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Il presidente di Libera Caccia Paolo Sparvoli sulla riforma della 157: Per una caccia rinnovata, dialoghiamo con tutti, anche con gli ambientalisti seri


mercoledì 10 dicembre 2008
    

Il presidente di Libera Caccia Paolo SparvoliSulla auspicata riforma della 157, BigHunter.it prosegue in esclusiva la serie di interventi dei protagonisti di caratura nazionale. 

E' la volta di Paolo Sparvoli, presidente della Associazione Nazionale Libera Caccia


Sparvoli, marchigiano doc, funzionario di un'importante società che produce elettrodomestici, ha raccolto il testimone alla guida dell'associazione, dopo la prematura scomparsa di Gelsomino Cantelli. E' anche vicepresidente della Fidasc e segue da tempo le problematiche della caccia, soprattutto – anche quale appassionato tiratore - sotto il profilo agonistico-sportivo. 

La Libera Caccia, che nasce una quarantina d'anni fa col motto “libero cacciatore in libero territorio”, da tempo si è tuttavia rapportata alle mutate condizioni legislative e gestionali, pur conservando posizioni combattive a supporto della massima autonomia di movimento del cacciatore sul territorio nazionale.

Presidente Sparvoli, avendo presenti le vostre posizioni sulla attuale normativa venatoria e la vostra azione di supporto all'azione di riforma che ha iniziato un suo percorso all'interno del Parlamento, cosa prevede per i prossimi mesi?   

Purtroppo non ho la sfera magica. Se così fosse stato, avrei sicuramente evitato di impegnare me stesso e la mia associazione, in un’impresa -parlo ovviamente del Coordinamento- nella quale fingeva di lavorare anche qualcuno che, sulla modifica alla legge 157/92 e su una nuova organizzazione del mondo venatorio, giocava su più fronti. Con l’unico intento di temporeggiare, per vedere quale piega avrebbero preso gli eventi. E non tanto quelli politici di carattere nazionale, quanto le sue beghe intestine. Dopo essermi tolto questo sassolino dalla scarpa penso che qualcosa di positivo succederà sicuramente. Il putrido immobilismo di palude che ha caratterizzato gli ultimi anni, sembra ormai rimosso e credo che già prima delle elezioni del giugno 2009 qualche provvedimento concreto (e abbastanza condiviso) potrà essere preso. L’aspetto nuovissimo (e davvero insolito) di tutta questa faccenda, è un altro. In questo periodo, sembra che siano più i politici ad interessarsi delle nostre problematiche, che non alcuni dirigenti venatori. Oggi ci sono due associazioni fieramente avverse ad ogni intervento di modifica sulla legge 157 e una terza che, pur pensandola allo stesso modo, non ha nemmeno il coraggio di ammetterlo chiaramente. Di contro, c’è una vasta base del mondo della caccia che non solo non è così divisa come i vertici nazionali vorrebbero far credere, ma che, senza distinzione di casacche e di simboli, preme per ottenere la modifica e il miglioramento di una legge che è nata brutta, è cresciuta male ed è invecchiata ancora peggio. Al loro fianco, ci sono molti parlamentari che si sono spesi nei vari testi di modifica che girano sui tavoli parlamentari e tutti hanno promesso il loro impegno per dare vita ad una legge più moderna che ridia dignità ai cacciatori.


C'è qualcosa, secondo lei, da tenere presente nelle politiche di prospettiva, che possa portare a rivedere certe posizioni del movimento venatorio nei confronti della  società, degli agricoltori, per meglio affrontare i problemi del territorio e dell'ambiente, e addivenire a un rinnovato modo di concepire la nostra attività, una nuova etica, una nuovo modo di rapportarsi ai problemi, anche eventualmente ripensando organizzazioni, motivazioni e obiettivi?

