini, sia che lo si faccia assecondandone le pulsioni più istintive e irrazionali oppure cercando di far prevalere le proprie buone e giuste ragioni. Di tale fenomeno una delle prime vittime è stata la caccia: incapace di esprimere una cultura che non sia marginale e subalterna, ha subito gli assalti e le menzogne mediatiche degli anticaccia, capillarmente diffuse ad ogni livello, grazie a giornalisti compiacenti, a spot pubblicitari accattivanti e ad eserciti di maestrine cresciute alla scuola delle aberrazioni culturali disneyane. Il potere politico non ha, evidentemente, alcun interesse a contrapporsi frontalmente all’afflato animalistico che permea la società civile, soprattutto nelle sue componenti urbane. Al di là delle promesse elettorali, non metterà  mai scopertamente a rischio il consenso trasversale garantito da seguaci ed estimatori di Martini, Brambilla e Prestigiacomo per favorire uno sparuto manipolo di soggetti dediti ad una attività considerata anacronistica.
 
Oggi il mondo della caccia tenta di passare al contrattacco, usando, con una logica che resta di natura difensiva, le stesse armi degli avversari. Si ingaggiano giornalisti, si costituiscono comitati, si fondano partiti politici, si cerca di fare da levatrici ad un ambientalismo più maturo. In sostanza si parte per la guerra limitandoci pur sempre al livello della sovrastruttura, cercando solo di ristabilire la verità, di farla conoscere, dimostrando ai cittadini che non siamo poi così brutti come veniamo dipinti. Si, è vero, è utile restituire il diritto di cittadinanza attraverso tutte le strade possibili a coloro i quali la natura la vivono direttamente e quotidianamente, senza il filtro deformante di una visione culturale sviluppatasi nelle grandi città. Tutto questo può portare qualche positivo risultato, ma non sarà mai purtroppo sufficiente a garantire un futuro all’attività venatoria.

Il film “Avatar”, da molti liquidato come l’ennesimo tentativo di sublimare il complesso di colpa dell’ ”uomo bianco” nei confronti di tutti i “nativi” della terra e dei pellerossa d’America in particolare, ha rievocato uno dei drammi già troppe volte vissuti dall’umanità: lo scontro tra le civiltà seminomadi dei popoli cacciatori e quelle prettamente stanziali dei popoli agricoltori e allevatori. La storia ha sempre dato ragione alle seconde, in grado di produrre risorse in misura maggiore e costante e quindi di liberare energie per elaborare cultura e tecnologia. Tuttavia mentre i popoli cacciatori sono sempre stati ben coscienti di dipendere dalle risorse animali cacciate e di essere loro stessi parte di un equilibrio naturale da preservare, i popoli agricoltori e le civiltà industrializzate da essi sviluppatesi hanno perduto il senso di quel legame ed hanno considerato la natura un bene da sfruttare e modificare a proprio uso e consumo, in una logica di mero profitto, spesso al di là di ogni limite logico. Il massacro dei bisonti d’America, lasciati a marcire al sole della prateria, è avvenuto non tanto per il guadagno derivante dalla vendita delle pelli, quanto perché distruggendo i bisonti si distruggevano anche le tribù dei pellerossa che di essi vivevano, acquisendo a loro spese nuovi pascoli, terre fertili e zone minerarie. Anche i civili Romani hanno sottomesso le tribù di cacciatori Celti e la storia si è ripetuta ovunque si siano scontrate organizzate civiltà di agricoltori con selvaggi popoli di cacciatori. E così la caccia, da mezzo indispensabile di sussistenza che trovava nella necessità di preservare le risorse disponibili il proprio principio regolatore, è progressivamente divenuta da un lato occasionale mezzo di sopravvivenza per le classi meno abbienti, dall’altro si è trasformata in gioco di abilità propedeutico alla disciplina delle armi, in svago cortigiano per nobili e signori e, in ultimo, nella attività di “sporting” per gentiluomini, così come è stata concepita negli ultimi due secoli soprattutto nel mondo anglosassone.

Oggi solo il popolo Inuit e pochi altri vivono ancora di caccia. L’uccisione di animali come “sport”, come “game”, come prova di coraggio o di abilità non ha più senso per il comune sentire e viene respinta, fortunatamente, anche dai cacciatori più maturi. Solo dove l’attività venatoria rappresenta una fonte di reddito per governi, proprietari o concessionari di territori di caccia e operatori del settore turistico, grazie alla vendita della carne e al turismo venatorio, allora e soprattutto allora la caccia acquista considerazione sociale e nessuno si azzarda a chiederne l’abolizione. In molte parti del mondo, in Africa e in Asia soprattutto, la caccia è diventata una garanzia di conservazione delle specie selvatiche, grazie al reddito che produce. Se così non fosse la fame e l’ignoranza determinerebbero lo sterminio di innumerevoli animali e la semplice repressione del bracconaggio non sarebbe certo sufficiente a salvarli.

Tuttavia questo ruolo positivo della caccia stenta ad affermarsi e ad essere universalmente riconosciuto, soprattutto nei paesi occidentali.

