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Racconti

Alle porte di Firenze


giovedì 23 agosto 2018
    

C’era una volta!!! Così, solitamente, iniziano le novelle che la nonna mi raccontava da bambino.


Al contrario, così inizia il calvario che un gruppo di amici, me compreso, hanno dovuto percorrere nella speranza di poter mantenere un luogo di caccia fra i più belli che possano esistere nelle vicinanze della bella Firenze, “il lago di Padule".


E’ stata una lotta contro i “mulini a vento “; dico così perché, nonostante gli sforzi profusi ed i molteplici “urti“ contro i muri di gomma della politica, siamo stati costretti a capitolare di fronte al cancro pseudo ambientalista che si è insinuato nella nostra “ povera società”.


L’unica cosa che non hanno potuto soffocare, in noi, sono i nostri innumerevoli e meravigliosi ricordi, come quando:


Chiusi nel capanno interrato attendevamo l’ora dell’apertura degli spioncini delle troniere e cioè il momento più emozionante per il lagaiolo.


Tutti parlavamo a bassa voce perché al di là delle troniere chiuse, sia che fosse una notte cupa e greve, come sotto un argenteo chiaro di luna, non sapevamo cosa poteva nascondersi. In quei momenti immaginavamo le cose più belle; un branco di fischioni, alzavole, canapiglie, moriglioni o, magari, codoni che, in ogni caso, avrebbero messo a dura prova i nostri cuori.


Solo chi pratica questa caccia può capire l’emozione del momento in cui la bandella si abbassa lentamente in un silenzio che, oserei dire, “assordante“, usando un eufemismo.


E’ ora che l’occhio scruta il pelo dell’acqua, cercando un movimento che indichi la presenza di qualche anatide in mezzo alle stampe, ma non trovando niente, con il binocolo, inizia la ricerca nei punti più reconditi del lago.


Le anatre a corda danno vita, sull’acqua, ai movimenti più strani facendoti vedere anche ciò che non esiste, insinuando nello stato d’animo del cacciatore fortissime emozioni. Ma… ecco, lontano, un germano che sciaguatta, il cuore aumenta la corsa, ce n’è un altro ed un altro ancora, sono cinque o sei, forse più; sono fischioni.


Inizia lo studio della strategia e, vi assicuro, ognuno ha la sua. Io, Roberto, Valter, Riccardo e il Morino partiamo di corsa, si fa per dire, ed andiamo ai quattro ribattini, mentre Giulio, Mario e Carlo rimangono al capanno centrale.
Le anatre della corda cantano, la voliera fa sentire il concerto delle varie specie, forse, anche qualche rumore di troppo fatto da noi nel camminamento, fa sì che il branco si unisce sospettoso, sono otto e si dirigono verso il gioco.


In due torniamo al capanno centrale dove entriamo col cuore in gola, i doppiettoni sono già pronti sulle troniere. Arriva anche Roberto, ci calmiamo e attendiamo l’arrivo del branco. I germani si fermano ai paletti dei sessanta metri, ci prepariamo, uno viene avanti, altri due lo seguono, anche gli altri si muovono e si riuniscono quando sono fra le stampe e la corda; conta Roberto - pronti 1-2 e lo sciame di pallini solleva l’acqua tutto intorno dove sono i germani, ci sono rimasti tutti. Cala il silenzio, attendiamo, nel caso ci fosse qualche arrivo dalla piana circostante, ma non accade niente.


Non tutti hanno sparato ma la contentezza è unanime, qualcuno esce a raccattare gli uccelli per metterli in capanna, dove ci riuniamo ad emulare l’accaduto.


Giulio prepara la colazione, accende il fuoco nel caminetto, si mette la gratella per arrostire il pane, Mario affetta la rigatina e la stende sulla gratella a cuocere, inebriando l’ambiente di meravigliosi profumi. Ci sediamo e cominciamo a mangiare, fra schiamazzi e risate, ma ecco che il canto delle anatre a corda fa calare il silenzio nella stanza, Riccardo esce dalla capanna per guardare sul lago.


Rientra, concitato, avvisandoci dell’arrivo di tre germanelli ( alzavole ) ed ecco che tutti siamo nel corridoio del capanno dove entriamo a prendere i fucili dalla cassaforte.


