Se pensate che Adamo ed Eva fossero una bella copia di giovani biondi, pensatelo pure; c’è da chiedersi, però, che cosa combinarono, di tanto grave, per essere poi trasformati in quegli ominidi pelosi, dai quali poi, noi tutti deriviamo: furono sorpresi ad andare a caccia?
No, almeno questo lo sappiamo. Neanche voglio esprimere alcun dubbio, se forse fossero stati puniti per un eccesso di ‘vegetarianismo’. Questo fatto, della voglia delle mele proibite e delle tentazioni, mi fa meglio credere che i due non abbiano certo rinunciato anche a qualche facile arrosto, visto che per questo non si rischiava alcuna ammenda.
Le cose, a quel punto, si confusero parecchio e non mi voglio addentrare nel dilemma su fino a che punto la religione si sia appropriata della storia. E’ già sufficiente convenire che ci ritrovammo, mani e piedi, sulla terra, più prede che predatori, più ignoranti che mai, privati, inoltre, di ogni ricordo di quello che era stato il paradiso; è certo che ogni, sebbene improbabile memoria, di un’era forse ancor antecedente, fu trasformata in istinto, puro istinto: sopravvivenza e spiritualità, spiritualità come unico dono, forse rimastoci dal quel paradiso. Il primo istinto ci permetteva di mettere insieme il mattino con la sera e, sempre più spesso, anche la sera col mattino, il secondo per darci una ragione accettabile d’ essere finiti in un posto così poco ospitale.
L’istinto della sopravvivenza lo condividevamo con tutti gli altri animali, a loro contrapposti, in una partita spietata ma la spiritualità ci ha permesso, alla fine, di elevarci al di sopra di essi, fornendoci la coscienza di riuscire a far meglio di loro. Ecco perché, piccoletti come eravamo, possiamo oggi dire d’ ”avercela fatta“. Istinto e Coscienza, Caccia e Agricoltura, Guerra e Pace, per sommi capi l’evoluzione. Molti, troppi, in questo paese, si lasciano tentare dal manicheismo, cullati da un benessere, nemmeno del tutto sano, del quale hanno dimenticato le origini e vogliono rendere queste parole inconciliabili, sedotti più dal rifiuto di quell’eredità istintiva, che dall’onore d’averla ricevuta da quell’ominide rozzo, irsuto e sgraziato, trisavolo di ogni civiltà.
La parola caccia è legata a doppia mandata, tanto all’istinto che alla coscienza. Istinto di esercitarla e complementare coscienza dell’ambiente dove la si esercita ed è inscindibile dalla parola civiltà, se civiltà è tramandare ai posteri l’ambiente come ci è stato donato, compreso il relativo spazio che all’ uomo compete, secondo le sue prerogative anche predatorie. Quindi caccia, che con la sua spiritualità ha donato arte e tradizione, caccia come attività necessaria ieri e come scienza dell’equilibrio naturale oggi, esercitata come un dono atavico, privilegio istintivo e distintivo, lontana dall’ ipocrisia, aperta alla ricerca di una forma meglio condivisibile. Caccia, parola di sempre, ripetuta, in ogni lingua, milioni e milioni di volte; raccontata fin nei graffiti dipinti sulle pareti delle grotte, nell’archeologia, nella mitologia come nel diritto e nella cronaca storica come nei versi e nella narrativa, tanto reale che immaginata.
La caccia come ispirazione di personaggi romanzati, materia duttile ed attrattiva per il cinema, che ha saputo fondersi con le vicende interiori, prestandosi ad esaltare storie, influenzando sentimenti e passioni di uomini e donne, ispirando spesso la moda di molte epoche, fino ai giorni nostri.
Caccia esclusiva, come simbolo di potere ma anche conquista sociale e affermazione di parità dei diritti, divenuta libera compagna, meta di appuntamenti, spesso solo con se stessi, alla ricerca di un’emozione, anche se a volte non colmata dalla cattura di una preda.
Caccia per ridare spazio all’ istinto atavico, come ritorno all’immensità dell’aria e dell’acqua, all’eternità delle montagne, delle colline e delle pianure. Caccia, anche fuori dai nostri confini, per combattere la melanconia di aver sacrificato il suo spazio ad una contro civiltà di rapina. Viaggiare per riassaporare, con popoli diversi, la stessa emozione vissuta con nonni, padri e fratelli, accomunandosi, oltre agli idiomi e alle razze, in quella comune forza, antica e misteriosa.
Così è la caccia, agli occhi di colui che sa osservare il mondo e che nei fatti del mondo ricerca le cose da tenere e quelle da buttare. Lui sa che la caccia non potrà mai essere buttata via perché, anche se ciò avvenisse, sa bene che da qualche parte nascerà, sempre e comunque, un cacciatore.
Fromboliere