Il confronto tra la caccia e la pesca è in qualche modo illuminante per comprenderne almeno una delle motivazioni. La pesca rappresenta ancora oggi fonte essenziale di nutrimento per milioni di esseri umani è non è stata ancora validamente sostituita dall’allevamento. Il pesce si trova quotidianamente sui banchi di ogni mercato, al contrario delle carni selvatiche che ne sembrano ormai quasi scomparse.
Dunque in Italia, come altrove, l’orientamento dell’opinione pubblica nei confronti della pesca è assai più positivo e tollerante che nei confronti della caccia, laddove è invece la pesca l’attività meno regolamentata e potenzialmente maggiormente dannosa per l’ecosistema. Dobbiamo concluderne che spesso ciò che è buono per il palato lo è anche per la coscienza: tuttavia se è difficile rinverdire i fasti della “polenta e osei”, lo sarebbe assai meno oggi far arrivare buona carne selvatica sulle tavole delle famiglie.

In particolare poi in Italia problemi specifici si aggiungono a quelli che l’attività venatoria affronta nel resto del mondo: qui da noi troviamo schierati uno contro l’altro un mondo venatorio che si ostina caparbiamente a combattere battaglie di retroguardia, confinato nel proprio “particolare” fatto di tessere, sportine di carne per tutti e strenua difesa di “cacce tradizionali” e un mondo ambientalista salottiero e immaturo che ha buon gioco nel costringere costantemente all’angolo l’avversario più comodo e facile da demonizzare. Ne consegue che ci troviamo di fronte ad un circolo vizioso: un mondo venatorio arcaico, funzionale al mantenimento e alla riproduzione di  un ambientalismo immaturo, il quale a sua volta ostacola la crescita culturale dei cacciatori, rendendo impossibile un fecondo confronto. Tutto questo si colloca in un contesto le cui regole sono determinate dall’art. 842 del codice civile e dalla Legge 157/92. Il primo permette ai cacciatori l’ingresso nei fondi privati.  Si tratta di una peculiarità giuridica pressoché unica in Europa introdotta nel periodo fascista, fondata sul presupposto che la caccia rappresenti un interesse generale. La Legge 157/92 ha tentato, con la costituzione degli ATC, dei cui comitati di gestione fanno parte agricoltori, ambientalisti e cacciatori, di ricomporre interessi eccessivamente sbilanciati (almeno sul piano formale) a favore dei cacciatori, ponendo al contempo un argine alla strategia della parchificazione selvaggia, intrapresa in Italia dagli ambientalisti allo scopo principale di contrastare l’attività venatoria. Ad oggi mi sembra che si siano ottenuti solo risultati parziali e limitati a ben precise aree felici della penisola. Se buona parte dei cacciatori continua a lamentarsi, se buona parte degli ambientalisti continua a cercare di abolire la caccia, se buona parte degli agricoltori, non potendo ricavare profitti dagli animali o dai cacciatori che ospitano, invoca stragi indiscriminate o approfitta della situazione per cercare di mungere denaro pubblico a fronte di danni spesso millantati, vorrà pur dire che qualcosa non funziona come dovrebbe.

La gestione privatistica della caccia generalmente praticata nel resto d’Europa, mitigata con i più vari espedienti normativi che consentono comunque a tutti i cacciatori non proprietari di cacciare, produce quasi naturalmente una valorizzazione economica del’attività venatoria ed una remunerazione della proprietà. Inoltre chi esercita il diritto di caccia è direttamente responsabile per i danni arrecati alle colture agricole dalla selvaggina oggetto di prelievo.

L’Italia è invece probabilmente l’unico paese europeo nel quale si è costretti a fare piani straordinari di contenimento degli ungulati e non si riesce a controllare specie eccessivamente prolifiche e dannose, come ad esempio lo storno, contraddicendo ai principi di una corretta gestione. Solo noi possiamo essere capaci di sperperare un patrimonio che tutti ci invidiano, senza neppur lontanamente riuscire a comprendere che esso rappresenta un’occasione storica per la trasformazione della caccia.

Come dunque ottenere un riconoscimento sociale del valore della caccia, che sia il più possibile condiviso? Occorre far sì che la caccia non sia più espressione di una cultura subalterna e minoritaria, ma si conquisti uno spazio ed un ruolo positivo generalmente riconosciuti all’interno di quella scala di valori  che fa parte del patrimonio culturale dominante in Italia ed in Europa in questo preciso momento storico. La caccia, indipendentemente dalle motivazioni dei singoli, non può più essere considerata e vissuta come “sport”, come divertimento fine a sé stesso, ma deve imporsi agli occhi dei più come utile e indispensabile attività di gestione e conservazione di ambienti, specie selvatiche e equilibrio tra questi e le attività umane. Deve consentire una giusta remunerazione di agricoltori e proprietari fondiari. Deve produrre buona carne selvatica per i ristoranti, per i banchi delle macellerie e, perché no, per quelli delle Coop e dei supermercati cittadini. Deve essere in prima fila nelle battaglie e nell’azione quotidiana a tutela degli ambienti. Deve, infine, promuovere espressioni artistiche come la pittura, la musica, la scultura, la narrativa e intervenire in prima persona nel mondo della scuola, divulgando il patrimonio di conoscenze e tradizioni di cui siamo portatori e promuovendo un approccio non ideologico al problema ambientale.

