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Editoriale

C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA


lunedì 10 maggio 2010
    
uomo scimmiaPremessa etologica. Siamo abituati a collocare le nostre riflessioni sulla caccia e sulla gestione della fauna, che ne è, per molti versi ormai, inscindibile corollario, dentro il quadro dell’attualità, della politica contingente. Accade anche quando, dichiaratamente, lo sforzo tende al respiro strategico, punta a disegnare scenari di più lungo periodo.

Suggerisco per una volta un approccio per così dire etologico, una riflessione sullo sviluppo che riguarda le specie, quella umana e le altre, nel loro rapporto, per poi tornare a leggere con gli occhi dell’oggi quella storia in divenire, di cui siamo punto di arrivo e di partenza.

Due milioni di anni fa l’uomo non esisteva: esisteva una specie di scimmia, molto più evoluta delle altre scimmie, che al contrario di altre aveva abbandonato gli alberi della foresta per addentrarsi nella savana; la creatura a mezza strada tra la scimmia e l’uomo, che si avventurò nel mare d’erba così ricco di pericoli era indifesa. Possedeva però due mani capaci di fabbricare attrezzi, due occhi che permettevano, data la loro posizione frontale, una stima automatica delle distanze, la statura eretta o semieretta ed un cervello abbastanza sviluppato. Con questi doni la creatura indifesa che ancora non era un uomo riuscì non solo ad evitare la propria distruzione nell’ambiente pericoloso della savana, ma addirittura a trarre dalla savana l’alimento essenziale che non avrebbe mai trovato sugli alberi in quantità necessaria e che col passare dei millenni la trasformò nell’uomo odierno: la carne.

L’uomo cui quella creatura dette origine, imparò, per procurarsi la carne, a ideare degli attrezzi particolari, fabbricarli, mettersi d’accordo con i propri simili per progettare il piano di caccia, creare un'organizzazione sociale con divisione dei compiti a seconda del sesso e dell’età e così via. Dopo due milioni e mezzo di anni l’uomo trovò nell’agricoltura prima e nella pastorizia poi, nuove fonti di sostentamento, ma nello stesso tempo la caccia aveva creato l’uomo.

Oggi l’Uomo che può in poche ore spostarsi in aereo da una parte all’altra del mondo, andare su altri mondi mediante astronavi sofisticate, e distruggere il proprio mondo con l’uso sconsiderato della bomba atomica, crede di essere una creatura superiore, molto al di sopra di tutte le altre creature della terra, ma anche se non vuole rendersene conto deve a forza convenire di essere una creatura come tutte le altre, non padrone assoluto della Natura: l’uomo fa parte della natura come qualunque essere vivente, pianta o animale, e nella natura egli deve svolgere una funzione preziosa, utilizzandone in modo consapevole le risorse, senza comprometterne la ricchezza e la varietà di vita e habitat.

Un branco di lupi non può programmare il prelievo dei cervi che costituiscono il loro nutrimento per cui, distrutti quasi tutti i cervi, i lupi rischiano di morire di fame. L’uomo può programmare l’uso delle risorse e deve programmarlo in modo che tali risorse non si esauriscano, ma addirittura che si conservino per un tempo indefinito.
 
Veniamo all’oggi, ai gridi di dolore per poca fauna e carnieri scarsi, o ai periodici allarmi perché è troppa, sbilanciata rispetto alle potenzialità del territorio, magari incompatibile con le attività agricole di qualità che vi insistono e con la presenza della piccola selvaggina stanziale.

L’approccio etologico ci dice che non conviene comportarsi come i lupi; a rendere attuale il tema della gestione, più di sempre se possibile, interviene anche il problema di legittimazione dell’immagine del cacciatore: laddove si riesce a dimostrare che l’uomo della doppietta non è solo un predone, ma sa coltivare l’ambiente e amministrare con saggezza e con risorse economiche tratte dalle proprie tasche la fauna, c’è una considerazione diversa di questo strano personaggio, erede di passioni ataviche e custode di attività nate con il genere umano.

Dobbiamo essere uomini e donne del nostro tempo e capire come è possibile abitare il futuro in una società così diversa da quella in cui siamo nati e cresciuti; dobbiamo farlo in fretta, perché dobbiamo recuperare ritardi e progettare una prospettiva sostenibile. Per farlo vanno messi dei punti fermi; tanto più necessari in un momento di dibattito sulle modifiche delle regole.

Sul piano nazionale: la legge 157/92, che è stata nel contempo punto d’arrivo di una fase e base di partenza per sviluppi ulteriori, ha creato le premesse per responsabilizzare le componenti sociali affidando la gestione di larga parte del territorio rurale alla compartecipazione, con gli enti locali, delle associazioni venatorie, agricole, ambientaliste.