In cinque si dirigono ai ribattini mentre i germani si buttano, come farfalle, nel centro del lago. I capanni sono “ coperti “ quando i germani si rialzano strisciando, nervosamente, sul pelo dell’acqua; dal ribattino del prato partono quattro o cinque colpi serrati, due uccelli cadono in acqua, il terzo allunga nelle canne. Il Morino esce a raccattare i due nell’acqua, Riccardo e Valter vanno a cercare il terzo che è vivo e come, un topo, si è già infrattato nei cannucci. Qualcuno vocia per chiedere di portare il cane.


Vado a prendere Pedro che mi aspetta, sul cancello del recinto, anche lui, grandissimo cacciatore, aveva seguito la scena soltanto con l’udito e sapeva già cosa fare; lo prendo al guinzaglio e andiamo dov’era caduto il ferito.


Ci posizioniamo in modo da coprire la zona qualora il germanello frullasse ma, la cosa era scontata, Pedro esce dai cannucci con la preda in bocca e gli occhi sprizzanti di gioia, a manifestare la sua immane fierezza da cane di razza qual era.


Torniamo alla capanna esausti ma felici e riprendiamo a fare colazione, anche se tutto si era raffreddato ed era quasi l’ora di desinare.


Questo è uno dei tanti ricordi, ma il lago non era solo questo, infatti, era anche un luogo di aggregazione dove venivano tante persone a visitare l’ambiente che noi, orgogliosamente, mantenevamo con tanta fatica e sacrificio.


La cosa che ci rendeva più felici era data dalle innumerevoli visite dei ragazzi delle scuole, accompagnati dai loro insegnanti.


Infatti, nei periodi di chiusura della caccia, venivano allestite delle Vere giornate ecologiche e, vi assicuro, dovevamo essere preparati con serietà a questi eventi, in quanto, i ragazzi con le loro domande, a volte sconcertanti, non ti perdonano errori.


Spiegavamo ai ragazzi tutto ciò che di lì a poco avrebbero visto sia di animali come di piante facenti parte del complesso ecosistema in cui si trovavano, dopo di che li conducevamo, a gruppetti, nel capanno tutto chiuso.


Nel momento in cui aprivamo le troniere che si affacciano sul pelo dell’acqua, con i loro mormorii manifestavano il grande stupore che provavano. Questo io amavo definirlo il momento dei perché, infatti, era ora che ti rivolgevano una miriade di domande alle quali dovevi dare una risposta "vera".


Una volta esaurito il programma, che gli stessi insegnanti consideravano di grande interesse, li riunivamo nella capanna ed offrivamo loro una colazione che, per voleri ottusi, doveva essere a base di merendine confezionate (olio di palma compreso) e non di fette di pane con l’olio “ buono “, come noi avremmo voluto.
Potrei continuare, ancora, a rivangare nel passato ma, se penso che tutto ciò non esiste più solo perché la faziosità di alcuni “paladini dell’ecologia“ e politici “lungimiranti“ hanno stabilito che in questi luoghi si perpetravano i crimini più efferati, mi viene da piangere.


Preferisco portarmi dentro al cuore ogni istante che ho passato nel mio amato lago, insieme ad amici fantastici, che ancora oggi frequento, e con i quali ripercorro, sempre volentieri, la strada dei ricordi.
   


Renzo Landi

 

Tratto da RACCONTI DI CACCIA, PASSIONE E RICORDI Raccolta di racconti in ordine di iscrizione al 3° concorso letterario “Caccia, Passione e Ricordi” A cura di: Federcaccia Toscana – Sezione Provinciale di Firenze [email protected] www.federcacciatoscana.it

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2 commenti finora...

Re:Alle porte di Firenze

Questi sono i figli dei figli dei fiori e se cretini erano i nonni figuriamoci questi nipoti.

Voto:

da amen 25/08/2018 17.43

Re:Alle porte di Firenze

Grande Landi.io ho dovuto smobilitare il capanno perchè sul lago in cui cacciavo è diventato parco, è come se mi avessero amputato una gamba.

Voto:

da Il Nibbio 25/08/2018 16.47