Da che parte cominciare? Certamente non sarebbe opportuno rivedere il fondamentale impianto giuridico su cui si fonda l’attività venatoria in Italia, andando a modificare l’art. 842 del c.c. con tutto quel che ne potrebbe conseguire. Sarebbe sufficiente prevedere il ristorno alle associazioni di proprietari e agricoltori di una quota delle tasse governative e regionali e delle quote versate a vario titolo dai cacciatori agli ATC, oltre che di parte degli eventuali proventi derivanti dalla commercializzazione legale delle carni selvatiche e dalla vendita di diritti di prelievo ai non residenti, per compensare i danni subiti dagli agricoltori e remunerare i proprietari fondiari per l’ospitalità concessaci.

La diffusione e la crescita demografica di cervi, caprioli, daini, cinghiali, camosci, stambecchi e mufloni sta avvicinando inesorabilmente l’Italia al resto d’Europa, modificando gradualmente anche il modo di essere cacciatori degli italiani. Approfittando di ciò la caccia può essere rifondata in termini sostanziali, garantendo così anche il perpetuarsi di tutte le altre forme di caccia che rispondano ai necessari presupposti di un prelievo conservativo. Non possiamo permetterci di essere miopi e non comprendere la rivoluzione prodotta dagli zoccoli dei milioni di animali che calpestano campi e boschi abbandonati dall’uomo. Questi rappresentano l’occasione per chi lo voglia di iniziare a praticare una caccia che può essere liquidata come “non caccia” solo dalla superficiale ignoranza di chi non la conosce. Sarebbe delittuoso oltre che stupido non approfittare della medesima occasione per stimolare nei cacciatori il desiderio di apprendere nuove tecniche venatorie e di conoscere i presupposti scientifici che vi sottendono. Uccidere un capriolo di rapina con una fucilata a pallini o comunque in un contesto non previsto da norme e regolamenti non è un delitto in sé, perché al mondo c’è sicuramente di peggio. Lo è in quanto il cacciatore compie con quel gesto, al solo scopo di far dispetto a qualcuno o più semplicemente per impossessarsi di un pezzo di carne, una triplice sciocchezza: rinuncia alla possibilità di una crescita personale determinata dalla frequenza di specifici corsi di abilitazione; rinuncia all’occasione di fare la propria parte perché la Caccia in generale acquisti dignità e riconoscimento sociale; condanna infine il capriolo alla perdita di ogni dignità in quanto preda di un’azione venatoria compiuta in modo etico e lo riduce ad un semplice cadavere sanguinolento da far scomparire prima possibile.

Allo stesso modo sarebbe però delittuoso, p
er combattere la “crisi delle vocazioni”, sanare eventuali comportamenti illegittimi rendendo più facili i corsi di abilitazione e dando a tutti  una fascetta e un “capriolo politico”.

Come sempre la verità sta nel mezzo: a politici e responsabili delle associazioni venatorie il compito di far avvicinare quanti più cacciatori possibile alla caccia di selezione, anche attraverso la reintroduzione del capriolo in aree della penisola che un tempo lo ospitavano. Tuttavia questo dovrà accadere senza rinunciare a seri corsi di formazione, a seri esami finali e a seri controlli (che già in buona parte ci sono) dell’operato dei cacciatori abilitati.
 
Claudio Nuti
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40 commenti finora...

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Bravo Claudio un bell'editoriale nel contenuto e nelle idee condivisibili

da Lara Leporatti 13/12/2010 9.28

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Eh si caro Ezio, ti capisco, fra l'altro so che lavoro fai o hai fatto, per cui sappi che ti sarò sempre vicino. Per rapinatore, concordo con te, il nostro momento più bello, da bambini, era quando mamma ci cucinava quello che avevamo portato a casa. Ora trovi tutto già impacchettato se non peggio, e i bambini nemmeno sanno la verità. Questa per me è la cosa peggiore.

da andrea ge 12/12/2010 21.55

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Per Andrea Ge.: Anche io da piccolo, per fame, erano altri tempi però e nulla andava sprecato, figurati che ora hanno differenziato anche la spazzatura. Ora però, stò capriolo politico ha proprio..... Quando arriva il tempo delle urne tutti sono eccellenti venditori di... promesse?!... Ma, a stò ricandido!

da RAPINATORE 12/12/2010 20.39

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Se tu sei pericoloso Andrea mi sa allora che lo siamo tutti, o almeno gran parte di quelli che sono nati e cresciuti in campagna.... Io comunque continuo ad essere più preoccupato per la mia incolumità quando per vari motivi mi tocca gironzolare per le grandi "meravigliose" città e mi sento in Paradiso quando vado per paesielli anche semidisabitati, boschi, campi & c.

da Ezio 12/12/2010 19.20

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

hahahaha, largo scurti, stai tranquillo, quelli pericolosi sono coloro che tacciono e si muovono nell'ombra, io ho solo raccontato parte della mia infanzia che peraltro credo sia comune a molti di noi nati nell'immediato dopoguerra. Oggi certe cose sarebbero improponibili ed impensabili perchè oramai il mondo è cambiato (in peggio purtroppo dico io)Saluti e non temere, se non vivi vicino a me non ci incontreremo mai hahahahaha!!!!!!!!!

da andrea ge 11/12/2010 23.43

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

x Andrea GE: tu sei pericoloso, stammi alla larga.

