Facciamo il punto. Prima cosa: come in tutta Europa, anche a casa nostra, in Italia, il cinghiale si sta allargando. Seconda cosa: in Italia, la conformazione orografica a prevalenza collinare montuosa ha spinto a valle, da tempo, i nostri concittadini, compreso gran parte di noi, cacciatori, che purtuttavia siamo fra i pochi a continuare a presidiare quei territori durante tutto l'anno (e non solo per il cinghiale). Con la conseguenza che tutte queste terre spopolate hanno favorito l'insediamento di diverse specie di fauna selvatica. Ungulati in primo luogo e cinghiali in particolare, visto che sono una specie opportunista per eccellenza. E poiché di cosa nasce cosa, saturato il territorio, questi signori cinghiali, soprattutto in mancanze di pasture, a volte si spingono a valle in cerca di pascoli più "a buon mercato", magari sospinti da un altro insidioso ospite del bosco: "messer lo lupo".Terza cosa: volere o volare, con le disposizioni sulla caccia sempre più vessatorie, la caccia al cinghiale ha salvato la situazione, con non pochi mal di pancia, purtroppo, di agricoltori e di altre categorie di cacciatori.
Tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere, perchè nel frattempo, la caratteristica forma di caccia in braccata, ormai diffusasi - dalle maremme - in tutto il paese, ha fatto si che le squadre di cinghialai si siano strutturate, gerarchicamente, abbiano adottato regole ferree di comportamento, siano diventate un vero e proprio presidio del territorio. Forse l'unico. Sicuramente il più attivo, per presenza e consapevolezza. Tanto che, capisquadra e cinghialai fanno parte o affiancano sempre più spesso le organizzazioni locali di protezione civile, in occasione delle tante, troppe, emergenze che in ogni stagione (incendi, frane, alluvioni) massacrano le nostre terre. Questa realtà, di per sè importante, importantissima, passa quasi sempre sotto silenzio, a causa dellì'assordante frastuono mediatico che la grande stampa e la televisione imbastiscono per colpevolizzare la caccia e i cacciatori. Ingiustamente, noi lo sappiamo. E qui però, qualche riflessione su quello che dovremmo fare per riqualificare la nostra immagine e il nostro ruolo prima o poi sarà necessaria. A mio parere, più prima che poi. Perchè le condizioni ci sarebbero tutte per rilanciare alla grande.
Abbiamo detto che i cinghialai sono organizzati. Secondo accreditate opinioni, per le loro caratteristiche organizzative, sono più padroni della situazione anche delle associazioni venatorie stesse, che spesso si attardano a litigarsi fra loro, col rischio per alcune di perdere la residua credibilità. Mentre invece, lavorando tutti insieme, i vantaggi potrebbero essere consistenti.
Le squadre, appunto. I capisquadra, veri e propri capibastone in grado di meritare la fiducia della tribù. Non solo delle decine di cacciatori, ma anche delle loro famiglie, mogli, figli, parenti, amici, con forme di socializzazione da fare invidia a qualsiasi organizzazione di volontariato. Cene e ricorrenze, opere di beneficenza, vantaggiose relazioni con le istituzioni.
Nelle regioni dove la caccia al cinghiale ha più storia, esiste da tempo un coordinamento fra le squadre, in buona parte utilizzato per armonizzare l'attività di caccia nei diversi distretti. Ma che in momenti di emergenza ha dato prova di saper andare oltre. Ecco, su questo "oltre" si potrebbe costruire - le associazioni venatorie più assennate dovrebbero costruire - una piattaforma che possa far sentire la sua voce nei confronti della comunità, della politica, delle istituzioni. Dimostrando che tanti dei problemi del territorio potrebbero trovare soluzione. Una voce pacata, decisa, autorevole,in grado di affrontare non solo certe difficolta di gestione faunistica, ma anche problemi che interessano una più vasta audience che con la caccia ha spesso un rapporto agnostico se non addirittura conflittuale. Un salto di qualità, insomma, che porterebbe vantaggio a tutta la categoria, a cui si potrebbero collegare tutti coloro che grazie alla passione per la caccia tengono a custodire e preservare quell'immenso patrimonio naturale, culturale e sociale che è la ricchezza del nostro paese.
Alfredo Mazzotta