Spesi almeno 20 milioni di euro per progetti a volte in contraddizione fra loro
Funzionassero, sarebbe una gran cosa. Ma le predazioni continuano nonostante i vari progetti aperti negli anni per mitigare i contrasti con le attività produttive dovuti alla crescente presenza del predatore. Giovedì scorso nel senese è toccato a 30 pecore, decimate, insieme ad un cane pastore. In Toscana, in assoluto la terra più colpita dal fenomeno, dove si stimano almeno 600 lupi, si contano ormai una sessantina di attacchi al mese.
Ma la situazione è tesa anche sull'arco alpino. Di pochi giorni fa la notizia dell'ultima strage a San Bortolo di Selva di Progno, in provincia di Verona: otto pecore gravide e un agnellino ci hanno rimesso la pelle. L'aggressione è avvenuta a 250 metri della piazza del paese, in una piccola valle visibile dalla strada provinciale, di mattina. Le pecore erano custodite in un appezzamento recintato con rete elettrosaldata, come vuole il progetto WolfAlps. I lupi, che stupidi non sono, l'hanno evitata con un balzo, pur di raggiungere il banchetto. Le analisi sul posto hanno poi confermato che trattavasi proprio di lupi, due esemplari pare, per la quantità di carne mangiata (15 kg prelevata da un solo capo). Come succede spesso, i lupi, presi dalla frenesia delle prede a disposizione, uccidono più di quello che effettivamente possono mangiare. E a farne le spese, al solito, sono gli allevatori, che sempre più di frequente arrivano a chiudere la loro attività dopo le perdite.
E lo Stato che fa? Progetta, studia, monitora, si consulta. Sapete quanti progetti Life (cofinanziati dall'Ue) sono stati aperti finora in Italia a protezione del lupo e degli allevatori? Almeno una dozzina. Per un totale di spesa, pagata dai contribuenti (che siano europei o italiani poco cambia), di almeno 20 milioni di euro in 25 anni.
Si è cominciato nel 1992 con un progetto del Parco Nazionale d'Abruzzo che, per quanto riguarda il lupo aveva l'ambizioso quanto folle obbiettivo di allevare in cattività un nucleo di lupi geneticamente puri per salvaguardare la specie. Risultato? Due lupi catturati e subito morti in cattività. Costo corrispettivo 527 mila euro.
Seguono altri poderosi insuccessi: nel 1996 prende il via un progetto che mira a ridurre le predazioni sull'Appennino Reggiano (329 mila euro), nel 97 viene aperto, grazie a Legambiente, un altro Life per la protezione di orso e lupo nei tre parchi nazionali del centro Italia: Monti Sibillini, Gran Sasso-Monti della Laga e della Maiella-Morrone. Risultato: 20 caprioli immessi nel Gran Sasso, 60 recinzioni elettrificate, 40 cani pastori distribuiti e cattura di 130 cani randagi. Costo circa un milione di euro (800 li ha pagati mamma Europa).
Nel 97 altro progetto, questa volta di Wwf, che riguarda i grandi carnivori sulle Alpi, costo 806 mila euro, di cui metà spesi dall'Europa, per elaborare banche dati e sensibilizzare. Nel 99 tocca al progetto del Parco del Pollino. Obbiettivo: evitare il calo numerico del lupo (ebbene sì). I soldi europei anche qui sono serviti per cani pastore, reti elettrificate, campagne di informazione, riduzione dei randagi. Costo 377 mila euro.
Nel 2000 un Life dell'Emilia Romagna è servito a monitorare, costruire recinzioni e valutare danni nelle aree protette: 933 mila euro pagate per metà dall'UE. Nel 2004 prendiamo parte ad un progettone Life di 5 milioni di euro che intende mitigare i conflitti con il lupo in tutta l'area mediterranea.
Veniamo a quelli più recenti: nel 2007 Life Antidoto si occupa della prevenzione degli episodi di avvelenamento tra Italia e Spagna, costo 1 milione e 400 mila euro tra i due Paesi. Wolfnet arriva nel 2008: 1 milione e 500 mila euro in tre anni per incrementare le misure a protezione del lupo nel Parco della Majella attraverso l'elaborazione di una strategia atta a ridurre i danni. Si prosegue con il progetto pilota Ibriwolf (2010–2015) costato 2 milioni e 300 mila euro circa per la cattura degli ibridi, e azioni di monitoraggio atte allo scopo, in Toscana, nel grossetano. Quello per cui, per intenderci, due mesi fa Confagricoltura ha gridato allo scandalo per la spesa di 1 milione di euro in trenta mesi per la cattura di soli dieci esemplari.
Nel 2011 parte MedWolf, ovvero altri 3 milioni di euro tra Italia e Portogallo (di cui 2 milioni e 400 spesi dall'Ue) per proteggere il lupo dall'estinzione a livello locale (?). C'è poi Life WolfAlps, con un costo di oltre 6 milioni di euro (4 dall'Europa) fino al 2018 che ha l’obiettivo di realizzare azioni coordinate per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo. Il progetto interviene in sette aree chiave, individuate in quanto particolarmente importanti per la presenza della specie e/o perché determinanti per la sua diffusione nell’intero ecosistema alpino. E ancora troviamo Life Pluto (2014–2019), con un budget di 2 milioni e 400 mila euro da spendersi nel centro Italia per combattere gli avvelenamenti e Life Micro (2015–2020), che coinvolge il parco Nazionale dell’Appennino tosco-emiliano e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga con l'obiettivo di conservare il Lupo in Italia, riducendo l’impatto del randagismo canino. Qui si spendono quasi 3 milioni di euro, per due terzi pagati dall'Europa.
D'accordo, lo vogliamo ribadire, la caccia non c'entra, e non vogliamo che i soliti mestatori ce la vogliano infilare per forza. Ma come cittadini siamo indignati per lo sperpero istituzionalizzato, che probabilmente finisce almeno in parte nelle tasche di singoli e gruppi, mentre le buone intenzioni inculcate nella mente di un'opinione pubblica istruita a dovere rimangono solamente buone intenzioni. Poi qualche anima bella grida allo scandalo perchè qualcuno rimpiange i lupari.
Cinzia Funcis