Premesse e promesse non sempre mantenute: in mezzo gli ostacoli, i ritardi di molte Regioni, la non integrazione della programmazione faunistica con le politiche complessive di governo del territorio, la separatezza che permane con la gestione delle aree protette, ma anche una sostanziale arretratezza culturale sia del nostro popolo sia dei nostri antagonisti.

Ho letto con interesse sul Cacciatore Italiano l’articolo dell’amico Sammuri, presidente di Federparchi, a riguardo della biodiversità, completamente condivisibile sul piano scientifico e politico; tuttavia così come le associazioni venatorie, seppur su scala ridotta, debbono farsi carico di far comprendere ai loro iscritti che una caccia sociale (per tutti) non può prescindere che dall’utilizzo corretto delle risorse prodotte, — così gli ambientalisti debbono comprendere che la biodiversità si difende solo con la gestione anche dei “Parchi”. Non possiamo infatti ignorare che l’enorme consistenza di ungulati nei parchi è la prima ed esclusiva causa di precarietà della biodiversità.

Il tentativo incompetente di troppi residenti che imputano ai lanci del mondo venatorio tali consistenze fa trapelare una bieca ideologia che non dovrebbe fare parte di associazioni tecnicamente evolute.
Le leggi da anni vietano l’immissione sul territorio di cinghiali; ma anche non volendo cedere ad una polemica assurda sulle carenze nell’applicazione delle leggi esistenti, vorrei ricordare come i cacciatori, o meglio le Province, profondono i maggiori sforzi di ripopolamento per i fagiani che, guarda caso, sono la specie a maggior rischio di inquinamento genetico e di estinzione.

In Italia abbiamo avuto regioni e province dove si è provato a governare, mettendo in atto politiche faunistiche e venatorie, altre dove non lo si è fatto o non ci si è neppure posti il problema; abbiamo avuto governi che dopo la legge del ‘92 non hanno “governato” ma sono intervenuti soltanto con iniziative dovute per disposizioni comunitarie (spesso peraltro recepite male o parzialmente) o con atti d’emergenza, estranei ad un disegno organico di attuazione della riforma.

La verità è che resiste una visione duale del territorio: porzioni da proteggere, porzioni da sfruttare. Territorio e risorse naturali rinnovabili sono al contrario un fatto unitario, tutto da gestire: con gradi e modalità differenti in relazione a tanti fattori, ma tutto da gestire. In questo “fatto unitario” rientra la fauna, che va gestita su tutto il territorio. Ci sono invece “zone franche” (in senso geografico, come tanti parchi, ma anche figurato, come specie antagoniste o in soprannumero) sottratte alla gestione faunistica e fattore di squilibrio. Fra gli obbiettivi del “governare” dovrebbe esserci il coinvolgimento, l’utilizzazione dei cacciatori anche per queste gestioni, non la loro esclusione.

Questo è il vero filo conduttore per affrontare una modifica della normativa vigente che consenta di aiutare la crescita di corrette politiche di gestione.
 
Romeo Romei
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17 commenti finora...

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

che si uniscano in UNICA

da UNICO 15/05/2010 20.51

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Tengo a precisare, per chiunque si lasci attrarre dalle mie disquisizioni fanatsiose, che come già detto le osai naturalistiche di Pratesi sono state o acquistate o affittate con oblazioni private e personali come sta avvenendo in questi giorni sulle televisioni dove è in atto una campagna di finanziamento. Chi versa i due euro attraverso gli sms, non riceve nulla, nessuna tessera, nessuna assicurazione ne ancor meno rassicurazione, nessun gadget, non ha ambizioni particolari, ama solo la natura, fare passeggiate o chi sa altro che cosa e poi magari se le fa sottocasa e nelle oasi non ci metterà mai piede, però il versamento lo fa!! Ebbene allora noi cosa potremmo fare volendo? siamo ottocentomila e pensiamo solo alla tessera, al gadget assicurativo, all’arruffianamento politico, sempre divisi su tutto!! Ho scritto anche: In Italia, una UNICA associazione venatoria, che si metta a lavorare indipendentemente dalla politica, nessun partito dietro l’angolo. Costituzione di una Internazionale Venatoria. Acquisto di terreni da rendere ‘modelli venatori’. Offerta di lavoro a guardiacaccia, avvocati da prima linea, veterinari, agrari e naturalisti, da cui studi scientifici su selvatici, su colture prive di anticrit.ci, pubblicati su proprio ‘gazzettino’. Nei terreni propri, a caccia chiusa, luoghi di osservazione fauna e sempre, luoghi di ristorazione, possibilità di tiro con l’arco, piattello, aria compressa e via così andando, almeno capite perché i 15 euro della tessera saranno pochi….. come anche i 50. Se si crede in un idea il prezzo non conta.

