Giacomo Puccini predilesse la caccia ad ogni svago e fu cacciatore a tutta prova. Giovane e vigoroso affrontò fatiche e strapazzi, resistè con uguale pertinacia alla calura del solleoni ed ai rigori dell'inverno. Nella maturità, quando gli fece difetto la capacità di camminare, si dette esclusivamente al lago, la mattina all'aspetto nel cesto o nella botte, durante il giorno gattonando in barchino o inseguendo su motoscafi, veloci come saette, gli uccelli acquatici, che rimanevano disorientati dalla furia con la quale piombava loro addosso." E' quanto si legge su "Diana" del 1925, che celebra il famoso musicista lucchese, proponendone alcuni aspetti intimi, sconosciuti ai più. Non certo ai cacciatori del tempo. Tantomeno ai cacciatori di oggi, che anche su Bighunter a più riprese ne leggono (sezione pucciniana). Intanto perchè Bighunter ha sede in lucchesia, ai margini orientali della provincia, al confine con Pescia, dove Puccini soggiornò a lungo (una sua sorella aveva spostato un ingegnere pesciatino), vi scrisse il terzo atto della Boheme (nel suo buen retiro del "Castellaccio" di Uzzano, ospite del Conte Orsi), vi fondò il primo Circolo della Federcaccia (dicembre 1899) dell'Italia unita, e vi trascorse ore liete a caccia in compagnia dei tanti cacciatori pesciatini.
Per la sua passione per la caccia, da Lucca si trasferì a Torre del Lago, allora paradiso degli acquatici, dove dopo lunghi negoziati, ottenne dal Marchese Ginori un permesso permanente di caccia nel lago, allora esclusiva riserva. Cosa che non gli impedì comunque di correre il rischio di essere pizzicato a caccia di frodo, di notte, come succedeva allora piuttosto spesso. E una volta ci andò molto vicino, tant'è vero che al processo che ne conseguì - lo racconta un suo amico biografo - la colpa se la prese un suo malcapitato collaboratore.
"A caccia, col fucile in spalla, la tesa del cappello calata un po' sugli occhi, - scrive ancora nel 1925 l'articolista di "Diana" - era ed appariva felice, soddisfatto, più disposto a far due chiacchiere, pronto anche alla facezia ed alla celia. A' bei giorni, che con Renato Fucini, toscano e campagnolo puro sangue anche lui, andavo alla Piaggetta, deliziosa villa costruita da Carlo Ginori fra i canneti di Massarosa, s'incontrava spesso Puccini in barchino o in autoscafo, o sdraiato al sole sul sodo di un argine. Fosse stata buona o sfortunata la caccia, ci fossero o no anatre e folaghe morte sul pagliolo della barca, l'allegria e il buon umore non mancavano mai in quelle soste gioconde. Renato n'avea sempre qualcuna delle sue, anche se l'argomento era sempre lo stesso: passo finito o da venire, tiri miracolosi o padelle, lodi sperticate di cuccioli sguaiati o di vecchioni, che, rattrappiti dagli anni e dalle guazze, tremavano aggomitolati a cuccia, imprecazioni contro gli speculatori, che, con la scusa delle bonifiche, sciupavano il lago. Di arte era difficile che si facesse parola fra i due artisti."