da Largo Scurti 11/12/2010 21.42

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Complimenti dott. Nuti per le linee di pensiero che ha tracciato nell'editoriale in maniera forte, profonda, decisa e convincente. Lei ha restituito alla società un momento di giustizia, di vera etica rivolto non solo alla cultura della caccia ma all'insieme della nostra società che si va sempre più imbarbarendo. Che sia il Suo confronto un momento in cui la cultura caccia si rivela "terapeutica" per la società? E, penso, non solo per i cacciatori, ma anche per tutte le fasce di cittadini di questa Italia che si va smarrendo in una crisi etica senza precedenti. Grazie di Cuore.

da Donato 11/12/2010 16.31

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Prima fionda a 6 anni con cuoi cucito per poter contenere i pallini; archi da terra costruiti in frassino; archi da mare costruiti con stecche di ombrellone e le stesse stecche adattate per la fionda e lavorate a caldo per costruire la "barba" dell'arpione per fare caccia subacquea, a nove anni. Trasformato un fucile giocattolo in flobert cal. 6, a 12 anni; primo diana 22 a 14 anni. Finalmente a 16 anni il primo porto d'armi e il primo fucile Franchi semiautomatico cal. 20. Nell'arco di tempo fra i 6 e i 16 anni ovviamente ci sono anche una gamma di altre attività di caccia e pesca un po meno....proprie (omissis). Come vedete cari frombo ed ezio la compagnia è buona. Ciao a tutti da Andrea, sempre orgoglioso del mio passato e del mio presente.

da andrea ge 11/12/2010 14.04

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

X Fromboliere... dillo a me!! Pure l'ascia di Zagor ho costruito ;-)))) E poi ho praticamente vissuto l'infanzia come un piccolo nativo d'America... va beh, quasi....:-)))

da Ezio 11/12/2010 13.30

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Caro Massimo, sono ben cosciente di muovere da una visione antropocentrica: l'uomo ha tali e tante responsabilità nei confronti del mondo che lo circonda che deve necessariamente affrontare anche problematiche di questo tipo. A me sinceramente poco importa se certi animali sono più adatti di altri a ricoprire il ruolo della preda e ad essere inseguiti. Ciò di cui sono convinto è che la caccia è caccia e i giochi circensi sono un'altra cosa. So benissimo che all'animale non interessa la ragione per cui viene ucciso e, non avendo consapevolezza della morte e del dolore, non può neanche esprimere una preferenza su come morire. Tuttavia di una cosa sono personalmente certo: che per giustificare la morte di un animale occorrono sempre dei buoni motivi e il godimento estetico non mi pare rientri tra questi.

da claudio nuti 10/12/2010 21.56

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

X Nato c: ....dovere mio. X Ezio: ha fatto parte della mia 'armeria' infantile. Se nella vita tiri alcune frecce con l'arco, ti rimarrà 'dentro' per sempre. Atavismo? dicono di si.

da Fromboliere 10/12/2010 19.08

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

X Nato cacciatore...ora vò a dare un'occhiata...anzi no, meglio lasciar perdere...:-((... X Frombo: Ma oltre alla fionda, utilizzi anche l'arco???? ;-))

da Ezio 10/12/2010 17.50

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Ciao Frombo, è molto istrutivo il link che hai postato, grazie.

da Nato cacciatore 10/12/2010 16.51

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Ezio, nei post in calce all'articolo di Massimo ne troverai uno di un vigliacco, che sicuramente ti farà saltare dalla sedia.

da Nato cacciatore 10/12/2010 16.25

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Precisazioni: il pezzo di Massimo sulla coscienza degli animali e la caccia cacciata.

da Ezio 10/12/2010 15.48

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Grazie ad entrambi! ... Mi sa che quel "pezzo" me l'ero perso.... infatti mi sa che sto perdendo i colpi. Sarà l'età con conseguente "scazzamento" generale che sta prendendo sempre più il sopravvento sull'entusiasmo iniziale. Va beh...meno male che con gente come voi in giro mi sento più tranquillo. E poi per la caccia sono ancora preso di brutto....almeno quello .... :-))

da Ezio 10/12/2010 15.11

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Massimo Zaratin sempre lucidissimo e "avanti"...anche "troppo avanti" ;-)) ... Comunque visto che ti piace arrovellarti le meningi, tu che sei in grado di farlo perchè non fai un commento ben articolato sulla "coscienza degli animali"???... Lo spunto te lo "taglio con l'accetta" io, ovvero:" cosa si intende per coscienza??"... "se si intende consapevolezza di se, del bene e del male, del dolore, gli animali hanno questa consapevolezza??"... "e se ce l'hanno tutti o solo alcuni??".... "se solo alcuni allora esistono animali di serie "A" ed altri di serie "B"..... Ciao Massimo, tieni duro!!! :-))

