Le zone umide costiere del Mediterraneo, cruciali per lo svernamento degli uccelli acquatici, potrebbero scomparire a causa dei cambiamenti climatici. Secondo il sesto rapporto dell’IPCC, il bacino del Mediterraneo, con i suoi 46.000 km di coste, è particolarmente vulnerabile.
Uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Conservation Biology, con la partecipazione di un ricercatore ISPRA, ha analizzato dati di monitoraggio di lungo periodo relativi a 938 zone umide costiere in 8 paesi circummediterranei. I risultati degli scenari di innalzamento del livello del mare da oggi al 2100 sono allarmanti: più di un terzo delle zone umide analizzate sono esposte al rischio di sommersione, anche negli scenari più ottimistici. Tra le aree più a rischio ci sono il Golfo del Leone (Camargue), la quasi totalità delle coste tunisine e libiche, le lagune costiere alto-adriatiche (Delta del Po, Laguna di Venezia, lagune di Grado-Marano e Panzano), il Golfo di Cagliari, e la costa fra Manfredonia e Margherita di Savoia.
I risultati sottolineano l’urgenza di adottare misure per contrastare i cambiamenti climatici e sviluppare strategie di adattamento per mitigare l’impatto dell’innalzamento del mare sulla biodiversità. È prioritario implementare interventi mirati di ripristino o gestione degli habitat che assecondino le dinamiche naturali degli ambienti costieri, note come Nature-based Solutions, per prevenire gli effetti devastanti dell’innalzamento del livello del mare e preservare la biodiversità.
ISPRA, all’interno della Piattaforma nazionale adattamento ai cambiamenti climatici, pubblica un indicatore che esprime il trend di variazione annuo del livello del mare, basato su osservazioni satellitari. Questo indicatore evidenzia le aree marine maggiormente interessate da una variazione consistente del livello del mare, fornendo un quadro chiaro delle zone più a rischio e aiutando a orientare le politiche di adattamento.