Il mondo sta cambiando con una velocità vertiginosa, anche se negli ultimi mesi si sono registrati forti segnali di malessere e di preoccupazione. Anche il mondo venatorio, quindi, deve adeguarsi alle problematiche del momento, con un approccio propositivo nella gestione del territorio, dell’ambiente e della fauna selvatica. D’altro canto, è innegabile che nel corso degli ultimi venti anni, la caccia italiana abbia fatto dei giganteschi passi in avanti in quanto a sensibilità ambientale e responsabilità.
Oggi possiamo affermare con grande onestà che il cacciatore (parliamo di quello vero, ovviamente e non del bracconiere rubagalline) non è secondo a nessun altro cittadino, Anzi, è proprio nel mondo venatorio che si registrano centinaia di iniziative volte al monitoraggio ambientale e alla salvaguardia della flora e della fauna selvatica. Rimane da demolire, purtroppo, il rancore velenoso con cui alcuni ambientalisti continuano ad affrontarci e, da parte nostra, la rabbia accumulata in tanti anni di soprusi e di violenta ghettizzazione. Lo ripetiamo da anni, fino alla nausea, ma forse non è ancora sufficientemente chiaro che i cacciatori sono dei cittadini onesti e assolutamente incensurati e che di conseguenza è semplicemente folle e autolesionistico ostinarsi a considerarli una parte “malata” e “dannosa” della società.
Dobbiamo riprendere quel rapporto vero di collaborazione con il mondo agricolo che si è più volte intrapreso ed altrettante volte interrotto o arenato; dimostrando non solo agli imprenditori della ruralità, ma a tutta la società che siamo dei partner affidabili, pronti ad investire sui terreni (soprattutto quelli incolti) per dare loro un valore aggiunto alle varie attività che conducono, e nello stesso tempo avere da loro collaborazione e complicità nello svolgimento della nostra passione.
E’ indispensabile (e noi siamo pronti a farlo) rapportarsi con le associazioni ambientaliste non estremiste, pronte a recepire la nostra buona fede per sviluppare un progetto di miglioramento ambientale su tutto il territorio nazionale, capace di ridare produttività ad un ambiente ormai sterile e malato.
Dobbiamo rivedere anche il sistema di prelievo, che senz’altro deve avere una giustificazione scientifica ma su questo aspetto siamo pronti al confronto con gli organi scientifici che abbiano le capacità e gli strumenti per fare valutazioni motivate e non pilotate, con un sistema di controllo sul territorio che sia capace di dare risposte appropriate ad esigenze reali. Insomma, se lo storno e il piccione rappresentano specie selvatiche non solo in perfetta salute ed in continuo aumento, il mondo scientifico può e deve reagire ai ricatti animalisti effettuando quei censimenti che permetterebbero l’inserimento di tali specie nell’elenco di quelle cacciabili.
Vogliamo essere coinvolti sulle decisioni che ci riguardano direttamente e poter interagire sul sistema generale, con l’intento di attivare tutte le azioni possibile per salvaguardare una specie senza che, obbligatoriamente, si sancisca un inasprimento generalizzato e irrazionale della caccia o, peggio, la sua chiusura.
E’ ormai giunto il momento di dar vita a dei progetti a medio e lungo termine per rivedere l’elenco delle specie cacciabili, controllare quelle in eccesso e ridare una densità che possa permettere un’attività venatoria soddisfacente e non pericolosa per gli equilibri generali.

Tutto questo comporta un diverso modo di relazionare fra le associazioni venatorie. Lei cosa si aspetta?

 

Vorrei tanto che i Dirigenti venatori, almeno a livello nazionale, lasciassero da parte gli interessi più o meno personali e cominciassero a vestire di più la casacca di cacciatore anziché quella di dirigente più o meno impegnato in politica. Solo questo basterebbe a cambiare la realtà del mondo venatorio che non sarebbe più guardato come qualcosa di gestito ma qualcosa di realmente partecipato da un grande numero di cittadini accomunati da una stessa passione. E’ innegabile che l’ostinata frammentazione delle risorse ci ponga in una situazione di inferiorità nei confronti di un universo ambientalista che, pur nelle divisioni a volte davvero grandi che si registrano nelle varie correnti, tuttavia quando affronta il problema caccia riesce inspiegabilmente a trovare una coesione fortissima e, quindi, una grande credibilità.

 
 
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