da Fromboliere 15/05/2010 12.31

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

(cont)La realtà proposta: Se si parla della cultura rurale, se la si vuol difendere, è necessario esserne coinvolti fin sopra i capelli. Con l’intento di creare un sito come modello rurale e venatorio, l’associazione UNICA acquista 100 ettari di terreno polivalente, in corpo unico, rendendolo produttivo, non a fini venatori immediati, perché all’interno dell’azienda non si potrà cacciare selvaggina stanziale, ne migratoria, per alcuni anni, esclusi gli ungulati. Questi dovranno essere controllati per salvaguardare dai danni le eventuali colture e la stessa selvaggina, lepri, fagiani e negli habitat appropriati starne ed eventualmente pernici rosse. L’attività produttiva principale tenderà ad orientarsi verso iniziative di carattere ludico, rivolte a chiunque e cercando di aggregare arcieri e tiratori nella stessa unica associazione, organizzando eventi di tiratura nazionale ed offrendo ospitalità nei propri locali. L’azienda è dotata altresì di spaccio di prodotti a chilometro zero, certificati biologici, sia eventualmente propri che di produttori confinanti. Nell’ambito del prelievo venatorio, modulato a numero chiuso, i selettori prima ed i cacciatori in seguito, potranno abbattere capi secondo le disposizioni dei naturalisti che controllano gli equilibri naturali all’interno del territorio, ogni selvatico abbattuto rimane a disposizione dell’azienda che lo trattiene per studi o per il consumo ad uso ristorazione. I cacciatori selezionati per accedere alle cacciate non pagheranno nessuna quota, ma sarà necessario cenare alla sera antecedente, pernottare con servizio di prima colazione e pranzo di fine caccia o diversamente pagare una quota corrispondente.

da Fromboliere 15/05/2010 12.01

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Mancando l'intervento diretto del Romei, che ci aiuterebbe ad ampliare le tematiche che ha proposto, ne butto una a caso, solita e ripetitiva, estratta da un mio commento nel blog di un'associazione venatoria: "Capisco, qui si fa la caccia dalle, o alle, poltrone. Questo ha sicuramente migliorato l’immagine nostra e della caccia, negli anni, come i fatti dimostrano (ironia). Voi passate dal pianto al riso nell’arco di un commento, ma sempre evitate di guardarvi in giro, per voi contano solo due cose: tessere ed assicurazione. Il resto non lo vedete, ma lo vedono bene coloro che ci fanno sempre più le scarpe e che sempre più organizzano realtà come quella da me proposta, ma in opposizione all’attività venatoria. Questo ‘fenomeno’ antico come la società, si chiama Proprietà Collettiva, oggi offre un’ opportunità di sviluppo locale sostenibile, oltre alla crescita d’immagine di chi lo propone, il quale realizza in questo modo un modello di indiscutibile valore, ma solo se vuoi guardare; se tu spalanchi gli occhi e non vedi altro che tessere o assicurazioni, non ti mettere a parlare del futuro, il tuo futuro è già passato, non te ne accorgi perché vuoi solo che non cambi nulla, così hai di che piagnucolare, in piacevole rima, riempiendo i fazzoletti." (cont)

da Fromboliere 15/05/2010 11.58

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Dategli quello nella foto a destra.

da ilgermano56 15/05/2010 10.43

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

APPELLO HAI LETTORI DI BIGHUNTER,DATE UN UOMO ALLA BRAMBILLA COSI L A FINISCE DI ROMPERE LE P..LE.

da W LA CACCIA 14/05/2010 18.05

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

siamo messi male perche l articolo sopracitato e" del tutto retorico,il rispetto dell ambiente e" insito nel vero cacciatore o pescatore,mai riportato un pesce a casa poiche rilasciato,,,cosi si sposta la problematica il vero punto e" che in europa si va a caccia molto tempo piu di noi,e la brambilla la vorebbe abbolire pure,,, se qui e" diverso e! perche" ci sono persone come romei che non parlano dei veri problemi ma fanno solo retorica.

da zio 14/05/2010 18.00

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Forza PALLINO: dicci qualcosa tu, siamo tutt'orecchi

da Hilly Billy 13/05/2010 15.06

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

REGISTRO CHE QUANDO SI PARLA DI PROBLEMI REALI, SERI, COME QUESTO PROPOSTO DA ROMEI, IL DIBATTITO LANGUE. SI PREFERISCE DARE IL "MEGLIO" DI NOI SULLE CAVOLATE, SUI SOGNI IRREALIZZABILI, SULLE PROTESTE VELLEITARIE. SIAMO MESSI MALE....

