L'epopea della frontiera nel selvaggio west trova la sua apoteosi nel capolavoro di questo grande attore e regista, Kevin Costner, che per questo merita un suo posto stabile nell'olimpo dei cacciatori. “Balla coi lupi” (1990), pluridecorato con ben sette Oscar rimane nell'immaginario collettivo di tutti noi cacciatori per l'epica scena, appunto, della caccia ai bisonti. Nel racconto del salvataggio del giovane Sioux aggredito da un bisonte, che alla sera, sotto la tenda, Kevin/Ballacoilupi è costretto a mimare all'infinito, non c'è cacciatore che non si riconosca, quando a fine caccia, con gli amici, insiste nel riproporre le vicende cacciatoresche della giornata. E che sia un bisonte, un cinghiale o un germano, poco cambia.
Dobbiamo essere grati a Kevin Costner, che con questa mirabile impresa cinematografica è riuscito a far capire al mondo l'enorme differenza di prospettiva di due culture, quella indiana, mistica, trascendente, e quella moderna, occidentale, la nostra, materialistica, immanente.
Come si scrisse all'epoca, chi ha assaporato l'essenza di Balla Coi Lupi “si è definitivamente reso conto dell’abisso infinito che separa quei due popoli; un abisso che comprende gli usi, i costumi e la visione stessa del mondo. Per i bianchi, il mondo è un mezzo e non un fine, uno strumento con il quale migliorare continuamente la propria vita; per gli indiani, al contrario, è il fine ultimo, il modello eterno cui rapportarsi”. E la caccia, ritualmente intesa come fonte di vita, ne è la vera sostanza.