da Ezio 10/12/2010 10.15

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Caro Claudio, stiamo commettendo il solito “antropocentrico” errore di guardare al fenomeno della predazione attraverso gli occhi di un “predatore”, l’uomo…e pure applicandoci teorie etiche. Osserva cosa succede in natura quando un predatore per eccellenza si trova a sua volta preda; il leone per esempio che staccato dal suo gruppo si trova debole e stanco, attorniato da un branco di iene. Le reazioni chimiche del corpo sono assai diverse, la paura di un predatore si trasforma in un’arma letale perché annulla capacità di ragionamento, rallenta i muscoli, accelera il sangue in senso negativo. L’uomo predato (da altri uomini o da animali) subisce uno schok psicologico perché quello non è il suo ruolo. Esso attiva meccanismi completamente diversi dal resto degli animali cui la predazione è d’ufficio. Osserva invece cosa succede alla lepre braccata dai segugi, o un cervo, o un capriolo. Le trasformazioni chimiche del corpo attivano una macchina perfetta per fuggire, nascondersi, mimetizzarsi, far perdere le tracce perché l’essere preda costituisce per questi animali una parte fondamentale dell’esistenza, ne sono nati, ci devono convivere. Osserva il branco di gazzelle predate dai leoni nel momento in cui finisce l’azione e sanno di essere in salvo …si rimettono subito tranquillamente a brucare l’erba, non subiscono shock o stress, se non quello fisico, biologico, naturale. Una preda che sa di essere preda di qualcuno può cedere solo per fatica fisica ma non quella psicologica, cosa quest’ultima che appartiene per esempio all’uomo. Noi pertanto valutiamo l’azione della predazione dal nostro punto di vista e lo vediamo appunto un atto violento, addirittura inconcepibile se subentra la maggior consapevolezza dell’uomo alla morte e alla sofferenza, aspetti questi sempre più temuti.

da massimo zaratin 10/12/2010 9.57

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Ho riflettuto sulle sue considerazioni, che possono sembrare pertinenti ed in linea di principio lo sono effettivamente. Tuttavia anche la legge punisce il maltrattamento degli animali. Occorre a questo punto chiarire cosa si intenda per maltrattamento. Io credo che consista nell’infliggere sofferenze inutili e ingiustificate o più semplicemente fondate su motivazioni che non trovano riscontro nella comune sensibilità, in questo caso assurta a principio giuridico. Ora la “chasse à courre” potrà anche soddisfare le esigenze estetiche ed edonistiche di cinofili e nostalgici dell’ancien régime, ma questa motivazione non mi pare sufficiente né condivisibile. Mi si potrebbe dire che in natura i lupi inseguono i cervi e li sbranano, ma non è la stessa cosa. Prima di tutto nessun lupo si sognerebbe di inseguire per tanto tempo e con tale dispendio di energie un animale adulto e nel pieno delle forze, ma dedicherebbe le sue attenzioni ad un cucciolo o un animale debole per un tempo molto più breve. Qui si tratta poi di una situazione riprodotta artificialmente dall’uomo per il proprio godimento estetico e l’esito finale è praticamente scontato. Lo stesso ragionamento può essere applicato anche alla corrida, mentre non vale assolutamente, ad esempio, per il Palio di Siena, dove il rischio per i cavalli esiste, ma non è voluto né scontato e coinvolge gli stessi fantini. In sostanza io sono fermamente convinto che fine ultimo della caccia debba sempre essere cibarsi della preda (direttamente il cacciatore o altri per lui), in modo da non perdere mai il contatto diretto con le iniziali motivazioni che, nel diritto naturale, hanno concesso all’uomo la facoltà di disporre della vita di altri esseri viventi. La caccia di selezione è, in questo senso, una disciplina che insegna a uccidere nel modo più rapido possibile animali non stressati da lunghe rincorse, in modo tale da ottenere anche carni di migliore qualità per il consumo alimentare.

da claudio nuti 09/12/2010 23.45

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Claudio Nuti: "Le cacce per essere buone devono essere ecocompatibili e devono rispondere ad alcuni requisiti di “eticità” in relazione al contesto sociale in cui si praticano." Mentre l'ecocompatibilità può avere una base oggettiva, l'eticità è per sua natura di matrice soggettiva, e finire per dipendere da molti fattori interni alla persona, più che da fattori esterni. La contestualizzazione sociale poi, è concetto volto ad una sorta di oggettivizzazione dell'eticità all'interno di un determinato gruppo sociale, ma a questo punto, occorre aver ben presente il contesto sociale verso il quale si esprime un giudizio. Perché per definire la chasse a courrer contraria all'etica (ancorché ecocompatibile) occorre aver ben presente il contesto sociale in senso lato nel quale si inserisce. Perché giudicare da esterno a quel contesto, limitandosi cioè a vedere un branco di cani che strema l'ungulato e lo divora, e giudicando sulla base di tale visione limitata, non può che dar lugo ad un giudizio formulato in termini parziali ed aprioristici. Per cui il vero problema non è, secondo me, la distribuzione dei patentini di selezione col sistema politico delle lauree del 68, quanto piuttosto riuscire a far rientrare nelle due definizioni qualificanti un giudizio il più possibile obiettivo. Ovviamente parlo in senso lato, dato che non sono addentro alla questione della caccia di selezione.