da PALLINO 13/05/2010 11.36

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

veramente qualche gene delle proscimmie che non sono diventate uomo è rimasto negli animalisti e ambientalisti nostrani, sono regrediti a livello di subumani e come tali si comportano. Occorre sicuramente uno studio approfondito sulle femmine subumane che trasmettono il gene, per fortuna quelle al potere non sanno neanche fare figli.

da ezio da Mathi 13/05/2010 9.43

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

www.studiolegalecb.it ....Perfortuna che c'è chi ci difende...

da Stefano 11/05/2010 21.46

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Ecce homo!! visto con che tipo di ambientalisti abbiamo ache fare, forse.......era meglio la scimmia.

da Nato cacciatore 11/05/2010 12.30

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

quando si capirà che i cacciatori sono la vera differenza per la tutela dell'ambiente e della fauna selvatica, allora riusciremo a risolvere gran parte dei problemi della caccia. MA FINO AD ALLORA DOVREMO ASSISTERE A UN CONTINUO STILLICIDIO DI OPPORTUNITA' (A DANNO DELLA CACCIA E DEL PATRIMONIO NATURALE) PRIGIONIERI DI UNA CONTRAPPOSIZIONE FRA UN'OPINIONE PUBBLICA DISINFORMATA OSTAGGIO DELLA STUPIDITA' ANTICACCIA E UNA POLITICA VENATORIA CONDOTTA DAI SOLITI SIGNORI DELLE TESSERE (DI PARTITO, PRIMA ANCORA CHE DI ASSOCIAZIONE), CHE CI PORTERA' NEANCHE TANTO LENTAMENTE ALL'ESTINZIONE.

da Isaia 11/05/2010 8.53

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Grande Romeo!! Parole sante!!

da tiburzi 10/05/2010 22.36

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

sarebbe bello ma utopico che tutto il territorio sia un pasco dove si riesca a convivere tutti. è sbagliato che in una porzione di terra si possa far ciò che si vuole come costruire o distruggere l'ambiente e nell'altra non si possa fare nemmeno un opasso fuori dal sentiero. una situazione intermdia su tutto il territorio forse consentirebbe di mantenere una discreta biodiversità dove la natura e il selvatico siano presenti ovunque non solo nel parco... esempio: le riserve integrali tanto care agli ambinetalisti dove non si può fare nulla ma è la natura a farsi da sola non sono poi così positive per gli animali: basti pensare a un bosco non curato con il sottobosco pieno di rovi e arbusti fitti...non credo che siano parecchi i selvatici a dimorare in tale luogo. ciao

da CACCIA78 10/05/2010 14.59

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

In realtà l'uomo è il padrone della natura, perché così lo ha stabilito lui stesso. Ma nonostante sia anche fautore della civiltà, da lui creata, rimane un pessimo padrone di casa. Il che, tutto rapportato alla nostra realtà, ci riporta, ognuno nella nostra casetta, a guardare sempre e solo l'erba del vicino. E giustamente, come dice Romei, sarebbe arrivato il momento di condividere, almeno, il prato con tutto quello che ci sta sopra. Vi saluto

da Fromboliere 10/05/2010 12.17

Re:C'ERA UNA VOLTA UNA SCIMMIA

Tornando a parlare di evoluzione, questo è un dato certo: LA CACCIA HA EVOLUTO LA RAZZA UMANA! La caccia ha sviluppato l'ingegno nei primi ominidi che iniziavano a costruire attrezzi per cacciare. Allo stesso modo attraverso la caccia in branco ha permesso d'instaurare i primi rapporti sociali tra gli ominidi...Se fossimo stati dei semplici raccoglitori (come piace credere ad animalisti e vegetariani) o creature che mangiavano solo la carne delle carcasse senza cacciare (come fanno talune scimmie) oggi la specie umana sarebbe ancora una specie animale selvaggia che vivrebbe sugli alberi! A riprova di questo pensiamo alla scimmia più vicina a noi...lo Scimpansé, si è evoluto insieme alla scimmia ominide. Ma mentre la scimmia ominide è diventata uomo, lo scimpansé è rimasto ancora scimpansé! Perché lo scimpansé non è cacciatore! QUINDI VIVA LA NOSTRA EVOLUZIONE E VIVA LA CACCIA CHE L'HA PERMESSA!!

da Il Conte di Montecristo 10/05/2010 11.46