Spero che mi crediate. Non metterò più un dito sulla tastiera almeno fino a Natale. Non vorrei che si pensasse, dato l'incessante scorrere del tempo, che mi sono deciso come tanti a dispensare pillole di saggezza a destra e a manca, come fanno, appunto, proprio i vecchi. No, io per ora sono solo anziano. Credetemi, dico sul serio. Per le memorie, mi sono ripromesso di aspettare ancora qualche anno.
No, è che l'avevo detto. Vorrei concludere quel discorsetto sulla comunicazione lieve, tanto lieve quanto efficace, rivolta non al nostro interno, ma a quelli che finora non siamo riusciti a interessare sui nostri temi, sui nostri discorsi. Colpa anche mia. Nel mio piccolo, s'intende. Non c'è dubbio. Ho fatto per tutta la vita comunicazione di caccia e per la caccia e, se siamo ancora a parlarne, in senso critico, ovviamente, vuol dire che anch'io qualche erroretto l'ho commesso.
Ecco, allora. Si diceva della carenza - non dell'assenza, della carenza - di una adeguata azione comunicativa per far conoscere all'opinione pubblica le bellezze della caccia (per ravvivare le vocazioni), e la sua importanza anche nella società contemporanea. Suggerivo, nei miei due recenti appunti su questo portale, di affiancare i dati, più positivi di quello che si potesse immaginare, con una campagna di comunicazione tanto impalpabile, quanto efficace. Intendiamoci, impalpabile fino a un certo punto, se le vignette di Giuliano, riproposte su maximanifesti in giro per la Toscana, sono state imbrattate (a Grosseto, per esempio) con epiteti fegatosi da parte di sedicenti ambientalisti/animalisti. Anime candide che - la loro reazione è la migliore riprova - si sono sentite toccate nel vivo. Hanno capito che con l'ironia si riesce a toccare certe corde dell'anima che altrimenti è difficile strappare dal costante torpore.
Quindi, cerchiamo di mettere a fuoco qualche tema, una serie di temi. Pensando di utilizzare la graffiante vena satirica di Giuliano, oppure, più impersonalmente, evidenziando gli argomenti in sé, da rendere concreti con messaggi semplici ed efficaci. Slogan, quindi, più che considerazioni. Un linguaggio essenziale, vogliamo dire....popolare? A volte, è quel venticello...leggero che crea o distrugge una reputazione. E anche noi, su questi due fronti dovremo applicarci.
Oggi, lo sappiamo, la nostra reputazione ha bisogno di qualche ricostituente. Secondo Finzi, siamo in migliori condizioni di quanto vorrebbero farci credere la Brambilla e qualche altro sconsiderato. Ma non c'è limite al meglio. Come si potrebbe fare? I nostri meriti sono tanti. Inutile enumerarli, noi li conosciamo. Però, se riproposti in chiave satirica, l'abbiamo visto, lasciano il segno, restano impressi. E aiutano, eccome se aiutano, a creare o distruggere una reputazione.
Una volta tanto, quindi, pensiamo a come fare per rafforzare la nostra e - se è lecito - a mettere in evidenza le menzogne dei nostri detrattori e di coloro che della contestazione alla caccia e ai cacciatori hanno fatto il loro cavallo di battaglia. Spesso con i nostri soldi, non solo di cittadini che pagano le tasse, ma anche di cacciatori che pagano licenza, tesserino, atc, soldi che finiscono nella casse della pubblica amministrazione, magari finalizzati alla difesa della fauna e dell'ambiente, e guarda caso vengono "girati" a organizzazioni, enti associazioni amici degli amici, ex radicali, ex verdi, ex ecologisti eccetera. Cambiano le sigle, ma la zuppa è la stessa.
Qualche esempio?
Da una parte - già lo ha evidenziato Giuliano nelle sue vignette - i vantaggi dell'essere cacciatori, del rapporto necessario e positivo fra caccia e agricoltura, dei valori e del patrimonio ambientale e naturale generati grazie alla caccia e all'impegno dei cacciatori.
Dall'altra, gli sprechi di molti stipendifici che nei bilanci delle amministrazioni appaiono sotto la voce di parchi, aree protette, aree naturali, canili, centri di recupero fauna eccetera eccetera.