da Inforziato 09/12/2010 17.48

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

A Levan. Mi sembra che il suo astio per quella che viene comunemente chiamata caccia di selezione ( che più semplicemente è caccia con la carabina esercitata in base a piani di prelievo e assegnazione di capi ai singoli cacciatori), Le impedisca di comprendere appieno il senso del mio discorso. Sono assolutamente contrario alle guerre di religione ed è mia intenzione unire e non dividere i cacciatori. Le cacce per essere buone devono essere ecocompatibili e devono rispondere ad alcuni requisiti di “eticità” in relazione al contesto sociale in cui si praticano. Per fare un esempio a Lei vicino potrei affermare che la “chasse a courre” potrà anche essere ecocompatibile, ma non risponde certamente al secondo requisito che ho citato, visto che consiste nel far inseguire da una nutrita muta di segugi un ben determinato cervo anche per un’intera giornata, finché non crolla stremato, viene finito con una daga e dato in pasto ai cani. Una caccia così, anche se contornata da bei vestiti, bei cavalli e tanti corni da caccia, ha evidentemente fatto il suo tempo. Per il resto non sono personalmente contrario in assoluto all’uso del cane segugio nella caccia agli ungulati, tuttavia anche in questo caso occorrerebbero cani particolari e specificamente addestrati e cacciatori formati con corsi ed esami. Purtroppo invece siamo in Italia, paese dei furbi e delle scorciatoie e quello che può facilmente accadere è che, sull’onda della pretesa “emergenza ungulati” ( che in buona misura ed in particolare per il capriolo è una vera e propria bufala), si distribuiscano fascette “politiche” a tutti senza corsi di formazione, svendendo e dilapidando un capitale che può garantire un futuro certo alla caccia in Italia.

da claudio nuti 07/12/2010 17.14

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

A mio avviso però non è che ci si possa improvvisare selecontrollori dall'oggi al domani. Ad esempio io, che abito in provincia di Venezia, non me la sentirei di farlo perchè il territorio in cui si pratica non lo sento mio, non lo è mai stato e veramente rischierei di fare il "turista" venatorio per portare a spasso il fucile in un ambiente che forse è meglio lasciare ad altri...metti che incontri pure Zanon per i boschi di Belluno, che figura ci farei :) :) :) Per il resto condivido ciò che dici.

da massimo zaratin 07/12/2010 17.05

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Carissimo Massimo, sono d'accordo con te. Tuttavia il vantaggio immediato della caccia agli ungulati e di quella di selezione in particolare è che, essendo una novità per gran parte d'Italia, costringe i cacciatori a tornare a scuola e a confrontarsi con problematiche gestionali che, nei casi da te citati, resterebbero quasi sempre patrimonio esclusivo degli addetti ai lavori. Quanto al resto, tutte le cacce devono evidentemente essere ecocompatibili, senza necessità di stilare classifiche. Come dicevo, la presenza degli ungulati rappresenta un'occasione storica per far avvicinare all'Europa e far crescere i cacciatori italiani favorendo contemporaneamente il diffondersi dell’immagine del cacciatore-gestore e, perché no, anche produttore di buona carne selvatica. A Fromboliere voglio solo dire che ancora, almeno in Toscana, c’è posto per tanti aspiranti selettori. E’ chiaro che la cosa va vissuta come un’opportunità e non come un obbligo, ma deve essere affrontata con impegno, altrimenti diventa solo un pretesto per andare a spasso con il fucile quando le altre cacce sono chiuse.

da claudio nuti 07/12/2010 16.33

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Non è proprio così Claudio...tutte le cacce si prestano all’"immediata applicazione dei principi di una corretta gestione supportata dalla scienza". La tanto contestata caccia in deroga per esempio è a mio avviso quella più "biologica" che si possa fare. 1) Specie cacciabili in buono stato di conservazione 2) numero limitato (anche nel periodo) di specie prelevate 3) quantità stabilita all'1% della mortalità naturale prevista per la specie 4) banca dati informatica per raccogliere i dati ogni 15 giorni 5) interruzione immediata in caso di raggiungimento del numero stabilito. Cosa ci vedi di "non ecosostenibile" in una formula del genere? ... è la caccia più monitorata. Se poi dovessimo esclusivamente tendere alla caccia più ecocompatibile dovremmo, come dici tu, diventare tutti dei selecontrollori...di nutrie però! Sono anche più brutte di un capriolo...almeno fino a quando la walt disney non ne farà un personaggio dei fumetti.

da massimo zaratin 07/12/2010 12.02

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

claudio nuti: la ringrazio per la risposta, qualcosa in merito la conoscevo già. Mi chiedevo però se una riconversione venatoria su larga scala sia poi sostenibile e se alla fine, come spesso succede con le mode, possa rimanere una questione di sola immagine e di poca sostanza, almeno per chi si lascia tentare. E' ambizione di ogni cacciatore esercitare un prelievo utile sotto diversi fini, che renda completezza al concetto caccia. Diverso sarebbe cambiare arma, munizioni, vestiti ed attrezzature varie e molto costose, partecipare a corsi, obbligatori, pagare tasse e balzelli, sempre pronti a saltar fuori proporzionalmente alle richieste e poi trovarsi, magari tutti settecentomila, a far la fila in attesa che ci venga assegnato un capo da abbattere.

da Fromboliere 07/12/2010 10.33

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Se permette, anch'io credo in ciò che dico. Le Sue convinzioni espresse in buona o malafede non cambiano il senso di ciò che Lei sostiene e cioè che esiste una caccia buona ed una meno buona con la conseguenza che ci sono cacciatori degni di praticare la caccia che Lei predilige ( che Lei individua tra quelli abilitati)e altri meno degni. Insomma, anche Lei tenta di far credere cose non vere. A prescindere lagli sgabelli e dalle poltrone.

