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Racconti

Lepri di Lorenzo


lunedì 13 ottobre 2008
    

Devo essere sincero ed ammettere che di lepri ne ho ammazzate poche a differenza di mio fratello Lorenzo, che anche dopo il suo trasferimento da Volterra per lavoro, ha continuato a cacciarle uccidendone molte.
Tutti i sabati era quassù e partiva con la sua Bora. Questa cagnetta era una Kurzhaar, con il manto di color marrone scuro ed uniforme, di taglia media, mozza, una brava cagna, che gli ha fatto ammazzare tante lepri, soprattutto nella zona dell’Ulivello, podere che rimane a una decina di chilometri da Volterra. Il posto è chiamato “Corridoio”, perchè è compreso fra due riserve: la zona di ripopolamento cacciatori nella parte bassa e la riserva di Spedaletto pane alta. Posto molto accidentato, formato da vaste grotte di argilla, calanchi, canneggiolai, con qualche macchione di arbusti di spine, rovi, tante ceppite, per la maggior parte in posizione di solatio. Alla lepre questa conformazione del terreno doveva piacere molto altrimenti non ci sarebbe rimessa, inoltre era una zona non frequentata dai lepraioli per la limitatezza di spazio e nelle giornate di pioggia o di gelida tramontana la lepre preferiva la zona pulita e soleggiata del Corridoio. 
Bora è stata una cagna che a forza di trovare ed abboccare la lepre, aveva quasi smesso di cacciare il fagiano. Conosceva benissimo questo selvatico e trovata l’usta con molta calma,arrivava sino al covo puntandola. Si era accanita verso questo selvatico tanto da imparare tuffi i trucchi sulla rimessa la lepre prima di mettersi al covo fa salti a destra e a sinistra per confondere e disorientare il cane e i predatori, ciò è detto doppie e grovigli, ma si affida anche alla mimetizzazione. Ma veniamo alla cacciata. Un sabato di fine novembre decisi di fare compagnia a Lorenzo. Arrivato molto presto,ancora buio, preso un sorso di caffè, cambiato di abiti, caricata la Bora e l’occorrente si partì per l’Ulivello. 
Mi ricordo della brutta mattinata, piovigginosa e umida e con una fitta nebbia. In poco tempo arrivammo a destinazione. Mio fratello in macchina non smetteva di darmi consigli su come dovevo comportarmi, suggerendomi di tenermi più in alto di lui, di costeggiarlo, di stare a metà grotte, di non richiamare la cagna. Mi raccontava ”Specialmente se è un maschio, passandogli nelle vicinanze, si gonfia e schizza via; mentre la femmina è più restia a balzare”. Lorenzo continuava “Alla lepre piace prendere il sole del primo mattino”. Proseguiva ancora “Una delle ultime che ho ucciso, puntata dalla cagna l’ho vista a ridosso di uno spoglio ballero, fissava guardinga con gli occhi rotondi e rossastri la cagna, con il corpo rigonfio, pronta a schizzare, con un ravvicinato tiro l’ho fermata”. L’attesa fu breve. Lorenzo fece scendere la cagna e la sciolse, io presi a costeggiare quelle grotte piene di fango. La cagna all’inizio mi dava l’impressione che non avesse gran voglia di cacciare, più volte interruppe la cerca soffermandosi a guardarmi, per poi riprendere a girare. Fatta la prima grotta, con calma, osservando la cagna la vidi che incominciava a girare più spedita, fiutando tutti gli arbusti e non si perdeva più ad osservarmi. Si continuò a cacciare in basso e in alto altre grotte,ma di bazzico di lepre nemmeno l’ombra, stavo anche attento a vedere se riuscivo a scorgere le tracce, perchè nella fanghiglia è facile vederle se c’è passata. Ad un tratto in basso, sul confine del ripopolamento, vidi Bora che braccava e notai Lorenzo che imbracciò il fucile; la cagna venne lentamente da me, prese a salire annusando tutto quello che c’era di vegetazione e fu fermata sui cartelli della riserva. Si riprese a cacciare. Meno male le grotte finirono ed iniziò il prato, con tante ceppite e cespugli di ballero, posto valido per le rimesse, anche se tutto era bagnato, finalmente non pestavo più la mota. Rimaneva da cacciare la parte finale del Corridoio, quella che costeggia il piano dell’Alpino, sporca di canneggiole con i cartelli della riserva di Spedaletto che l’attraversano ed è impossibile entrare in questa fitta vegetazione. Mio fratello mi raccontava che più di una volta aveva trovato la lepre senza essere buono di sparare. Mi consigliò di salire in cima e posizionarmi proprio dove finivano le canneggiole e mettermi sul cartello, in modo da vedere anche la parte della riserva. Avevo da fare una faticosa salita, per fortuna non c’erano le grotte e il fango, così feci. Passarono dei minuti, Lorenzo lo vidi fermo in fondo, poi si alzò mettendosi a metà costa incitando la cagna. Poi vidi che si imbracciò, così feci pure io e ad un tratto sentii un gemito seguito da un abbaio di Bora e Lorenzo urlare”Eccola Domenico” .Pronto osservai tutto intorno; poi vidi muovere le canne ed apparire la lepre. Prima di sparare la feci bene entrare nel pulito, poi sparai colpendola in pieno. Arrivò subito la Bora che l’abboccò a non finire; arrivò anche Lorenzo affaticato e contento, le prime parole che pronunciò furono”Te lo avevo detto che si ammazzava”, continuando disse: “Questa è la lepre che ho trovato più volte e che da solo non sono stato buono di ammazzare, oggi ha finito di farmi confondere”.

Domenico Trovato

Concorrente al 18° Concorso Nazionale per Racconti di Caccia "Giugno del Cacciatore"

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