Cerchiamo insomma una buona volta di smettere almeno un po' di pensare solo alla caccia, ai problemi al nostro interno: calendari, deroghe, cani, cartucce, fucili, leggi, regolamenti, e cominciamo a sparare, simbolicamente, ironicamente, ovvio, sui nostri detrattori, evidenziando anche i veri problemi che attanagliano l'ambiente, il territorio, la società.
I soggetti dei nostri strali? Eccoli.
Le amministrazioni pubbliche, ATC compresi. Come dire: si spara sulla croce rossa. Dove cogli, cogli sempre nel segno, salva rare virtuose eccezioni.
Le associazioni ambientaliste, appunto. Che ormai - fallita completamente la loro missione storica (basta girarsi intorno o leggere i giornali che non ci resta neache una minima ombra di dubbio) - tirano a campare cercando di raschiare il fondo del barile, fin che ce n'è, utilizzando vecchi slogan e argomenti consunti.
I parchi, anche qui si salva poco. Certi personaggi e le loro attività. Qui non c'è proprio bisogno della tanto abusata macchina del fango. Di fango ce n'è. Ad abundantiam. La satira, anche quella politica, quella "alta", tocca quotidianamente i grandi papaveri per le loro marachelle.
Fra i nostri detrattori, di marachellari ce ne sono a bizzeffe. Una a caso? La solita rossa che da una parte coccola asini e dall'altra fa parte di una famiglia, finora non ripudiata, che lucra a gogò (legittimamente, per carità) su migliaia, milioni di animali surgelati.
Il grande equivoco delle multinazionali che si fregiano di simboli di blasonate associazioni ambientaliste dalla risonanza planetaria, per fare marketing sulle caramelle, o su altra merce di largo consumo.
Gli scempi ambientali e l'inquinamento selvaggio. Ormai sotto gli occhi di tutti. Tutte le notti bruciano enormi colline di ecoballe che furono oggetto di campagne politiche e mediatiche di un noto ministro dell'ambiente. E i cacciatori, è ormai chiaro, non c'entrano nulla.
Bisognerà anche insistere sulle distanze da prendere contro il bracconaggio. Raccontare meglio come funziona il sistema naturale: vulgare i principi di ecologia-etologia, dare chiare informazioni sulla catena alimentare, sui predatori, sulles pecie opportuniste, sui competitori, sui rapporti specie selvatiche/territorio antropizzato, agricoltura. Fornire elementi sugli equilibri (precari, molto instabili) e l'interdipendenza, i complessi legami fra i vari soggetti che vivono in natura.
Riconfermare che i veri ambientalisti siamo noi. Mettendo in evidenza tutti coloro, persone, organizzazioni, che si adoperano quotidianamente per la salvaguardia della fauna selvatica e dell'ambiente. Non c'è categoria così presente come quella dei cacciatori nelle organizzazioni di protezione civile.
Invitare i "nostri" a individuare problemi concreti, suggerire e applicare le soluzioni. Denunciando le storture di errate soluzioni di stampo animalista/pietista. Con coraggio. Bandendo quell'ipocrita moda del politicamente corretto che nasconde quasi sempre un altruismo "peloso".
Facciamo squadra con gli altri veri "stake-holders", agricoltori, escursionisti, cercatori di funghi, tartufi, insalatina di campo...Torniamo ai "vecchi santi", alla maniera del Sesto Caio Baccelli o del Calendario Frate Indovino: ricordiamo le diversità delle stagioni, il sole e i suoi orari, la luna e le sue fasi, la loro influenza sulle stagioni, cosa succede nel campo, nell'orto, in cantina... Come si accende un fuoco, come si filtra l'acqua. Cerchiamo di riavvicinare la gente alle cose semplici e meravigliose della vita in campagna. Non per il week-end e basta, no. Per una stagione, per un anno.
Insomma. C'è da fare.
Ma come facciamo, direte voi, se ancora mi state leggendo, a penetrare nell'indolente massa gelatinosa dell'opinione corrente?
Eh no! Questo ve lo dico dopo Natale.
Giuliano Incerpi