da SANDRO LEVAN 07/12/2010 9.53

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

per Sandro Levan: io credo sempre fermamente a quello che dico. Se sbaglio me ne assumo la responsabilità e la mala fede non è cosa che faccia parte del mio bagaglio. D'altronde non ho poltrone, sgabelli o posizioni di privilegio da difendere e non vedo proprio perché qualcuno si debba sentire in diritto di mettere in dubbio la mia correttezza e onestà intellettuale senza peraltro neppure conoscermi. Infine non apprezzo chi parla (o scrive) per enigmi.

da claudio nuti 06/12/2010 22.36

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

x Fromboliere: alcune Regioni (Liguria, Toscana Emilia Romagna ecc.)si stanno attrezzando dal punto di vista normativo. In Toscana ad esmpio sono in corso di definizione i regolamenti attuativi. Difficoltà a tradurre in pratica i buoni propositi ce ne sono senz'altro. Ma un mercato (nero) da far emergere esiste già. Poi si tratta di ampliarlo. L'idea di appoggiarsi alla grande distribuzione diffusa capillarmente sarebbe buona, perché questa è dotata di idonei centri di raccolta e lavorazione delle carni e gode della fiducia dei potenziali consumatori.

da claudio nuti 06/12/2010 22.24

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

non conta tanto ciò che è vero ma ciò che si riesce a far credere ... Anche il suo intervento evidenzia questa tentazione.

da SANDRO LEVAN 06/12/2010 20.09

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

x Silvano B. Concordo pienamente. Lungi da me l'idea che la caccia possa diventare un affare da Protezione Civile, anche perché i piani di assestamento straordinari sono figli dell'emergenza, vera o millanatata, e sono sintomo del fallimento della buona gestione. Devo concluderne quindi che, almeno su questo, non esiste dissenso tra noi. Cordialità

da claudio nuti 06/12/2010 19.08

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

claudio nuti: rimane pur sempre da stabilire il come per ottenere il quanto. La riconversione su grande scala dell'attività dei cacciatori porterebbe anche 'qualche svantaggio' di cui rimandiamo il ragionare ad altra occasione. Per la questione dello sfruttamento della risorsa ungulati se ne potrebbero cacciare di più di quanto si faccia e sempre da coloro che già sono cacciatori di selezione. Al fine produttivo, meramente commerciale, una ricerca di mercato sarebbe il minimo necessario senza cui sarebbe prematura qualsiasi riconversione, solo ragionata e non vocativa. Un mercato, solo di nicchia, si satura in fretta, sempre che poi ci sia la materia prima sufficiente, qualora veramente prendesse, per soddisfare ogni esigenza, tipo quella della grande distribuzione. Sotto quest'aspetto com'è oggi la situazione?

da Fromboliere 06/12/2010 18.59

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Veda Sig. Nuti prenderò delle sue parole che poi ho fatto anche mie, non le virgoletto perchè ne ho solo il ricordo ma il senso è questo; la caccia è come prelevare una parte del'interesse che il capitale "natura" difendendolo con tutte le nostre forze può darci. In queste sue parole credo fermamente. Non credo invece che la caccia sia un diritto divino che arriva a noi tramite dei bollettini di conto corrente pagati allo stato. Ho sempre sostenuto che tutta la caccia moderna debba essere ecosostenibile, compresa la mia. Ma ultimamente chi cerca di sdoganare la caccia - presentantola come un servizio civile - credo stia commettendo errore grave. Noi tutti siamo culturalmente ben altro e la caccia, tutta, è una risorsa. Il mio dissenso era tutto quì. Un saluto e buona serata.

da Silvano B. 06/12/2010 18.47

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

E chi lo nega tutto ciò?? Poi ci sono sfumature ma la sostanza è sicuramente quella. Ovvero che non ci sono cacce migliori di altre .........e questo anche chi vuole abolirla la caccia lo dice a gran voce. Se ne saranno accorti anche i selecontrollori ed i fautori delle "cacce utili"????

da Ezio 06/12/2010 18.03

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Prosegue. L’artificiosa contrapposizione tra caccia tradizionale alla migratoria e caccia agli ungulati con il metodo selettivo è solo un falso problema che serve unicamente a dividere i cacciatori. Io dico solo che la caccia agli ungulati si presta meglio di altre all’immediata applicazione dei principi di una corretta gestione supportata dalla scienza, è quindi l’occasione per una crescita culturale del mondo venatorio e può rappresentare il biglietto da visita del cacciatore del terzo millennio. Questo senza pretendere che sia migliore o peggiore di altre cacce che ho praticato e che non ho alcuna intenzione di rinnegare. Solamente, a mio parere, rappresenta un’occasione da non sprecare.

