Idee confuse dalla Lav su numeri e stime relative all'emergenza cinghiali. Secondo l’associazione animalista l’indagine dell’Ispra che ha fatto finalmente luce sul numero di abbattimenti all’anno di cinghiali in Italia (numeri in crescita, così anche come i danni) dimostrerebbe che la caccia non serve a nulla. A logica, dato che l’85% e più dei cinghiali viene abbattuto a caccia, si sarebbe portati a pensare che i cinghiali sono talmente tanti che servono più cacciatori (questi invece in calo ovunque, come non mancano di sottolineare spesso gli animalisti), o più giornate di caccia per incrementare gli abbattimenti. Non per la Lav, che quei 300 mila cinghiali l’anno (cifra che ricordiamo non basta a mettere un freno alla crescente proliferazione della specie) li lascerebbe dove sono, nella speranza che si autoregolino.
In alternativa, se proprio si vuole agire sul numero di cinghiali (ma non è chiaramente un problema degli animalisti) si può chiedere aiuto alla medicina veterinaria. “Solo agendo sul controllo della riproduzione dei cinghiali tramite i vaccini immuno contraccettivi”, scrive la Lav, “sarà finalmente possibile mettere d’accordo ogni componente sociale, togliendo ogni pretesto al massacro di animali innocenti perpetrato dai cacciatori”. Perchè ovviamente la priorità in questo contesto è mettere d’accordo le componenti sociali, non agire per difendere biodiversità, produzione agricola e incolumità pubblica.
Giova ricordare che in Italia nel 2022 è partito un progetto di sperimentazione del contraccetivo GonaCon sui cinghiali con finanziamento statale di 500 mila euro l’anno per 5 anni che va a finanziare i diversi progetti presentati dagli enti locali. Si tratta di un farmaco americano (non approvato in Europa), utilizzato finora solo su cavalli, asini selvatici e cervi dalla coda bianca nella sola forma iniettabile e sperimetato sul cinghiale in piccole aree delimitate. La Lav dunque, come chiunque altro, non ha idea di come e se funzionerebbe sui cinghiali nostrani, né quanto costerebbe distribuire il vaccino su scala nazionale. Sempre che si riesca a sviluppare una forma di distribuzione orale, che attualmente non esiste.
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