Ormai gli attacchi si susseguono a ondate sempre più potenti e ravvicinate. Su Big Hunter, l'ultimo affondo della nostra beneamata ministra sta ricevendo e ha ricevuto la consueta dose di commenti, del tutto velleitari, ancorché legittimi e spontanei (proprio come questo modesto editoriale), ma sono certo che tutte queste nostre reazioni non le scompiglieranno nemmeno una ciocca della sua fulva e ben curata chioma. Insomma, la Ministra se ne frega e continuerà a fregarsene altamente di tutto quello che potremo dirle noi e anche di tutto quello che le diranno tanti colleghi politici. Personaggi sicuramente meno isterici e fanatici, che riescono a comprendere come l'ideologia animalista di un ministro sia ben più grave di quella di una gattara (con tutto il rispetto e la simpatia per le gattare).
In effetti, ciò che colpisce di più in questa incredibile e intollerabile crociata, è proprio il fatto che, in una così grave congiuntura economica e occupazionale, un ministro si lasci obnubilare dalla propria ideologia a tal punto da ignorare che la problematica venatoria non si esaurisce nell'abbattimento di un selvatico ma ha ripercussioni pressoché infinite sia in campo scientifico e tecnico che in campo economico e occupazionale. Per i primi aspetti si pensi alla problematica convivenza dell'economia rurale e ittica con le popolazioni di tanti selvatici; per i secondi, basta rivolgere l'attenzione al settore armiero italiano che rappresenta una delle poche voci attive della nostra malandata bilancia e una vera grande eccellenza del nostro Paese.
Fra i falò - niente affatto festosi - che si accendono ogni notte in Campania, e l'assedio dei pastori Sardi alla sede della regione; fra i suicidi per disperazione e povertà, e le nottate trascorse da tanti lavoratori sul baratro dei tetti e della disoccupazione, il ministro Brambilla conduce con estremo candore una sua personalissima (e forse anche costosa) crociata che viene benevolmente supportata oltre che dalla galassia delle associazioni animaliste, anche da vecchie navi scuola e da uomini di scienza disposti a tutto pur di far dimenticare agli ambientalisti italiani i loro cedimenti in materia di Organismi Geneticamente Modificati e di energia nucleare.
L'autorevole esponente di un partito che, prima delle elezioni, aveva scritto nero su bianco quali erano i suoi obiettivi a proposito dell'attività venatoria, si sveglia ogni mattina con il conforto di qualche sonoro raglio di un asinello molto più fortunato e curato di tanti pensionati italiani, e della carta sulla quale sono stampati quei programmi elettorali fa un uso assolutamente improprio oltre che del tutto privato.
E mentre strilla e strepita sulla mancanza di rispetto per caprette e uccellini, dimostra di non nutrire il benché minimo rispetto per gli impegni morali assunti nei confronti di così tanti esseri umani.
La sensibile signora, che sembra abbia venduto tonnellate e tonnellate di animali insaccati, in una delle boutique enogastronomiche più chic d'Italia, si complimenta con se stessa, davanti a giornalisti e intrattenitori televisivi, per aver salvato dalla pentola l'asinello Ugo, e mentre se lo mangia (con gli occhi, beninteso) dimostra di infischiarsene altamente se sulla graticola della disoccupazione ci finiranno anche un centinaio di migliaia di lavoratori del settore collegato alla caccia insieme alle loro famiglie.
Ma è plausibile che all'origine di tutto questo ci sia solo una motivazione ideologica? E' davvero possibile che dietro questo livore e questo odio così repentino non ci sia un motivo politico?
Io credo proprio di no. Anzi, l'immancabile spiegazione politica è ancora più grave e deprimente di quella semplicemente ideologica. In definitiva, a voler pensar male, si potrebbe ipotizzare l'inizio di una nuova campagna elettorale nella quale, abbandonati al loro destino quel paio di milioni di potenziali elettori rappresentati dai cacciatori praticanti, famiglie e amici, all'interno di alcuni schieramenti politici si cercano nuove alleanze e consensi presso gli orfani verdi di un partito che non c'è più.
Ma non è detto che questa strategia dia i frutti sperati.
Mauro De Biagi