da claudio nuti 06/12/2010 17.57

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Voglio aggiungere alcune considerazioni: no, oggi non basta più dire “mi piace andare a caccia e siccome la caccia è attività lecita e regolamentata, vado a caccia”, per essere automaticamente in pace con se stessi e con la storia. La caccia, proprio perché è una delle attività primarie del genere umano e consiste nel togliere la vita in modo cruento ad altri esseri viventi, non può essere paragonata ad una qualsiasi altra legittima attività di tipo ludico che riscuota l’interesse di una qualche minoranza di cittadini: o è in sintonia con la cultura dominante di un determinato contesto storico sociale o viene emarginata. Questa sintonia si è realizzata nel modo più naturale quando la caccia ha costituito la base di sostentamento dei popoli cacciatori o quando è stata, per vari motivi, apprezzata dalle classi sociali che producevano la cultura dominante o da governi che ne intravedevano l’utilità ai fini dell’addestramento militare. Oggi in buona parte del mondo la caccia si è trasformata in gestione di una risorsa economica nell’interesse dei privati e della collettività. Solo così può tornare ad essere generalmente ben accetta anche in Italia, a condizione, ovviamente, che sia compatibile con la conservazione della biodiversità. E questo indipendentemente dal fatto che il cacciatore, legittimamente, “si diverta” ad andare a caccia soddisfacendo una passione ed un attitudine che si annidano da sempre nei suoi cromosomi, in quanto bagaglio necessario per la sopravvivenza della specie. Purtroppo i “molti” di oggi, nipoti di contadini e bracconieri per ribellione o per necessità, sono pur sempre un’esigua minoranza del popolo italiano. La caccia in Europa è principalmente caccia agli ungulati e solo in percentuale assai più ridotta caccia alla migratoria, al punto che in alcune nazioni la caccia a determinate specie è iniziata con l’avvio del turismo venatorio proveniente dall’Italia. prosegue

da claudio nuti 06/12/2010 17.53

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Lasciatemi i miei colombacci. i tordi gli storni i frosoni i fringuelli e le peppole. Mi avete già tolto le marzaiole, le tortore e le quaglie, mi avete tolto il ripasso. TENETEVI TUTTO IL RESTO. Da un migratorista al 100%

da andrea ge 06/12/2010 17.24

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Sull'ultima parte.........beh!! lascio a lei caprioli, mufloni, daini, cervi, cinghiali ecc. fatto salvo il piacere di aver gustato, e se possibile, ancora poter gustare la carne dei suddetti ungulati, quando se ne presenterà l'occasione. Mi corre l'obblico di sottolineare che tale occasione, mi sarà fornita sotto forma di invito da qualche amico che si dedica a questa forma di caccia, e non come occasionale forma di rapina, ovemai si materializzasse la sagoma, (possibilità molto remota) di una degli animali citati, sarei ben consapevole di fare un'azione venatoria scorretta, e questo sarebbe il male minore, sarei altresì cosciente che nel caso la mia fucilata a pallini (certamente non idonea nella fattispece) non ottenessse, (molto probabile) il risultato sperato, condannerei il malcapitato animale ad una lunga ed atroce agonia. Da un cacciatore con cane da ferma per penna. Un cordiale saluto

da Nato cacciatore 06/12/2010 17.10

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Sivano B. sempre grande!!!...

da Ezio 06/12/2010 17.09

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

La prima parte è assolutamente condivisibile, ben argomentata e giusta, anche quando si parla dell'842. Il resto sono pietre tombali nei confronti della caccia moderna. Si dimentica forse che la caccia quando era uno "svago cortigiano" per nobili o più recentemente vista come "sporting" aveva come contro altare per mera necessità, - incontrollata e inconsapevolmente disastrosa vista con gli occhi di oggi -, i cacciatori di frodo? i bracconieri? Bene, ora domandiamoci senza ipocrisia da chi discendiamo; pochi dai primi, moltissimi dai secondi. Ma anche questo in se significa poco o niente, quello che conta è che la società si evolve e le regole sono ora dettami di Scienza (?) ed i molti di prima sono i pochi di oggi. Ma certamente lo "sdoganare" la caccia non passa solo attraverso "l'interesse" pur giusto che sia dimenticando le radici. Così come non si possono giustificare gli abbattimenti selettivi come opera pia, dove il ludico non esiste ed incolparne tutti gli altri. Il ludico esiste, perchè è l'uomo che ne ha bisogno, in ogni sua manifestazione. Oppure vogliamo traghettare la caccia con la scusa ipocrita già fatta nella pesca con l' "acchiappa e rilascia"? Sparo ai tordi, li abbatto e li mangio in ottemperenza alle discipline di oggi, governate da una Scienza pure farlocca. Che differenza passa tra un capriolo censito e un tordo censito -qualora lo fosse veramente- senza seguire le correnti modaiole? Il mio tordo ha più dignità di un capriolo? Musica? Pittura? Scultura? Non hanno mai abbandonato la caccia dai graffiti ad oggi. Che la Scienza sia Scienza sempre, altrimenti smettiamo di chiamarci Cacciatori ed assumiamo il nome di Necrofori dell'ambiente. Chi crede di salvare la caccia appiccicando etichette di salvatori della Patria secondo me sbaglia. La caccia la si difende semplicemente dicendo verità tangibili: Io caccio. Potrei farne a meno? Si. Esattamente come non mangiar carne. Ma voglio mangiarla, come Lei.

da Silvano B. 06/12/2010 15.25

Re:IL CAPRIOLO POLITICO NO - Per una visione storicistica della caccia in Italia

Condivido 3/4 del post, vorrei aggiungere che abbiamo presenziato, muti, all'esproprio della nostra cultura, muti, all'esproprio della nostra economia, ora siamo maturi per assistere, sempre muti, all'esproprio dei 'nostri' territori. Per l'ultima parte del post concedo al relatore una visione personale, magari opportunistica, di come potrebbe essere la caccia che lui propone, sebbene condividendola solo minimamente.

da Fromboliere 06/12/2010 11.25