Detto fatto. Non è certo il primo esempio, ma sicuramente è il più fresco, e anche di una considerevole importanza. Mi riferisco al progetto sottoscritto recentemente da una serie nutrita di soggetti, enti locali, proprietari dei fondi, cacciatori, agricoltori, albergatori, commercianti, per la salvaguardia del Padule di Fucecchio, area umida (inclusa nell'elenco della Convenzione di Ramsar) di importanza internazionale per la sosta di numerose specie di avifauna acquatica. Grazie a un habitat mantenuto in vita da secoli, per l'impegno, appunto, di quei soggetti che hanno deciso di dare vita ad una serie di iniziative di sicura efficacia, di fronte all'inoperosità diffusa e ad una errata concezione di salvaguardia. Partendo prima di tutto dalla storia, dalla cultura e dalle tradizioni del territorio, proprietà privata per almeno l'80% di agricoltori e cacciatori, che fino ad oggi hanno dovuto subire imposizioni frutto di logiche protezionistiche che nulla hanno a che vedere con ciò che è stato e con ciò che è.
Il paesaggio italiano non ha niente a che vedere con la cosiddetta wilderness, la natura selvaggia. Nel caso specifico, il Padule di Fucecchio è quello che è, perchè nel tempo le popolazioni rivierasche e il governo locale (significativa la bonifica granducale dello Ximenes) si sono adoperati per conformarlo all'economia dei luoghi. Nei primi anni successivi alla inaugurazione del Museo Storico della Caccia e del Territorio, alla Villa Medicea di Cerreto Guidi, si riproponeva buona parte anche di queste attività, la pesca, la raccolta della canna e delle altre essenze vegetali come biodo, sara, sarello, che - insieme alla caccia - fino a pochi decenni fa costituivano parte della fiorente attività della gente del luogo. Oggi, anche proprio a causa di una supponente politica di tutela, il sapiente governo della vita multiforme all'interno del prezioso cratere ha subito improvvidi interventi che hanno portato squilibri e problemi che rischiano di distruggere tutto questo patrimonio.
Questa idea - Vivere il Padule, un ecosistema da salvaguardare e valorizzare - frutto dell'impegno delle associazioni (Federcaccia, ARCT, Anuu, Acma) che aderiscono alla Confederazione dei Cacciatori Toscani (CCT), intende porvi rimedio, collegando competenze interdisciplinari, da quelle delle categorie produttive, ai cacciatori, ai pescatori, a prestigiosi enti di ricerca, a un personale altamente qualificato nei diversi settori interessati. Una società reale che si vuole impegnare con la saggezza delle proprie esperienze, stanca di quella società fittizia che elabora strategie nei salotti romani, nei talkshow, nelle direzioni delle congreghe animaliste, sempre più aggressive nei confronti di chi invece si dà da fare veramente.
Lo faranno, mettendo a disposizione le proprie energie e le proprie risorse, senza bussare a cassa, come si dice, al contrario di certi arroganti sodalizi anticaccia. Buone idee, sicuramente migliorabili a mana a mano che verranno messe in pratica: un programma diversificato a seconda dell'incedere delle stagioni, in autunno-inverno la caccia, nelle regole, poi la promozione della cultura locale anche con le scuole, il fermo assoluto in estate per non disturbare la riproduzione, poi la manutenzione delle masse vegetali, i canali, le chiuse, i chiari, per evitare l'interramento e contrastare le attività inquinanti. Insomma un "padule vivo" per 365 giorni all'anno. E corsi di formazione, ricerca, non ricerca teorica, ma ricerca applicata, censimenti, analisi qualitativa dei carnieri: si pensa di impegnare un gruppo sempre più folto di giovani faunisti, che la Facoltà di Agraria dell'Università di Firenze sforna ormai da qualche decennio, grazie fra l'altro alla dedizione nel tempo dei professori Mario Lucifero, Paolo, Casanova, Francesco Sorbetti Guerri.
Tutto questo per mantenere vivo un territorio che altrimenti, sempre più imbalsamato, sempre più a rischio di un irreversibile inquinamento, totalmente allo sbando da l punto di vista della gestione faunistica e ambientale, finirà presto per scomparire.
Vito Rubini