A valle di una lunga disputa parlamentare che ha coinvolto anche strategie politiche elettoralistiche in vista delle Europee 2024, nonostante molti aggiustamenti a ribasso per il fronte vincitore e a modesto rialzo per i momentanei sconfitti ovvero i popolari, i centristi neo liberali e la destra conservatrice (con qualche defezione in ogni fronte) è passata nei giorni scorsi a maggioranza la NATURE RESTORATION LAW, una legge europea che rappresenterà l’inizio di un nuovo paragrafo di storia per l’Europa e gli Stati Membri.
Il testo, dopo una decisa mediazione dei socialisti che non a caso hanno in Frans Timmermans il maggior candidato alla commissione europea nel caso di vittoria nel 2024, ha decisamente rappresentato un passo importante per i sostenitori di una transizione ecologica che proceda in maniera indipendente e non interconnessa con fenomeni socio economici in essere. Una svolta green ad ogni costo sociale che produca nel tempo (loro dicono...) dei benefici crescenti maggiori dei costi, un ambientalismo di tipo keynesiano che miri con massicci interventi statuali a riequilibrare il sistema capitalistico verso una nuova società ecosostenibile.
Nel dettaglio potremmo condividere il tentativo di affrontare il tema più scottante, ed è effettivamente un problema reale, del tentativo, anche tardivo, della salvaguardia di una biodiversità sempre più in affanno aggredita dalla tentazione di produrre monocolture e una carente se non assente) gestione ambientale. In tal senso la crescente diffusione delle foreste e la riduzione del territorio agro-silvo pastorale con l’utilizzo talvolta spregiudicato dell’agricoltura intensiva hanno fatto sì che sia da un punto vegetale, sia da un punto animale, l’equilibrio ecologico generale stia vivendo un oggettivo e crescente squilibrio.
Quindi tutto bene? No direi proprio di no, l’Ecologia del Pianeta non è roba da propaganda politica e da campanilismi regionali, si perché anche se il soggetto politico è l’Europa con la sua massima istituzione democratica per sua natura l’applicazione di questa norma verrà affidata agli Stati e applicata dalle Regioni in larga parte. Il compromesso sul testo inoltre seppur depurando la legge da eccessi di parte farà si che ogni realtà legislativa locale potrà largamente “interpretare” il testo applicandone i principi cardine a “macchia di leopardo” assommando peraltro gli eccessi ambientalisti o produttivistici a seconda di chi governa in quel momento, certamente meno “Alto” politicamente di chi l’ha pensata e ieri votata.
La scelta governo centrica peraltro di decidere a tavolino e non rimettere in parte all’iniziativa individuale dei singoli coltivatori il collaudato modello del set aside (la rotazione delle colture per innalzare la produttività agricola dei terreni) rasenta in questo caso un modello potenzialmente totalitaristico o come ho scritto “totambientalistico” nella disponibilità reale dei possedimenti agricoli. Tra i principi cardine dell’integrazione europea c’era decisamente l’unione politica ma anche sociale dei popoli, comprimere diritti sui propri beni reali a scapito dell’iniziativa imprenditoriale individuale per un teorico bene comune futuribile è certamente un “ambizione pericolosissima”. Ad una ipotetica salvaguardia della biodiversità ambientale non seguirà necessariamente la ricchezza e la tipicità delle popolazioni europee e se accadrà, potrà accadere diversificando solo la parte limitativa e repressiva invece della parte propulsiva e strategica dei principi normativi.
La speranza, augurandosi che sia realmente l’ultima a morire, è che non diventi una legge “boa” ovvero l’apertura di una lunga campagna elettorale dove la dinamica del bianco e nero, della destra o della sinistra, del benessere contro il malessere collettivo non sia il pretesto per radicalizzare ulteriormente un testo che già detiene al suo interno gli elementi di un oltranzismo in fieri, pena il rischio di neutralizzare l’unico principio ispiratore degno di nota (l’inversione di rotta nelle politiche di depauperamento della biodiversità) con sterili posizioni propagandistiche o al contrario il rischio di strumentalizzare il testo a favore dei molti interessi di parte con lobbisti di ogni sorta pronti a lavorare sulla “messa a terra” della legge.
Dott. Andrea Severi
(Presidente Wilderness Roma)
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