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Racconti

La beccaccia si racconta


lunedì 24 novembre 2008
    

Scolopax sum. Col lungo becco succhio i sapori della terra e con gli occhi vellutati guardo le profondità celesti. Occhi dolci e profondi i miei, pieni di malinconia, fotografano i silenzi e le solitudini dei boschi. Mai si chiudono al sonno perché attività perenne è il mio vivere. Molti nemici mi fronteggiano. Sopravvivo per le astuzie di cui Madre Natura mi ha dotata. Pascolo lombricando con ossessione nei meandri del bosco, e solo di notte mi porto nei campi liberi. Al chiaro di luna scruto con estrema attenzione sorella volpe, e amica m ‘è la lepre.
Sono il volatile più bello del creato ma, sgraziata nel verso, non amo farmi sentire. I colori delle mie penne sono I ‘essenza delle dolcezze delle stagioni Innamorata dell’autunno, l‘inverno mi rende triste. Perfetto è il mimetismo che mi appartiene e mi salva dai nemici. Solo il cane cacciatore riesce a scorgermi, poche volte, tra le foglie del sottobosco, eppure si ferma a distanza; teme le imprevedibili reazioni. Si interroga perplesso al ventaglio delle lunghe mie penne. E’ l’attimo in cui mi allungo come una donnola, scorrendo fra gli sterpi per disperdere le emanazioni Pochi sono i cani da caccia che non riesco ad eludere. Scruto alla ricerca di un fosso o di qualche forra, così mi porto velocemente sul ciglio e con un capitombolo a foglia morta, sparisco, introvabile. E me la rido dei cacciatori che rimproverano con durezza gli amici a quattro zampe giudicandoli inetti ed incapaci.
Gli uomini di caccia non mi conoscono a fondo, non possono:
Scolopax sum. Non solo bella, ma gran furbona. Mi adatto ad ogni situazione, pur di salvare la pelle. Addirittura fingo di posarmi sui bassi arbusti, come fa il merlo e il tordo. I miei grandi occhi specchiano l’intero universo e scruto i movimenti del tempo e dello spazio. Ho qualche amico fra i consimili, ma sono profondamente sola.
E’ questa solitudine forza di sopravvivenza. Nel mio universo il sole non tramonto mai e la notte è piena di luce. Sono tutt’una con la natura. Posso essere abbattuta dal piombo, ma lo spirito animale che è in me si rigenera al profumo del bosco, fra gli odori del cielo e gli occhi si fanno raggi di sola Sono e non sono. Se i cani cacciatori mi percepiscono, credono dì avermi incontrata, ma si sono solo imbattuti nella mia ombra. La rosato di piombo che m’investe colpisce la mia fisicità, perché la mia anima animale rinasce, poiché sono la quint‘essenza della bellezza alare che non scompare mai. Quando lascio i boschi di svernamento per fuggire verso le terre dell‘amore, non sparisco del tutto. La mia ombra rimane ovunque mi sia posata. Sono sogno e realtà, mistero e certezza; anche vita e morte, amore e odio. Se l’uomo avrà un po’ di rispetto per la natura, sorella beccaccia non finirà mai di essere; ma se la mia genia dovesse finire, allora vi sopravviverà la mia idea- immagine, come assillo e rimorso. Lasciatemi almeno in pace nel periodo degli amori, anche se non amo tanto il maschio quanto i beccacciotti. E per proteggerli dalle insidie dei nemic4 ho frequentato la scuola dell‘Astuzia. Mi alleno a trasportare i piccoli fra le zampe più volte al giorno fino a che sono sicura di volare silente per almeno un centinaio di metri con i figlioletti stretti al petto. Mi preoccupa nemica volpe. Mi è antipatica perché è traditrice; quella presenza la percepisco dalla luce degli occhi, che appaiono e scompaiono nelle tenebre. Occhi malvagi e aggressivi; niente hanno della dolcezza dei miei. Fingo di essere ferita e quando la furbona cade nel tranello, rimane lì a cercarmi per ore, mentre sono al sicuro a più di un chilometro da lei Anche i falchi cacciatori mi preoccupano, Li scruto da lontano e non appena volano bassi, mi perdono di vista perché è il momento in cui fuggo silenziosa e radente il terreno. Ed è fatta! Mi hanno perduta per sempre. C’è poi un signore che chiamano bracconiere. Si avvicina con una fonte di luce, pronto a colpirmi col bastone. Sfuggirgli mi è facile perché gli giro intorno di pedina, e disperdo le mie tracce. Non può più ritrovarmi, attenta fino a quando quella fonte di luce si allontana. Se sono in migrazione posso soccombere alle bufere di pioggia e neve. Spesso le prevedo, ma qualche volta, spinta dalla voglia d’amore, m ‘involo incauta per lontananze abissali e, travolta dagli elementi, lascio penne e corpo in una poltiglia di fango. Tuttavia non piango la mia sventura. Rinasco rigenerata dalla terra, dalle foglie morte. Sono spirito animale, ma immortale. Abbiate fede, cacciatori! Le mie spoglie le avrete sempre grazie ai bei cani vostri amici, ma questa mia anima animale non sarà mai in vostro possesso. Appartiene a Madre Natura. E’ incedibile. Il mio essere, amore e bellezza, non è morituro.

Domenico Gadaleta

 

Concorrente al 18° Concorso Nazionale per Racconti di Caccia "Giugno del Cacciatore"

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