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Pucciniana

La Boéme


mercoledì 14 gennaio 2009
    

La Boéme— Domando la parola, — disse un giorno «gambe di merlo», mentre la capanna s'era andata riem- piendo d'avventori. — Signori e amici, debbo darvi un annunzio: io parto.
(Risata generale).
Dove vai, a Lucca!?...
— No, non scherziamo: vado nel Brasile a vedere, se mi riesce, di togliermi da questa miseria maledetta!...
Ce lo disse in tono che non ammetteva equivoci, e a più d'uno luccicarono gli occhi. Carico di fami- glia, Giovannino, con quella botteguccia e quegli.... avventori, che cosa poteva fare? I miracoli li fa San Gennaro, ma lui no, povero Cristo! Il suo mestiere (il calzolaio) non gli rendeva oltre la cerchia dei pochi cacciatori di Torre, e «gambe di merlo» s'era specializzato in stivali e stivaloni da caccia, roba, allora, di poco prezzo e che, per disgrazia sua, aveva la virtù di durare degli anni. Risolava le scarpe dei contadini, ma il guadagno era scarso; il tempo passava e bisognava provvedere coraggiosamente per i figli, in vista dell'avvenire. Decise di vendere la baracca e di emigrare in America. Ma quel capannone nessuno voleva comprarglielo.
Giacomo lanciò una proposta:
— Fondiamo un club e acquistiamo noi la proprietà del Gragnani.
Due giorni dopo la cosa era fatta. Giovannino partì un paio di settimane appresso con tutta la fa- miglia, un poco di denaro e molta amarezza nel cuore.
Fondato il club, a presidente nominammo Giovanni Papasogli, per deferenza al carattere tanto
grave ed equilibrato dell'uomo che serviva da freno alla esuberanza di noi più giovani. Ebbi l'onorifico incarico di salire sul tetto della capanna, per dipingervi, a lettere cubitali, la nostra insegna. Qui nacque la disputa: club, sì — ma quale club?
Club dei cacciatori!
Club degli artisti!
— Club dei bohémiens!
— Club la «Bohème»!
— Bene, club la Bohème! Evviva Puccini, e la «Bohème »!...
— Un momento — interruppe Giacomo. Io vi ringrazio, con tutto il cuore, amici miei, in nome di mia figlia che, con paterna cura, custodisco ancora dentro il cuore e nel cervello e in parte è già là sul tavolo e sul leggio del pianoforte, ma non vorrei che quando essa darà il primo vagito, voi aveste a pentirvi!...
Un subisso di urli gli troncò la parola. La Bohème non poteva essere che un capolavoro, e che suo
padre ardisse porlo in dubbio, sia pure per modestia, non potevamo ammetterlo. Quell'opera era anche un poco nostra. Cecco era «Marcello», io «Colline», Giacomo, manco a dirlo, «Rodolfo» , e gli altri . . .
«la gaia compagnia ».
Impugnata una pennellessa, munito di un bidone pieno di calcina, detti la scalata al tetto e scrissi sul falasco le tre fatidiche parole che, per tanto tempo, legarono con fraterno nodo la nostra bella brigata e preannunziarono, al piccolo mondo di Torre del Lago, il nome della geniale creatura pucciniana, affinchè la eco risuonasse per ogni dove, per tutti i canti della terra.

Testo tratto da:
Giacomo Puccini intimo
di Guido Mariotti
da pagina 61

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